Luka Modrić, l’arte del tempo che non passa

Dopo anni nel club più vincente al mondo, Luka Modrić accetta di guidare il Milan al rilancio in questo nuovo corso.

Generalmente, quando una big si affida a un giocatore prossimo ai quarant’anni, c’è il sentore più che fondato che qualcosa non sia andato per il verso giusto. Eppure, come dicevano i latini, exceptio probat regulam in casibus non exceptis – o, più semplicemente, “è l’eccezione che conferma la regola”. Ed è proprio in questa categoria che rientra l’arrivo al Milan di Luka Modrić, uno dei simboli più raffinati del calcio del terzo millennio. Il croato è il tredicesimo vincitore del Pallone d’Oro a giocare per il Milan. Il centrocampista ha scelto di indossare la maglia numero 14 a San Siro – lo stesso numero di Tijjani Rejnders volato in direzione Manchester sponda City – e porta con sé non solo un palmarès leggendario, ma soprattutto una filosofia di gioco capace di coniugare qualità, eleganza, leadership e una mentalità vincente. Un concentrato di esperienza e classe che potrebbe rivelarsi un grimaldello determinante per un Milan ambizioso, desideroso di tornare a qualificarsi in Champions e magari alzare qualche trofeo.

Luka Modrić, dalla guerra alla gloria

Luka Modrić nasce il 9 settembre 1985 a Zara (Zadar), in Croazia, in un’epoca in cui i Balcani si accingevano a diventare il teatro di una delle guerre più cruente degli anni Novanta. La sua infanzia è infatti segnata da enormi difficoltà a causa della guerra, che si protrae dal 1991 al 1995. A soli sei anni assiste alla tragica morte del nonno pastore, da cui prende il nome, ucciso da ribelli serbi mentre si trovava a pascolare le sue pecore tra Modrici e Obrovac, semplicemente perché croato. Quell’evento traumatico spinge il padre Stipe a trasferire urgentemente la famiglia nella vicina città costiera di Zara, dove trovano rifugio nel campo profughi allestito presso l’Hotel Kolovare. La passione per il calcio nasce proprio in questo frangente così complesso e doloroso.

Il piccolo Luka si diverte a palleggiare nel parcheggio dell’hotel dove erano accolti i profughi suoi connazionali, trasformando l’asfalto in un campo da gioco e il pallone in una forma di evasione dalla durezza della realtà. Modrić entra nelle giovanili dell’NK Zadar, la squadra della sua città, ma la guerra è ancora una realtà dura e quotidiana. Nonostante tutto, Luka è un tifoso sfegatato dell’Hajduk Spalato, squadra che ama visceralmente e per la quale fa anche un provino all’età di quattordici anni. Tuttavia viene scartato dai talent scout del club spalatino per via della sua statura minuta e del fisico esile che faceva sembrare improbabile una carriera ai massimi livelli. Deluso e scoraggiato, decide di abbandonare temporaneamente il rettangolo verde, pensando di non essere abbastanza forte fisicamente per competere.

È però grazie a Tomislav Bašić, lungimirante responsabile delle giovanili dell’NK Zadar, che Luka ritrova la fiducia e la voglia di continuare a inseguire il suo sogno. Bašić crede fermamente nel suo talento tecnico cristallino e lo aiuta a crescere, lavorando soprattutto sulla sua autostima, fino a quando, a 16 anni, viene finalmente acquistato dalla Dinamo Zagabria per una cifra simbolica. Dopo un primo anno difficile nella capitale a causa della sua corporatura gracile, Modrić viene mandato in prestito prima allo Zrinjski Mostar (Bosnia) e poi all’Inter Zaprešić, Tornato alla Dinamo nel 2005, si afferma definitivamente come un giocatore maturo e decisivo: nei tre anni successivi conquista tre campionati consecutivi (2006, 2007, 2008), due coppe nazionali e una Supercoppa, diventando il simbolo di una generazione dorata del calcio croato.

Grazie a prestazioni straordinarie in patria e nelle coppe europee, attira l’attenzione del Tottenham di Harry Redknapp, squadra inglese che lo acquista nel 2008 per 18 milioni di euro. Contemporaneamente inizia la sua gloriosa esperienza con la nazionale, che lo porterà a diventare il capitano e l’anima della squadra che raggiungerà la finale mondiale in Russia nel 2018. Nel 2012 arriva la svolta definitiva della carriera: il Real Madrid di Florentino Pérez lo strappa al Tottenham per 35 milioni di euro, inserendolo in un progetto tecnico ambizioso. Sotto la guida di José Mourinho, Carlo Ancelotti e Zinédine Zidane, Modrić si trasforma da promettente centrocampista a leggenda vivente. Il bottino raccolto nella capitale spagnola parla da solo: sei Champions League (2014, 2016, 2017, 2018, 2022, 2024), quattro titoli nazionali, due Coppe del Re, cinque Supercoppe UEFA e cinque Mondiali per Club FIFA. Nel 2018, anno della finale mondiale con la Croazia, conquista il Pallone d’Oro, diventando il primo giocatore non appartenente al duopolio Messi-Ronaldo a vincerlo dal 2007. Un riconoscimento che premia non solo le sue qualità tecniche, ma il suo ruolo di leader silenzioso e trascinatore.

Un calcio cerebrale, tra arte e filosofia

Luka Modrić è come Piet Mondrian che dipinge con i piedi su un campo da calcio. Come il maestro olandese rivoluzionò l’arte riducendo la complessità del mondo a tratti essenziali, così Modrić trasforma il caos di ventidue giocatori in movimento in schemi cristallini di una bellezza matematica. Mondrian cercava l’armonia universale attraverso l’equilibrio perfetto di linee orizzontali e verticali, Modrić la trova tracciando passaggi che sembrano seguire una griglia invisibile, dove ogni tocco cade esattamente nel punto di intersezione più efficace. Entrambi sono maestri della sintesi: Mondrian eliminava il superfluo fino all’essenza assoluta, Modrić scarta mille opzioni per scegliere l’unica che conta davvero. I suoi assist hanno la stessa purezza geometrica dei rettangoli di Composizione con rosso, giallo e blu: apparentemente semplici, in realtà frutto di un calcolo millimetrico dove spostare anche un solo elemento comprometterebbe l’intera architettura. E come le opere di Mondrian sembravano rivoluzionarie, eppure inevitabili una volta create, così le traiettorie disegnate da Modrić ti fanno esclamare “ovvio” solo dopo averle viste, perché prima erano letteralmente impensabili.

Luka Modrić gioca come se avesse squarciato il velo di Maya di Schopenhauer. Mentre gli altri vedono solo l’illusione superficiale del gioco – movimenti frenetici, corpi che si scontrano, tatticismi apparenti – lui scorge la realtà più profonda che governa ogni azione. Come il filosofo tedesco sosteneva che dietro il mondo fenomenico si celi la vera essenza delle cose, così Modrić penetra oltre la superficie caotica della partita per cogliere i fili invisibili che muovono ogni situazione. I suoi passaggi non nascono dall’osservazione di ciò che appare, ma dalla comprensione intuitiva di ciò che è davvero: le tensioni nascoste tra i giocatori, gli equilibri sottili in campo, le correnti profonde che determinano dove il pallone deve andare, senza che gli altri se ne accorgano. È una forma di illuminazione calcistica che gli permette di operare su un piano di realtà diverso, dove la verità del gioco si rivela nella sua purezza essenziale.

Insomma, la sua visione di gioco non si limita a leggere ciò che accade nel presente, ma riesce ad anticipare con estrema accuratezza ciò che accadrà nei secondi successivi. È una forma di eleganza predittiva, quasi profetica: Modrić vede dove sono posizionati i giocatori in quel momento, ma anche dove saranno tra tre secondi, prevedendo i movimenti avversari e quelli dei compagni con un’intuizione che sfiora la chiaroveggenza calcistica. Questa dote straordinaria lo rende un regista totale, capace di dettare i ritmi della partita dall’inizio alla fine, accelerando o rallentando il gioco secondo le necessità tattiche, anche quando la pressione avversaria si fa più intensa e soffocante. Più aumenta la pressione, più lui in maniera inversamente proporzionale sembra guadagnare spazio e tempo, creando una bolla di tranquillità anche nei momenti di massima tensione agonistica.

Luka Modrić è un regista matematico, un artista del calcio capace di risolvere complesse equazioni geometriche in tempo reale. Le giocate non seguono mai la traiettoria più ovvia o prevedibile, ma sempre quella più funzionale ed efficace, calibrata al millimetro con una precisione chirurgica che rasenta la perfezione. Sa scovare corridoi invisibili agli altri, varchi che durano solo una frazione di secondo e che sfuggono all’occhio meno attento, trasformando situazioni apparentemente bloccate in occasioni da gol. La sua capacità di utilizzare l’esterno destro del piede non rappresenta un semplice vezzo estetico, ma uno strumento funzionale che rientra in una visione raffinata e sofisticata del gioco: un modo per guadagnare tempo prezioso e rubare almeno un tempo di gioco alle difese più organizzate e aggressive. Questo tocco gli permette di cambiare direzione del pallone senza telegrafare le intenzioni, mantenendo sempre vive multiple opzioni di gioco.

Oltre alla straordinaria visione di gioco, Modrić è dotato di una grande versatilità, che gli permette di adattarsi con naturalezza a diversi ruoli della mediana, spostandosi da mediano davanti alla difesa a trequartista dietro le punte senza mai perdere efficacia o influenza sul gioco. Nell’ultima stagione al Real Madrid ha dimostrato questa polivalenza giocando sia nel centrocampo a due accanto a Federico Valverde, dove ha fornito equilibrio e regia, sia in posizione più avanzata di raccordo con gli attaccanti Mbappé, Vinícius e Rodrygo. Bottino di assist stagionale: nove tra Champions e Liga.

Una rassegna di assist magnifici di Luka Modrić in maglia merengue

La sua importanza per il Milan

La prima obiezione naturale che si potrebbe fare riguardo all’acquisto del calciatore croato, vista l’età, è la tenuta fisica. Cosa ci dice la stagione appena trascorsa? Modrić e Arda Güler sono stati gli unici calciatori del Real Madrid a terminare la stagione senza infortuni. Il “Principe croato” è stato l’undicesimo tra i madrileni per minuti giocati durante la stagione. A livello complessivo, considerando coppe europee e nazionale, le presenze sono state 65, con 30 apparizioni dal primo minuto. Non male per un giocatore alle porte dei quarant’anni.

Immaginiamo che, per tutta la stagione, il Milan di Allegri versione 2.0 imposterà le partite organizzando un blocco medio-basso. Almeno questo emerge dalla storia recente dell’allenatore livornese e dalla prima fase di questa stagione, amichevoli estive comprese. Un Milan, dunque, che difficilmente andrà a pressare alto – cosa che il croato non ha più nelle corde – ma che, invece, potrebbe trovarsi schiacciato dal pressing avversario. Nella capacità di saper soffrire e di leggere i momenti della partita, parole chiave nel lessico allegriano, la calma e la qualità tecnica di Luka Modrić possono essere ossigeno purissimo per una squadra che nelle ultime due stagioni ha palesato enormi problemi in fase di regia. In queste prima parte di stagione, Modrić è stato il padrone della cabina di regia a discapito di Ricci, con Fofana accanto e un centrocampista più abile a inserirsi – Loftus-Cheek nelle prime due partite, Rabiot nell’ultima – a puntare con maggior convinzione la porta avversaria. Ma il nome del croato è già apparso nei tabellini, con un assist a Lecce e il gol decisivo siglato al Bologna, che lo ha reso il più anziano calciatore a segnare il suo primo gol in Serie A.

L’altro aspetto per cui Luka Modrić potrebbe essere utile ai rossoneri è quello caratteriale. Il Milan che ha vinto lo scudetto con Stefano Pioli inizia a nascere con l’arrivo di Zlatan Ibrahimović. Che diventa un totem per lo spogliatoio meneghino. Luka Modrić non è quel tipo di guida: è più taciturno, meno appariscente, ma non per questo alzerà meno l’asticella della professionalità e del carisma in una squadra vittima troppo spesso di crisi di identità. Lo confermano le parole della prima conferenza stampa: “Il Milan non può essere soddisfatto della mediocrità, bisogna porsi gli obiettivi più grandi possibili: vincere titoli e competere con le migliori squadre del mondo”. Insomma, Luka Modrić ha le idee chiarissime, in campo e fuori.

Il primo centro in rossonero dell’ex Real Madrid, subito un gol da tre punti

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