La Premier League 2024-25 è è sembrata, più di ogni altra stagione recente, il campionato della classe media. Due delle big six – Spurs e Manchester United – sono finite nella parte destra della classifica e al loro posto si è fatto spazio un gruppo di squadre di medio-alto livello che si sono giocate fino all’ultima giornata i piazzamenti europei includendo sia realtà ormai consolidate come Newcastle e Aston Villa, sia squadre in crescita come Nottingham Forest, Bournemouth, Brighton e Fulham che hanno saputo ritagliarsi spazio subito dietro.
Quello che ha coinvolto queste realtà è stato un processo ormai in atto da diversi anni e prodotto dalla combinazione della disponibilità economica e dell’ambizione delle varie società, che hanno insistito su progetti tecnici molto strutturati e con filosofie molto diverse, che a loro volta hanno contribuito sia alla varietà tecnica che alla qualità dello spettacolo offerto dal campionato. Mai come in questa stagione, la Premier League ha messo in mostra un numero enorme di squadre che valeva la pena seguire. Bournemouth e Brighton per le idee di gioco, il Brentford di Mbeumo per i suoi interpreti migliori. E poi le storie: quelle di Crystal Palace e Nottingham Forest, capaci di tenere accesa la stagione in modi inaspettati.
Tutta questa premessa serve a inquadrare – e, volendo, a giustificare – l’esistenza di questa squadra, in cui sono confluiti undici giocatori che per qualche motivo hanno superato le aspettative sul loro conto ma che non hanno giocato nelle big six, rimanendo quindi ai margini della grande narrazione sulla Premier League. Sono uno per ruolo, tutti provenienti da squadre diverse – con l’eccezione delle sei big canoniche, si intende – e disposti con un 4-2-3-1 che sia potenzialmente riproponibile anche in campo. Cominciamo quindi:
(Tutti i dati sono presi da FbRef)
Portiere: Mads Hermansen (Leicester)
Il Leicester ha abbandonato la Premier League in modo molto mesto, al termine di una stagione senza nessun reale acuto. A novembre il club ha esonerato Steve Cooper, che aveva sostituito Maresca in estate, con Ruud van Nistelrooy ma il cambio è stato sostanzialmente peggiorativo e alla fine, dopo una retrocessione meritata, si può dire che l’unico giocatore in grado di reggere la categoria è stato il portiere, Mads Hermansen. Parliamo del classico portiere di bassa classifica: ha un fisico abbastanza compatto ma è dotato di una reattività tra i pali straordinaria. In questo senso, il danese è un portiere che interpreta in modo moderno anche l’aspetto più istintivo del ruolo, che tende ad affrontare i tiri in maniera aggressiva, lavorando molto con il posizionamento per ridurre lo spazio di tiro agli avversari.
Pur avendo subito quasi 60 gol in 27 partite, Hermansen ha chiuso la stagione con 1,4 post shot expected goals evitati e nel farlo è riuscito a regalare diverse parate eccezionali, in cui ha dimostrato una grande elasticità, confermata anche dalle numerose parate multiple che ha eseguito in modo brillante. Contro l’Arsenal, a fine settembre, il danese ha regalato anche una delle migliori prestazioni individuali di questa stagione con 13 parate effettuate. Si tratta della miglior prestazione individuale tra i pali dal dicembre 2017: tredici parate che hanno tenuto il Leicester in partita ben oltre i propri meriti.
Anche negli altri aspetti del gioco, la capacità di difendere lontano dalla propria porta e la gestione del possesso, Hermansen ha mostrato una certa modernità ma aver giocato in una squadra che ha passato larga parte delle sue partite dentro la propria trequarti sicuramente non ha aiutato a esaltarli. Un buon riferimento, però, lo offre la sua ultima stagione in Championship, dove aveva mostrato una certa completezza. Come detto, Hermansen è stato l’unico giocatore del Leicester che si è dimostrato all’altezza della Premier League, per cui non sarebbe strano vederlo andare via dalle Midlands in estate.
Alcune grandi parate del portiere del Leicester
Terzino destro: Aaron Wan-Bissaka (West Ham)
Il West Ham è stato una delle grandi delusioni di questa Premier League: con l’arrivo di Julen Lopetegui in estate, gli Hammers sembravano destinati a implementare un’idea di gioco più evoluta e moderna. Il tecnico basco è però durato solo metà stagione e al suo posto è arrivato Graham Potter, che non ha apportato grandi miglioramenti. A risollevare parzialmente il tono malinconico della stagione è stato Aaron Wan-Bissaka, che a Londra è tornato a essere il giocatore che avevamo conosciuto.
Nonostante la sua credibilità sia stata logorata dagli anni al Manchester United, Wan-Bissaka è ancora un terzino tra i migliori in Premier League per quanto riguarda i fondamentali difensivi. L’inglese non ha una grande rapidità sul primo passo ma ha una tenuta atletica eccezionale, che gli permette di coprire tutta la lunghezza del campo senza fatica e reggere brillantemente gli uno contro uno con gli esterni, in una lega che raramente perdona nei duelli individuali.
In questa stagione è stato uno dei giocatori con la maggior percentuale di duelli vinti e quello con più palloni intercettati, a dimostrazione di come, alla soglia dei 28 anni, anche le sue letture difensive si siano raffinate. Wan-Bissaka non è particolarmente raffinato in fase di possesso ma è comunque molto bravo a risalire il campo in conduzione e nei cross è complessivamente affidabile. In stagione ha prodotto 2 gol e 5 assist, che per un terzino prettamente difensivo sono numeri che raccontano più di quanto sembri la sua utilità nel sistema di una squadra di bassa classifica come gli Hammers.
Difensore centrale destro: Illja Zabarnyi (Bournemouth)
In questi mesi si è parlato molto dell’apporto di Dean Huijsen alla causa del Bournemouth di Andoni Iraola, che gli è valso la chiamata del Real Madrid. Ma anche il suo partner di ruolo, l’ucraino Illia Zabarnyi, è stato incredibilmente efficace. Zabarnyi appartiene a una categoria ormai rara di centrale: è abbastanza forte fisicamente e rapido sui primi passi e, in un sistema di marcature a uomo come quello di Iraola, sa giocare avendo l’uomo come riferimento. Ma in generale è un giocatore più riflessivo e che dà il suo meglio quando può lavorare di copertura.
Come accade per molti difensori di posizione, l’ucraino non ha dati numerici particolarmente esaltanti: è abbastanza nella media sia in termini di intercetti che di duelli vinti ma il suo contributo rimane molto solido e si coglie molto meglio guardandolo, con le sue chiusure in recupero e un modo incredibilmente pulito di affrontare l’avversario. La sua presenza nel Bournemouth ha avuto una funzione duplice: dare sicurezza alle uscite aggressive dei compagni di reparto e al tempo stesso coprirne i fisiologici errori. Per questo, pur senza numeri appariscenti e con ancora 23 anni da compiere, Zabarnyi si è già consolidato come un vero leader difensivo.
Difensore centrale sinistro: Calvin Bassey (Fulham)
Da quando ha lasciato i Rangers nel 2022, Calvin Bassey ha fatto sempre fatica a confermare le aspettative, trovando poco spazio nell’Ajax e non convincendo pienamente nel suo primo anno al Fulham. In questa stagione, però, il difensore nigeriano – ma nato ad Aosta – è riuscito finalmente a trovare la sua comfort zone e ha reso il Fulham una squadra molto difficile da affrontare, soprattutto quando si chiude nel suo blocco basso.
Nel sistema difensivo di Marco Silva, Bassey è il difensore più spesso deputato a rompere la linea per aggredire il portatore di palla e cercare i duelli. In questo lo aiutano enormemente il suo fisico possente e la rapidità di passo, con cui riesce a recuperare il vantaggio degli avversari in pochissimo tempo. Più in generale, l’ex Ajax è un difensore moderno: intenso in marcatura, sicuro nella fase di gestione. Nelle sue partite si nota spesso la pulizia con cui gioca il pallone sia sul corto che sul lungo ma soprattutto la sua efficacia in conduzione – è uno dei centrali con più conduzioni progressive e dribbling riusciti del campionato – dove la sua struttura diventa utile anche per resistere al pressing.
In stagione Marco Silva ha impiegato Bassey sia come centrale di una difesa a quattro che come centro-sinistra di una difesa a tre e in quest’ultimo sistema ha avuto anche più possibilità di alzarsi in possesso. In questo aspetto, la presenza di Bassey ha contribuito attivamente a rendere la catena sinistra del Fulham – dove agiscono anche due esterni molto qualitativi e intelligenti come Robinson e Iwobi – una delle più creative e divertenti di tutta la Premier League.
Terzino sinistro: Rayan Aït-Nouri (Wolverhampton)
Rayan Aït-Nouri è un esterno che la Premier League conosce molto bene. È al Wolverhampton ormai da quattro anni e in questo periodo ha vissuto molte evoluzioni, passando con naturalezza dall’esterno a tutta fascia al terzino, fino al centro-sinistra in una difesa a tre. L’algerino è un esterno tipico della scuola francese: molto rapido sulla corsa, pulito tecnicamente e anche con una buona struttura fisica – un dato non banale, se si considera che non raggiunge nemmeno il metro e ottanta. In questa stagione Aït-Nouri ha giocato principalmente come esterno a tutta fascia e mai come in passato è diventato fondamentale per Gary O’Neil prima e Vitor Pereira poi. Nei Wolves è un tuttocampista mascherato: partecipa alla prima costruzione, porta fuori il pallone dalla difesa in conduzione, dribbla sull’esterno, entra dentro per attaccare l’area e crossa da posizione aperta. Insomma, un po’ di tutto.
In stagione Aït-Nouri è stato il quarto miglior difensore del campionato per gol segnati (4) e il secondo per assist offerti (7), avendo numeri importanti anche più in generale per quanto riguarda le azioni da tiro e da gol costruite direttamente – è uno dei difensori che tira di più in Premier – e indirettamente, portando alla creazione di occasioni tanto con il dribbling quanto con la qualità nei passaggi. A dimostrazione di come ormai il suo status nell’élite della Premier League sia certificato, è cresciuto molto anche l’interesse di mercato su di lui, con il Manchester City che sembra intenzionato a prenderlo in estate.
Un video che mostra perché, con ogni probabilità, la stagione 2024-25 sarà l’ultima di Rayan Aït-Nouri tra le 11 sorprese della Premier League
Mediano destro: Carlos Baleba (Brighton)
Carlos Baleba è arrivato a Brighton nell’estate del 2023 con l’ingrato compito di prendere il posto di uno dei migliori mediani della Premier League, Moisés Caicedo, e ha avuto non poche difficoltà nel farlo, trovando poco spazio e convincendo poco, almeno fino all’arrivo di Fabian Hürzeler a inizio stagione. In questa stagione Baleba si è trovato a giocare regolarmente nel centrocampo a due di Hürzeler e il camerunense ha confermato di essere un asset difensivo importante per la quantità di campo coperta e la qualità nelle letture, mostrando una solidità inedita anche in fase di possesso.
In questo aspetto, Baleba appartiene alla new wave dei mediani europei, essendo un passatore ordinato ma non perfetto e avendo una maggiore mobilità soprattutto in verticale, dove può sfruttare la sua pulizia tecnica e il suo fisico per condurre il pallone. Baleba ha superato il cliché del mediano ordinato, trasformandosi in un centrocampista totale che distribuisce palloni e piuttosto sembra ricalcare il trend sempre più diffuso in Premier League di avere mediani con caratteristiche più ibride, quasi da mezzala. Nel complesso, il camerunense ha giocato una stagione da protagonista nel Brighton e ha mostrato di avere ancora ampi margini di miglioramento, visti i soli 21 anni di età.
Mediano sinistro: Elliot Anderson (Nottingham Forest)
In estate il Newcastle ha ceduto Elliot Anderson per 40 milioni al Nottingham Forest, in una mossa dettata più dai bilanci che dal campo. Da quanto raccontato, né il giocatore, che nel Newcastle ci era entrato a 8 anni, né il club erano particolarmente soddisfatti della decisione, anche per questo nessuno si aspettava che sarebbe diventata la stagione della sua consacrazione. Già nelle prime partite a Newcastle si potevano intuire sia la sua intensità che le qualità nei duelli ma con il Forest è arrivata anche la legittimazione sul lungo periodo. In questa stagione Nuno Espírito Santo ha impiegato Anderson sia nella coppia di centrocampo che, in modo molto conservativo, come esterno alto, ma le sue funzioni sono quasi sempre state quelle di un numero 8 di sostanza, che deve recuperare tanti palloni, portarli su per il campo e trasmetterli ai suoi compagni più qualitativi.
Statisticamente parlando, Anderson è tra i centrocampisti più in vista nel gioco sporco della Premier: contrasti, respinte, duelli. Sempre al posto e nel momento giusto, a dimostrazione di come l’inglese si esalti quando deve fare la lotta in fase di non possesso. Al tempo stesso, però, Anderson il pallone lo sa gestire bene: l’ex Newcastle ha avuto responsabilità importanti anche nella risalita del pallone e le sue qualità fisiche – non è altissimo ma ha una grande forza nelle gambe – lo hanno reso un giocatore ideale per resistere ai contrasti e conquistare metri in conduzione. Nel complesso quella di Elliot Anderson stata una stagione di altissimo livello sia per le singole prestazioni che per la continuità con cui le ha offerte, per cui è difficile non considerarlo tra i migliori centrocampisti di questa Premier League.
Esterno destro: Jacob Murphy (Newcastle)
Jacob Murphy è arrivato a Newcastle nel 2017 e per sette anni è stato sempre una figura di contorno se non un vero rincalzo, fino a sembrare un corpo estraneo nelle rose sempre più ambiziose costruite dalla nuova proprietà saudita e di Eddie Howe, che infatti lo ha sempre relegato a un ruolo di seconda o terza linea. Quest’anno, però, tutto è cambiato, in un modo che nessuno poteva immaginare e Murphy è diventato di fatto un titolare indiscusso dei Magpies e anche uno dei giocatori più importanti per il sistema di Howe.
Murphy ha rappresentato una piccola inversione di tendenza rispetto alla linea dominante in Europa. Howe lo ha infatti impiegato sulla fascia destra, ossia quella del suo piede naturale, soprattutto con l’intento di farlo muovere maggiormente in ampiezza e produrre cross che potessero essere facilmente attaccabili da Isak, uno stile retró, oggi riabilitato anche dai grandi club – pensate a come Flick usa Raphinha nel Barcellona.
E proprio come quella di Flick, l’idea di Howe è stata vincente: Murphy ha giocato un campionato di assoluto livello, offrendo 12 assist nella sola Premier League – meno solo dell’MVP del campionato Salah – ed è diventato decisivo anche per la vittoria della Coppa di Lega, dove ha mandato a segno un compagno sia in semifinale contro l’Arsenal – match in cui ha anche segnato – che in finale contro il Liverpool. Insomma, una parabola imprevista, che profuma di riscatto.
Trequartista centrale: Mikkel Damsgaard (Brentford)
Un anno fa sembrava che Mikkel Damsgaard fosse ormai un giocatore destinato a non trovare più continuità ad alti livelli per via dei problemi fisici. Ora invece il danese è tornato a essere il giocatore che abbiamo conosciuto in Italia e anche qualcosa di più. In questa stagione Frank ha inserito l’ex Samp in un ruolo cucito addosso alle sue qualità. Come ha spiegato il tecnico danese a The Athletic, l’idea alla base è stata quella di dargli la possibilità di muoversi liberamente e ricevere il pallone nelle zone di campo dove può incidere meglio con le sue qualità creative.
Anche per questo Damsgaard è stato tra i migliori centrocampisti della Premier League nelle metriche avanzate legate alla creazione: passaggi chiave, filtranti, expected assists, occasioni generate. E, più in concreto, ha prodotto anche 10 assist, il quarto miglior dato della Premier League. Meno evidente ma comunque fondamentale per il sistema di Frank, è anche il lavoro che Damsgaard è riuscito a garantire in fase di non possesso, con numeri di tutto rispetto in termini di palloni recuperati e intercettati, certificando una rinascita su cui pochi avrebbero scommesso negli ultimi anni.
Esterno sinistro: Iliman Ndiaye (Everton)
Il percorso di Iliman Ndiaye verso la Premier è stato tutto fuorché lineare: nel 2023 aveva conquistato la promozione da protagonista con lo Sheffield United ma in quella stessa estate era stato ceduto all’Olympique Marsiglia, dove ha avuto poco spazio e ha retto un solo anno prima di essere rimandato in Inghilterra, stavolta all’Everton, in una situazione societaria allo sbando, poi culminata nell’arrivo della famiglia Friedkin, in lotta per salvarsi e con un allenatore, Sean Dyche, subito delegittimato dalla nuova proprietà.
Fino all’anno scorso, Ndiaye sembrava un talento in cerca di una posizione stabile: con lo Sheffield United aveva giocato principalmente come seconda punta, mentre all’OM è stato dirottato sulla fascia destra. Nel Merseyside sia Dyche che Moyes lo hanno spostato sulla sinistra, contribuendo a quella che è stata senza dubbio la sua miglior stagione della carriera ad alti livelli. La fluidità di ruolo che ha accompagnato la carriera di Ndiaye è una conseguenza anche del suo modo di giocare, Intenso e verticale in zona offensiva, raffinato e cerebrale quando il gioco si sviluppa lontano dalla porta. Il senegalese sa infatti dribblare in modo molto elegante, dando quasi l’impressione di manipolare il tempo e le menti dei difensori avversari e nelle scelte di passaggio, pur con qualche scelta discutibile ed egoistica, ha intuizioni sorprendenti, soprattutto quando si avvicina alla trequarti.
Sul piano creativo, Ndiaye produce ancora poco in termini misurabili: ha chiuso la stagione con zero assist e con pochissimi passaggi chiave ma quello si può anche motivare con la poca voglia di attaccare dell’Everton, che infatti ha il quarto peggior attacco della Premier League, davanti solo alle tre retrocesse. E che Ndiaye, con 9 gol, ne sia stato il miglior marcatore stagionale dice molto anche sul contesto. Per dare però un’idea delle sue potenzialità, nello Sheffield United aveva chiuso la stagione in Championship con 14 gol e 10 assist e e l’impressione è che quei numeri, con il giusto contesto, possano tornare. Rimane da capire se l’Everton gli possa offrire il contesto adatto per farlo.
Uno dei diversi video su Youtube in cui Ndiaye si infila in mezzo a due o tre difensori in modi quasi incomprensibili
Punta: Liam Delap (Ipswich)
Con l’arrivo di Haaland, la Premier ha riscoperto il valore del centravanti puro e nell’annata appena conclusa quasi tutte le squadre hanno avuto come miglior marcatore il loro numero 9. Può sembrare una banalità ma la storia recente ci ha spesso fatto vedere il contrario. In questo senso, Liam Delap – che, per chi non lo sapesse, è il figlio di Rory Delap – incarna l’idea del nove d’area: meno appariscente di Isak o Cunha, ma altrettanto efficace e autore di un ottimo campionato.
Delap è un attaccante abbastanza classico per il modo in cui si muove sempre, cercando la verticalità e la profondità ma, al tempo stesso, con un discreto dribbling, con il quale sa costruirsi lo spazio per il tiro in area, ma può anche partire da più lontano e conquistarselo. In questa stagione, la sua seconda da professionista e prima in Premier League, l’inglese ha dimostrato di poter reggere il passo con la Premier, segnando 12 gol con solo due rigori – è l’unico giocatore di una squadra retrocessa ad aver superato la doppia cifra – e suggerito che, in un ambiente meglio organizzato, i suoi numeri potrebbero esplodere. Non a caso, ha attirato l’interesse di diversi top club inglesi e alla fine è stato il Chelsea a prenderlo, ricongiungendolo con Cole Palmer, compagno nelle giovanili del City.