Cosa può dare Gasperini alla Roma

L'arrivo di Gasperini alla Roma ha suscitato polemiche e dubbi tra i tifosi

Nel valzer delle panchine che pare sta movimentando questa prima parte dell’estate calcistica, un colpo viene battuto nella capitale con l’annuncio di Gian Piero Gasperini alla Roma. Dopo un’attesa vissuta come interminabile, anche se lo è stata meno di quanto sembri, l’arrivo del tecnico di Grugliasco non è stato accolto con un entusiasmo contagioso dall’ambiente giallorosso. Un ostracismo dettato più da questioni umane che tecniche, ma idoneo a sollevare qualche perplessità su questo matrimonio. Gasperini è l’allenatore giusto per la Roma? Abbiamo cercato di esaminare tutti i pro e i contro.

Le perplessità su Gasperini alla Roma

Nella conferenza stampa alla vigilia dell’ultima di campionato, Claudio Ranieri è stato incalzato sul nome del suo successore come spesso accaduto in questi mesi di attesa. A fronte di una domanda circa la possibile felicità dei tifosi, l’ormai ex allenatore ha dichiarato:

Non penso a come verrà accolto, ma quando andrà via i tifosi saranno dispiaciuti. Questo spero.

Un’affermazione che ha subito smosso l’ambiente romano, sempre molto presente nel commentare le vicende delle squadre della città e anche nell’innescare polemiche e allarmismi totalmente gratuiti. I primi isterismi hanno fatto pensare alla scelta di un nome di seconda fascia e al tentativo, l’ennesimo, di far partire un progetto pluriennale, un concetto diventato ormai indigesto per una piazza che ha fame di vittorie e poca pazienza. A conti fatti, invece, Ranieri non ha mentito, ma i motivi erano altri: pur non essendo un profilo minore, Gasp non viene accolto con entusiasmo. Al di là di una generalizzata antipatia che i tifosi delle altre squadre provano verso l’ex allenatore dell’Atalanta per motivi principalmente dialettici, a Roma la percezione è sempre stata anche maggiore rispetto a quanto provato altrove.

Le ragioni sono molteplici: dall’antipatia tra le tifoserie di Roma e Atalanta al rifiuto di allenare i giallorossi nell’estate del 2019, passando per questioni principalmente geografiche. Accanto al noto sentimento anti-nordista del popolo romanista si è affiancato il presunto animo anti-sudista di Gasperini. Un’affermazione che pare piuttosto lontana dal vero, alla luce del fatto che in carriera – sia da calciatore che in panchina – l’allenatore piemontese ha spesso sposato la causa di squadre del Mezzogiorno. Ad acuire ulteriormente l’acredine ha contribuito la questione legata al problema di salute occorso a N’Dicka a Udine nell’aprile del 2024.

Nella conferenza stampa precedente allo scontro diretto in programma a Bergamo, commentando la vicenda dei match rinviati per le due squadre e recuperati in momenti diversi – l’Atalanta ha recuperato a campionato finito il match contro la Fiorentina, rinviato per il malore a Joe Barone, morto due giorni dopo – Gasperini non ha risparmiato una stilettata alle polemiche sollevate in casa Roma, dichiarando che “purtroppo, in quella circostanza, è successo un qualcosa di drammatico e bisogna rendersi conto che non era un codice giallo”. Un’affermazione decisamente poco elegante in merito a quanto accaduto all’ivoriano, arrivato in ospedale quando fortunatamente era fuori pericolo ma le cui condizioni avevano causato apprensione nell’immediato.

A braccetto con una piazza che si preannuncia ostile, quantomeno inizialmente, c’è la questione della pressione. Nei nove anni a Bergamo, Gasp ha fatto un autentico miracolo, portando ai massimi livelli del calcio italiano ed europeo una squadra che, al momento del suo approdo, era costruita con l’obiettivo minimo della salvezza. Una spilla da appuntarsi sul petto ma sul cui sfondo si staglia una società ideale per programmazione e pazienza e anche una tifoseria che l’ha trasformato in una figura quasi iconica, perdonandogli anche qualche uscita nei confronti dei propri calciatori che altrove avrebbe fatto storcere più di un naso. In sostanza, se oggi Gasperini è un profilo di primo livello del nostro lo deve all’autorevolezza costruita con un progetto pluriennale, in cui gli è stato dato tempo di costruire e anche di sbagliare.

Tempo che, inevitabilmente, non avrà a disposizione a Roma. Posto che le basi tecniche che troverà in giallorosso sono nettamente migliori di quelle a disposizione a Bergamo nel 2016, una tifoseria esigente e desiderosa di dare una svolta alla propria storia non gli concederà lo stesso tempo né, probabilmente, lo stesso affetto ricevuto in terra orobica. Se da una parte i Percassi sono sempre stati eccellenti pompieri nello spegnere le morbose velleità attorno alla Dea, addirittura continuando a parlare di obiettivo salvezza negli anni della Champions League, dall’altra parte hanno creato una comfort zone totale attorno a Gasperini, che di fatto in carriera ha avuto un unico confronto con società e tifosi esigenti. Parliamo, ovviamente, dell’unico fallimento di Gasp, le cinque partite sulla panchina dell’Inter stagione 2011-12. Un campione troppo ridotto per farne una tendenza, ma comunque un campanello d’allarme per una squadra con ambizioni di alta classifica.

Lato tecnico, i dubbi sono legati a due aspetti: ritmo e profondità della rosa. Le qualità dinamiche dell’Atalanta sono sempre state spinte all’estremo dal lavoro di allenatore e società. La proprietà ha accontentato Gasperini con calciatori in alcuni casi fuori dai radar delle big, ma molto propensi al sacrificio nelle due fasi di gioco e con un’innata tendenza alla corsa. Per contro, i dubbi attorno alla Roma nei momenti più bui e, in particolare, nei confronti di alcuni interpreti sono legati proprio al loro passo maggiormente cadenzato. Senza contare il numero di giocatori validamente utilizzabili: il gap qualitativo con altre squadre di fascia alta è stato spesso compensato a livello quantitativo. In sostanza, l’Atalanta ha avuto rose con riserve in grado di garantire lo stesso rendimento dei titolari – soprattutto in alcuni ruoli strategici e dispendiosi – permettendosi il lusso di non pagare quasi mai il dazio del turnover.

Un argomento su cui ci soffermeremo in seguito, evidenziando come alcune di queste perplessità siano frutto di eccessive sottovalutazioni di alcuni singoli, una delle tipiche caratteristiche ambientali che possono aumentare le pressioni attorno a società, squadra e tecnico.

Perché può essere la scelta giusta

È innegabile che, a fronte di altri concorrenti, il nome di Gasperini sia uno dei migliori e più blasonati tra quelli possibili per la Roma. In primo luogo si tratta di un profilo esperto, sia in generale che nel calcio italiano, aspetto tutt’altro che scontato vista la concorrenza. A livello tattico, la scelta si inserisce nel percorso tracciato dalle ultime gestioni tecniche dei capitolini: pur con qualche sporadica parentesi con la difesa a 4, sin dal rientro dalla pausa forzata per il Covid la Roma ha prediletto l’assetto con tre difensori, vero cavallo di battaglia dell’allenatore piemontese.

Se a livello di schema di gioco il terreno sarà fertile, un grande segno di discontinuità sarà il tentativo di dare una mentalità più offensiva e un gioco arioso a una squadra che, in questi anni, ha vissuto i suoi momenti migliori all’insegna dell’accortezza dalla cintola in giù. L’interregno di Ranieri ha ridato dignità all’impianto difensivo, che potrebbe essere la pietra angolare su cui intraprendere un percorso verso una maggior pericolosità con la nuova guida tecnica.

Un altro fattore da tenere in considerazione è quello dell’esperienza nelle coppe. Nel lungo percorso bergamasco, Gasperini non ha mai sottovalutato le competizioni continentali neanche quando le chance erano ridotte, anche a costo di restare con qualche rimpianto come accaduto in questo campionato per i punti persi nelle partite a ridosso dei playoff di Champions a febbraio. Oltretutto, Gasperini ha riportato in Italia l’Europa League, ossia quel trofeo che – sommando gli ultimi anni a quelli della vecchia Coppa UEFA – per il popolo giallorosso rappresenta il più nitido “volo a metà” che da decenni accompagna il rapporto tra la Roma e le coppe europee. Un percorso fatto di sogni e ferite che nella prossima stagione i tifosi sperano di dimenticare alla luce di un plateau di rivali e di una formula forse meno impegnativi del passato.

Infine, molte delle migliori stagioni recenti sono arrivate con allenatori capaci di polarizzare l’opinione pubblica, forse con qualche eccesso polemico. Ma soprattutto che partivano senza la simpatia o l’appoggio dei tifosi, con l’unica eccezione di Mourinho. Gasperini è solo l’ultimo di una lista che, prima di lui, rappresenta la totalità dei tecnici capaci di portare un trofeo nella bacheca giallorossa.

Gasperini troverà alla Roma la rosa giusta per lui?

Come detto, molte delle perplessità espresse dai tifosi romanisti vanno esattamente nella direzione di una squadra statica, poco mobile e, pertanto, non adatta a un calcio propositivo e dinamico come quello di Gasperini. Che ritrova due elementi già allenati a Bergamo, nello specifico Mancini e Cristante. Quest’ultimo è forse l’esempio più nitido dell’errata percezione che spesso i tifosi hanno rispetto alle qualità a tutto tondo dei singoli calciatori. Pur non essendo particolarmente rapido, Cristante da anni figura ai vertici della classifica dei giocatori con più chilometri percorsi per partita. Una dote che Gasperini ha saputo valorizzare impiegandolo con grande profitto sia a centrocampo che sulla trequarti, grazie alla combinazione tra le capacità di offrire copertura alla retroguardia in fase di non possesso e la pericolosità negli inserimenti, tanto da chiudere la stagione in doppia cifra di gol.

Alcuni dubbi riguardano l’adeguatezza di alcuni altri singoli piuttosto importanti all’interno della struttura di gioco. Anche in questo caso si tratta, principalmente, di temi deformati dalla narrazione e che tengono conto solo di parte del lavoro svolto da Gasperini e non dell’intero percorso alla guida della Dea.

Analizzando più nel dettaglio, la difesa si presenta scarna a livello numerico. Mancini e N’Dicka – con cui magari Gasperini dovrà confrontarsi per le già menzionate dichiarazioni di oltre un anno fa – sembrano due profili assolutamente all’altezza per valore e attributi. Ranieri ha utilizzato Celik come braccetto, ma con caratteristiche diverse da quelle dei pari ruolo atalantini, oltre che da quelle dei quinti di centrocampo. Hummels e Nelsson lasceranno la squadra, mentre rientreranno due giocatori dai prestiti. Nonostante sia stato lanciato da un allievo di Gasperini – eh sì, proprio Jurić – e sia reduce da una buona stagione, Kumbulla non pare esattamente il profilo ideale. Qualche chance in più potrebbe averla Hermoso, apparso svuotato nei suoi sei mesi a Roma ma con abilità tecniche che possono risultare utili in fase di impostazione dal basso. Qualcosa dovrà giungere dal mercato, considerando anche l’impegno in Coppa d’Africa di N’Dicka a gennaio.

Tuttavia uno dei capolavori di Gasperini è stato quello di rigenerare – o in alcuni casi, come quello di Ruggeri, di generare da zero – gli esterni a tutta fascia di cui ha potuto disporre. Velocità, atletismo, propensione alla spinta e a seguire l’azione offensiva. Tutte caratteristiche che paiono appartenere a Angeliño, Rensch e anche a Salah-Eddine, ad oggi credibilmente il set di esterni di cui disporrà la Roma, unitamente a Celik che, però, pare avere una dimensione offensiva meno spiccata. E di cui, in teoria, dispone anche Zalewski, il cui riscatto da parte dell’Inter appare tutt’altro che scontato. Resta comunque la necessità di sostituire Saelemaekers, che dovrebbe rimanere al Milan, cui si aggiunge la probabile partenza di Abdulhamid.

In mediana, già detto di Cristante, il profilo di Manu Koné non appare così distante dalla figura di Éderson. Parliamo di due giocatori tentacolari in fase di interdizione e con personalità e abilità in conduzione, pur con qualche inevitabile differenza: più intraprendente e fantasioso Koné, più pratico ed efficiente negli ultimi 20 metri Éderson. Il grande vulnus della Roma attuale è l’assenza di un calciatore come Marten de Roon, che unisca le proprie qualità dinamiche alle capacità in fase di circolazione della palla. Un profilo che la Roma dovrà pescare dal mercato e che, pur con evidenti differenze di temperamento dettate dall’esperienza, paradossalmente potrebbe aver avuto in rosa sul finire della stagione. Parliamo di quel Lucas Gourna-Douath che, a dispetto della giovane età, ha già grande esperienza anche continentale e pare un profilo che incarna perfettamente i principi del gioco gasperiniano.

Pisilli per facilità di corsa e Pellegrini per duttilità potrebbero rappresentare, proprio come Cristante, soluzioni spendibili sia a centrocampo che dietro la punta. Soprattutto il capitano sembra avere l’identikit giusto per un impiego ibrido alla Pašalić, soprattutto dovesse ritrovare un po’ di smalto in fase realizzativa. Il vero dubbio è legato a Paredes: qualità eccellenti in regia, esperienza e temperamento ma anche caratteristiche che mal si sposano con il passato di Gasp da tecnico. Anche alla luce delle insistenti illazioni su un suo ritorno al Boca, non sorprenderebbe se le strade della Roma e dell’argentino si dividessero.

E a proposito di argentini, l’altro grande dubbio dell’ambiente è legato alla compatibilità tra Dybala e Gasperini. I due hanno lavorato insieme ai tempi del Palermo, quando il mister non godeva dello status attuale e la Joya era un ragazzino di 19 anni appena atterrato dall’Argentina, con un dinamismo e uno storico di infortuni molto diversi da quelli attuali. I timori espressi dai tifosi giallorossi appaiono infondati e l’esempio forse più pratico è quello di Iličić. Pur senza la velocità di altri compagni, appesantito e compassato per problemi fisici ma anche per quelli, più gravi, riguardanti la salute mentale, lo sloveno si è espresso da campione negli anni bergamaschi, esprimendosi a un livello totalmente superiore rispetto a quanto mostrato nel resto della carriera. La sua tecnica è stata sufficiente per fare la differenza, esattamente come potrebbe farlo Dybala.

D’altronde, dietro la punta le alternative numeriche che permettano di centellinare l’argentino non mancano: oltre ai già menzionati “ibridi” con il centrocampo, figurano in rosa anche l’esperto El Shaarawy, il rapido Baldanzi e Soulé, che sebbene sia più tecnico e meno esplosivo, potrebbe essere chiamato a vestire i panni del Lookman trasformato dal trattamento gasperiniano. Senza escludere eventuali nuovi arrivi nel reparto né il possibile utilizzo di Shomurodov, rigenerato sotto la guida di Ranieri e sempre estremamente generoso ma forse senza gli istinti della prima punta vera e propria.

A tal proposito Dovbyk pare, lui sì, uno dei calciatori meno adatti al calcio di Gasperini. Se a livello realizzativo – 12 gol in campionato e 17 stagionali, cifre non stellari ma comunque difendibili – l’ucraino ha fatto intravedere cose incoraggianti, dal punto di vista della manovra è parso spesso avulso e scollegato dalle idee dei compagni. Pur non essendo il suo attributo principale, nel corso dell’intera stagione il lavoro effettuato spalle alla porta è parso insufficiente, per limitazioni tecniche ma anche dal punto di vista dinamico: per struttura l’ex bomber del Girona è poco mobile e, comunque, pare non essersi mai speso troppo per compensare, faticando anche nel controllo di scarichi leggermente decentrati rispetto alla propria figura. Lavoro radicalmente opposto rispetto a quello svolto dalle varie prime punte che negli anni si sono susseguite all’Atalanta, sempre utili nella costruzione dell’azione e abili anche uscendo dall’area di rigore.

Proprio per questo motivo, nonostante parole amare e che avevano il sapore di un addio, non è da escludere che possa tornare utile Tammy Abraham. Di rientro dal prestito al Milan, l’attaccante inglese fu un obiettivo di Gasperini nel 2021, quando alla fine la spuntò la Roma e lo portò nella capitale. La sua mobilità e le sue doti tecniche sono un perfetto sfogo per lo sviluppo del gioco offensivo e possono favorire gli inserimenti dei compagni, un lavoro perfettamente riassunto nel cammino della Roma in Europa League 2022-23 quando, pur senza segnare, l’ex Chelsea è entrato in tutti i gol decisivi dagli ottavi fino alla semifinale.

 

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