Il Napoli non aveva mai speso così tanto

Il calciomercato del Napoli degli ultimi anni è l'esempio migliore per come far fruttare al meglio gli investimenti.

“Squadra che vince non si cambia” è uno dei vecchi adagi che accompagnano da sempre il calcio. Questo assunto però non sembra valido per il Napoli che, da campione in carica, si prepara all’inizio della prossima stagione dopo aver condotto un mercato faraonico. Certo il calciomercato del Napoli 2025-26 ha ricevuto una notevole spinta dalla cessione di Victor Osimhen al Galatasaray.

Il cambio di rotta nel calciomercato del Napoli

I 70 milioni ricavati per la vendita del centravanti nigeriano al club turco non sono pochi e vanno a sommarsi ai circa 27 che, secondo il noto portale Transfermarkt, i partenopei hanno ricavato dalle cessioni a titolo definitivo di Natan, Elia Caprile e Gianluca Gaetano e da quelle in prestito oneroso di Jesper Lindstrøm, Cyril Ngonge, Rafa Marín, Michael Folorunsho e Alessio Zerbin.

A fronte di queste partenze il Napoli ha registrato gli arrivi di Sam Beukema, Noa Lang, Vanja Milinković-Savić, Lorenzo Lucca, Luca Marianucci e Mathias Ferrante. Tutti arrivi per i quali la società azzurra ha investito considerevoli cifre se è vero che, a parte i 100 mila euro versati alla NovaRomentin (Serie D) per assicurarsi il giovane portiere Ferrante, è stato speso un totale di 90 milioni. Il mercato non è finito e quindi c’è ancora la possibilità che Aurelio De Laurentiis possa pareggiare (se non superare) gli oltre 150 milioni pagati la scorsa estate oppure i quasi 120 della campagna acquisti 2023-24. Come si evince dunque, il presidente ha abbandonato quella politica parsimoniosa che lo aveva contraddistinto agli inizi della sua avventura alla guida della società.

Questo cambio di rotta è frutto di un circolo virtuoso che la squadra ha saputo generare in questi anni. Investendo molto, ma sempre in maniera oculata, con attenzione al bilancio fra acquisti e cessioni e comprando profili funzionali al contesto tecnico, gli azzurri si sono stabilizzati ai vertici della Serie A, là dove cioè si può incontrare la necessaria stabilità economica (si pensi alla qualificazione in Champions e agli introiti che da essa derivano) che consente a un club di poter spendere in sede di mercato. Insomma, investire molto e in modo tecnicamente accurato aiuta ad ottenere risultati migliori, come testimonia il fatto che il Napoli ha vinto due scudetti negli ultimi tre campionati, vale a dire tanti quanti ne aveva vinti nei precedenti 96 anni di storia. Tali risultati, a loro volta, danno al club i posizionamenti necessari per generare ulteriori ricavi. Un meccanismo che si autoalimenta.

I segreti tattici del Napoli campione d’Italia

Il decimo posto della stagione 2023-24, caratterizzata dai tre allenatori avvicendatisi in panchina e successiva al tricolore conquistato con Luciano Spalletti, ha rappresentato un’anomalia per una squadra che, nelle ultime cinque stagioni, è arrivata due volte prima, una volta terza e una volta quinta e che, nei cinque tornei precedenti, era giunta una volta terza e tre volte seconda. Proprio gli utili generati fra Serie A, Champions e diritti tv nelle ultime annate hanno consentito a De Laurentiis di poter mettere sotto contratto Antonio Conte e di venire incontro alle richieste del tecnico leccese.

A iniziare dall’estate scorsa quando il presidente non si è fatto problemi a spendere 30 milioni per il difensore Alessandro Buongiorno, altrettanti per Romelu Lukaku e 30,5 per Scott McTominay. Tutti acquisti che si sono rivelati più che azzeccati. Buongiorno infatti, fino a quando non è stato costretto ad alzare bandiera bianca per un infortunio, si stava imponendo come il miglior centrale della massima serie. Da parte sua McTominay ha invece conquistato il titolo di MVP della passata Serie A, nella quale ha registrato 12 gol e prodotto 6 assist. Lukaku poi è stato il cannoniere azzurro con 14 reti in campionato, alle quali vanno aggiunti i 10 passaggi trasformati in gol dai compagni. Tutti questi exploit individuali sono stati merito anche del grande lavoro svolto da Conte e dal suo staff. Dopo la batosta inziale, all’esordio a Verona (0-3) e qualche altra prestazione opaca, il tecnico partenopeo ha infatti deciso di cambiare rotta: via il 3-4-2-1 provato inizialmente e largo ad una versione più fluida della squadra, partendo da una linea difensiva a quattro.

Senza voler ripercorrere integralmente la storia tattica del Napoli scudettato 2025, in questa sede ci basta accennare a come il suo condottiero abbia adattato il modello di gioco degli azzurri alle caratteristiche degli elementi a disposizione. In questo senso Conte ha dato vita a uno scacchiere 4-3-3/4-2-2-2 liquido, all’interno del quale si riconoscevano comunque dei pattern ben definiti: l’appoggio su Lukaku per giocare di sponda; l’inserimento delle mezzali (McTominay ma anche Zambo Anguissa); lo sdoppiamento di Matteo Politano, chiamato ad agire in fase difensiva come quinto aggiunto contro quelle formazioni che portavano cinque invasori nella metà campo napoletana.

Per quanto riguarda Lukaku, il belga veniva utilizzato sia negli attacchi diretti, in profondità, sia come una sorta di pivot verso cui indirizzare palla, per andare poi a raccogliere le sue sponde. Gli inserimenti delle mezzali poi sono stati letali per gli avversari. Basti pensare che, oltre ai già menzionati gol e assist di McTominay, ci sono state anche le 6 reti (record in carriera) e le 5 assistenze di Anguissa.

Il grande lavoro di Lukaku nel lavorare il pallone e liberare l’area per gli inserimento di McTominay, una delle chiavi dello scudetto 2025

De Bruyne e non solo: cosa possono dare i nuovi acquisti

Ora, in previsione dell’anno prossimo, la curiosità è forte. Ci si domanda infatti come il Napoli gestirà il doppio impegno tra campionato e Champions e come eventualmente si evolverà l’idea tattica di Conte. Per affrontare la sfida europea, con i critici pronti a puntare il dito alle prime difficoltà verso un tecnico spesso in passato accusato di essere un ottimo allenatore da campionato ma non di successo in Europa, il tecnico leccese ha spinto affinché la proprietà rinforzasse notevolmente la squadra. E qui torniamo alla frase inziale: squadra che vince si cambia, eccome!

Ai nomi citati in apertura infatti non bisogna dimenticare di associare anche quello di colui che rappresenta il vero e proprio fiore all’occhiello della campagna acquisti del Napoli, per giunta arrivato a zero. Stiamo ovviamente parlando di Kevin De Bruyne. L’ex City infatti ha deciso di accettare la sfida propostagli dai partenopei piuttosto che andare a spendere gli ultimi spiccioli di carriera in MLS o in Arabia Saudita.

La domanda che dovremmo farci è quale De Bruyne arrivi in Italia. A trentaquattro anni infatti KDB non sembra in grado di garantire lo stesso livello prestativo offerto per la maggior parte delle dieci stagioni trascorse al Manchester City. Pur avendo perso qualcosa e pur non potendo più essere atleticamente brillante come alcuni anni fa, non si deve tuttavia dimenticare come il belga approdi in un campionato come quello italiano che, a livello di ritmo e intensità, non è certo paragonabile alla Premier. Insomma, in Italia si va più piano e questo dovrebbe favorire l’inserimento di De Bruyne, posto che stia bene. Detto questo, non è affatto da escludere che Conte scelga di dosarlo, distribuendone le energie alla bisogna.

Dal punto di vista tattico inoltre il rapporto fra l’ex dei Citizens e il suo nuovo tecnico non dovrebbe essere complicato come invece lo fu, agli inizi, quello fra l’attuale allenatore azzurro e Christian Eriksen all’Inter. In quella circostanza il tecnico infatti si trovò il danese in eredità dalla gestione precedente, essendo Eriksen arrivato in nerazzurro nel gennaio 2020. I problemi fra i due furono di ordine tattico, con Conte che non riusciva a trovare collocazione all’ex Tottenham nel suo collaudato 3-5-2. La svolta in senso positivo ci fu allorquando il danese venne riposizionato in mezzo al campo. Stavolta la situazione è diversa, perché De Bruyne è stato voluto da Conte e anche perché l’allenatore non è più rigidamente legato al solo 3-5-2.

La questione interessante, alla quale soltanto il campo potrà dare una risposta, è come il tecnico inserirà l’ex Manchester City nel suo impianto di gioco. È infatti da capire come eventualmente il Napoli potrà andare a reggere la contemporanea presenza in campo di KDB, McTominay e Lukaku. Una opzione potrebbe essere quella di far partire lo scozzese a sinistra, per poi lasciarlo libero di convergere centralmente per associarsi a Lukaku, come fatto ottimamente lo scorso anno. Il tutto collocando De Bruyne nella sua posizione classica da numero 10, con Politano a destra e con Stanislav Lobotka accanto ad Anguissa in mezzo. I movimenti in avanti di McTominay e Lukaku aprirebbero poi spazi centrali a De Bruyne, che potrebbe sfruttarli a modo suo, creando delle connessioni con il connazionale e con lo scozzese difficilmente contenibili dalle difese rivali.

Una soluzione, quella appena esposta, che prevederebbe Noa Lang in panchina. Da quando è stato ceduto Khvicha Kvaratskhelia a gennaio di quest’anno (col georgiano ceduto al Paris Saint-Germain per 70 milioni), i partenopei hanno potuto fare affidamento soltanto su David Neres come ala frizzante in grado di saltare l’avversario in uno contro uno, (anche se il tema del rapporto tattico con Kvara meriterebbe un discorso a parte). Il brasiliano però non è sempre stato efficiente dal punto di vista della forma fisica e, anche per questo, il Napoli ha comprato Noa Lang. L’olandese, proveniente dal PSV, ha tutte le carte in regola per dare all’attacco quel brio e quell’imprevedibilità che saranno necessarie soprattutto quando si tratterà di provare ad aprire i blocchi bassi, così come potrà offrire alla sua nuova squadra pericolosità in contropiede. E questo anche uscendo dalla panchina.

Se Noa Lang dovrebbe avere un ruolo inizialmente “secondario” nelle rotazioni, Milinković-Savić potrebbe anche essere destinato a partire titolare. Il portiere serbo sembra infatti destinato a prendere il posto di quell’Alex Meret che, pur reduce da due scudetti, non è considerato una sicurezza da stampa e tifosi.

 

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Rispetto all’italiano, Milinković-Savić offre la possibilità di poter ricorrere con maggior frequenza al calcio lungo e preciso, soluzione non primaria nel gioco del Napoli per risalire il campo ma che fa parte del playbook della compagine partenopea. La gestione della palla sotto pressione poi è un altro punto a favore di Milinković-Savić rispetto a Meret e questo sarà utile in particolare in Europa.

In difesa invece Beukema dà a Conte la possibilità di poter contare su un altro difensore che, come Buongiorno e Amir Rrahmani (quest’ultimo letteralmente rigenerato dal tecnico un anno fa) è in grado di garantire impatto fisico e capacità di difendere uno contro uno, sia in campo aperto che nella propria area di rigore. Caratteristiche a cui si aggiunge una discreta qualità in impostazione, fondamentale per costruire da dietro. Insomma, grazie a questa campagna acquisti dispendiosa ma mirata, completata da un Lucca considerato sulla carta alter ego ideale di Lukaku e utile per far rifiatare il titolare, il Napoli si avvicina al prossimo campionato nel ruolo di favorita istituzionale, non tanto perché è la squadra campione in carica ma in virtù dello step a livello di rosa che sembra aver compiuto. Uno step che dovrebbe consentire all’allenatore anche di poter puntare almeno al superamento della League Phase di Champions.

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