Se il mercato delle panchine in Italia si sta rivelando sorprendentemente piatto (per la prima volta negli ultimi otto anni non ci sono stati esoneri prima della sosta di ottobre), la notizia rimbalzata sui vari siti specialistici è arrivata proprio dalle nazionali: Fabio Cannavaro è il nuovo ct dell’Uzbekistan. Il campione del mondo e Pallone d’Oro 2006 torna sul luogo del delitto a vent’anni dal trionfo di Berlino, guidando Shomurodov e compagni alla loro prima, storica partecipazione ai Mondiali.
I giudizi sul Cannavaro allenatore sono stati forse fin troppo duri, principalmente dettati da una sorta di pregiudizio nei confronti della nidiata di tecnici nata proprio tra i campioni del 2006. In Italia ha avuto solo due occasioni, una molto deludente in B al Benevento e una in Serie A con l’Udinese, condotta a una salvezza tutt’altro che scontata. Il tutto in oltre dieci anni da giramondo del calcio, nei quali ha anche allenato la Cina per due partite, entrambe perse (contro Thailandia e, ironicamente, proprio contro l’Uzbekistan).
A differenza di altri sport – basti pensare alla pallavolo, dove l’Italia ha conteso i titoli iridati femminile e maschile ad avversarie guidate da tecnici italiani – nel calcio il ricorso agli allenatori italiani non è stato così frequente. Eppure c’è stato, anche in un passato meno recente. E, a fianco di nomi di grido (ultimo quello di Carlo Ancelotti, da poco sbarcato in Brasile) ci sono stati nomi e abbinamenti a dir poco impensabili. Percorsi così diversi da spingere a chiederci: qual è stata l’esperienza più affascinante tra i ct italiani all’estero?
Da qui la scelta di escludere i tecnici il cui unico cammino è quello ancora in corso – oltre ad Ancelotti, ci sono Vincenzo Montella alla guida della Turchia, Marco Rossi per l’Ungheria, Francesco Calzona per la Slovacchia, Paolo Nicolato per la Lettonia, Roberto Cevoli per San Marino ed Emilio De Leo per Malta – e stilato un ranking che si basa su cinque valori: fama del tecnico (sia essa legata alla sua carriera di allenatore o di calciatore professionista), risultati ottenuti, effetto sorpresa (ossia quanto l’ingaggio fosse pronosticabile), esoticità della nazionale e fattore di invidia (cioè quanto un collega o un uomo comune possa desiderare avere una chance analoga alla sua, basandosi su vivibilità della nazione, situazione geopolitica, tenore di vita nello stato, bontà della rosa a disposizione). Preparatevi: il viaggio sta per iniziare. Anche se con un doveroso preambolo.
I ct italiani all’estero… ma vicini
Ci sono Paesi che potremmo considerare nostri stretti parenti e che, giocoforza, nel tempo hanno fatto affidamento su allenatori azzurri più spesso di altri. Per questo motivo abbiamo deciso di metterli in un’unica categoria esclusa da questa imperdibile classifica. Potrebbe sembrare strano ma a guidare il gruppo di questi Paesi non troviamo San Marino: da quando il Monte Titano ospita una selezione nazionale, ossia dal 1986, ci sono stati solo due commissari tecnici italiani.
Il primo è stato Franco Varrella, ex vice di Arrigo Sacchi in azzurro e approdato sulla panchina de La Serenissima nel 2018, dopo dieci anni di inattività, per chiudere una carriera che lo ha visto al massimo in Serie B. Nei suoi tre anni al timone, il suo bottino è stato di 2 pareggi e 32 sconfitte in 34 partite. Meglio di lui l’attuale ct Roberto Cevoli: ex difensore centrale da 57 presenze in A con il Modena, come allenatore ha faticato a imporsi, limitandosi a 3 gettoni in massima serie albanese e molta Serie C. Fin quando ha scritto la storia, riportando San Marino a vincere una partita dopo 20 anni dall’ultima volta, peraltro mettendo a segno il primo successo in un match ufficiale. Per lui 2 vittorie, 2 pareggi e 12 sconfitte in 16 partite complessive, numeri straordinari per una realtà come questa.
Ben più frequente il ricorso agli italiani per Malta: quella che un tempo era un’eccezione (Terenzio Polverini tra il 1974 e il 1976 e l’ex commissario tecnico dell’Italia femminile Pietro Ghedin tra il 1993 e il 1995), è diventata una consuetudine a partire dal 2012: negli ultimi sei incarichi da commissario tecnico, ben quattro sono stati ricoperti da nostri connazionali: di nuovo Ghedin tra il 2012 e il 2017, Devis Mangia tra il 2019 e il 2022, Michele Marcolini tra il 2022 e il 2024 e l’attuale selezionatore Emilio De Leo, ex vice di Siniša Mihajlović, cui si aggiunge il breve regno ad interim di Giuseppe Mazzotta.
Concludiamo con un caso a metà strada, quello dell’Albania: anche le Aquile hanno avuto quattro tecnici italiani, tra cui Christian Panucci e Edy Reja, secondo ct più longevo della storia della storia per il Paese balcanico. Per gli altri due, l’appuntamento è con la classifica.
16° posto: Roberto Bordin
Che Bordin fosse cittadino del mondo lo si intuisce già dalla carta d’identità: nato a Zawiya, in Libia, quando suo padre lavorava per una compagnia petrolifera italiana. Da calciatore è stato un centrocampista di temperamento, più dedito al contrasto che alla regia, mettendo insieme 311 presenze e 9 gol in Serie A tra Cesena, Atalanta, Napoli e Piacenza e perfino 14 presenze e 1 gol nelle coppe europee, nonostante un’interruzione a causa di un tumore alla tiroide.
Inizia la sua attività non agonistica come vice di Andrea Mandorlini, già suo allenatore allo Spezia e, tra tutti gli incarichi, quello fondamentale sarà il periodo al Cluj. Non tanto per la durata quanto perché gli permette di farsi un nome nell’Europa dell’Est: dopo un fugace passaggio alla Triestina, infatti, nel 2016 lega il proprio nome allo Sheriff, con cui vince due campionati moldavi. Proprio grazie a questa avventura, nel 2021 – tre anni dopo l’arrivederci allo Sheriff e il passaggio agli azeri del Neftchi Baku – arriva la chiamata come ct della Moldavia. Dura solo dieci mesi, tra poche luci e molte ombre: 12 partite con una sola vittoria (1-0 in amichevole contro l’Azerbaigian) e un pareggio.
Chişinău è una città molto affascinante. Ma tra clima rigido, salari modesti, tensioni ancora latenti tra il governo centrale e la Transnistria – in cui ha sede il “suo” Sheriff – e slancio di carriera, non è stato esattamente un percorso invidiabile. Probabilmente non ha aiutato neanche dichiarare che “Tiraspol è il sogno di ogni allenatore”, considerando le contingenze geopolitiche e l’unicità della città e della regione. La sua esperienza è infatti proseguita in maniera piuttosto ondivaga: ritorna allo Sheriff e conquista il terzo titolo moldavo, quindi fa la spola tra l’Italia (Triestina e Caldiero) e l’Albania (Elbasani e KF Tirana, sua attuale squadra).
Fama del tecnico: 5/10
Risultati ottenuti: 1/10
Effetto sorpresa: 3/10
Coefficiente di esoticità: 6/10
Invidia: 2/10
Totale: 17
15° posto: Claudio Ranieri
Parlare di cosa abbia rappresentato Claudio Ranieri è quasi ridondante, tra il miracolo Leicester, l’amore dato e ricevuto a Cagliari e Roma e svariate squadre prestigiose allenate in più Paesi. Eppure sulle sue spalle grava anche un enorme fallimento a livello internazionale, quello come ct della Grecia.
Un’avventura durata soli quattro mesi e quattro partite: chiamato nell’estate 2014 per portare la selezione ellenica agli Europei in programma due anni dopo, è stato esonerato dopo aver raccolto un solo pareggio e 3 sconfitte, ultima delle quali l’umiliante 0-1 interno contro le Fær Øer. Non esattamente un cammino degno del suo nome, con una rosa comunque migliore di ciò che si è potuto vedere in questa breve parentesi. Secondo una leggenda metropolitana del calcio greco, a causa sua gli italiani sono mal visti nella penisola ellenica. Ma da quell’esonero è nata una delle storie di calcio più incredibili di sempre.
Fama del tecnico: 8/10
Risultati ottenuti: 0/10
Effetto sorpresa: 4/10
Coefficiente di esoticità: 4/10
Invidia: 5/10
Totale: 21
14° posto: Marcello Lippi
Una costante ascesa nei club, culminata con il doppio mandato vincente alla Juventus. Ma soprattutto il titolo di campione del mondo, unico a fregiarsene in questa classifica. Non è questa la sede per tornare sull’esperienza azzurra di Lippi, positiva nel 2006 e deludente quattro anni più tardi, con tanto di eliminazione ai gironi. Il grande merito del tecnico di Viareggio è stato quello di capire quando era arrivato il momento di lasciare il calcio europeo per non offuscare l’immagine del tecnico vincente che si era costruito grazie agli anni ai massimi livelli.
E così, dopo il Mondiale sudafricano, ecco piovere denaro grazie all’approdo in Cina (lo ha detto lui stesso, senza mezzi termini: in Estremo Oriente ci è andato per i soldi), dapprima come allenatore e quindi come direttore tecnico del Guangzhou Evergrande. E con un movimento all’epoca in ascesa come quello cinese, la nazionale era soltanto questione di tempo. Rimane alla guida della selezione asiatica dal 2016 al 2019 – lasciando per un breve periodo la panchina proprio a Cannavaro e poi tornando in sella per un “debito di riconoscenza” – con un bilancio di 14 vittorie, 10 pareggi e 12 sconfitte. Il tutto senza centrare la qualificazione al Mondiale del 2018 e fermandosi ai quarti in Coppa d’Asia 2019: un po’ poco per un movimento che cercava di affermarsi.
Fama del tecnico: 10/10
Risultati ottenuti: 4/10
Effetto sorpresa: 1/10
Coefficiente di esoticità: 3/10
Invidia: 6/10
Totale: 24
13° posto: Fabio Capello
Quando pensi a Fabio Capello pensi a un generale di ferro e a un grande vincente a livello di club. Una cosa non banale, considerando una durata inferiore rispetto a molti altri big del mestiere. Quando nel 2007 viene esonerato dal Real Madrid – nonostante la vittoria della Liga – si aprono per lui le porte della nazionale inglese. Un traguardo tutt’altro che scontato per un italiano, considerando l’animo conservatore dei britannici e il precedente tutt’altro che indimenticabile dell’unico straniero ad aver guidato i Tre Leoni, Sven-Göran Eriksson. Un percorso complicato: mancata la qualificazione a Euro 2008, partecipa ai Mondiali del 2010 ma viene eliminato agli ottavi di finale, quindi si dimette prima di Euro 2012 per screzi con la FA, responsabile di aver tolto la fascia di capitano a John Terry. Un addio vissuto male dall’opinione pubblica inglese e anche da alcuni suoi ex calciatori, come Michael Owen, che con coraggio (e oggettivamente poca competenza) lo ha etichettato come “uno dei peggiori allenatori di tutti i tempi”.
Ai Mondiali del 2014, però, Capello è di nuovo ai nastri di partenza, stavolta sulla panchina della Russia. Un’avventura ancora meno edificante, con eliminazione nella fase a gironi e successiva conferma, fino alla risoluzione di un anno dopo. Un finale tutt’altro che pacifico, a causa di una lite col presidente federale Nikolai Tolstykh per il mancato pagamento di alcuni emolumenti generato dall’applicazione di un tasso di cambio più svantaggioso di quello concordato. Una lite dai risvolti anche storici e politici, in quanto arriva alla vigilia della parata nella Piazza Rossa per la vittoria sul nazismo, con Tolstykh che sminuisce la polemica in quanto “irrilevante rispetto all’importanza della celebrazione” e Capello che rilancia dichiarando che, dal momento che suo padre è stato prigioniero in un campo di concentramento nazista, non accetta stoccate in materia.
È, di fatto, anche il canto del cigno della sua carriera, fatta salva una fugace apparizione in Cina con il Jiangsu Suning. Pur essendo l’unico tecnico ad aver partecipato a due mondiali alla guida di due diverse selezioni estere, possiamo dire che è stata una chiusura con molte pressioni e pochi onori.
Fama del tecnico: 10/10
Risultati ottenuti: 3/10
Effetto sorpresa: 7/10
Coefficiente di esoticità: 2/10
Invidia: 3/10
Totale: 25
12° posto: Roberto Mancini
Talento indiscusso e numero 10 di Sampdoria e Lazio, ma anche allenatore visto sempre con un filo di scetticismo nonostante i risultati con Inter e Manchester City siano sotto gli occhi di tutti. Roberto Mancini ha vissuto da ct dell’Italia la sua redenzione in azzurro, culminata nell’Europeo del 2021, a distanza di 53 anni dall’unico sigillo. Poi, il tonfo: prima la mancata qualificazione ai Mondiali del 2022, poi il finale su cui ormai tutti stavano chiacchierando da tempo.
Un addio dal forte impatto economico, nonostante le smentite di facciata, ma sportivamente poco prestigioso: ciao Italia, benvenuta Arabia Saudita. In pratica quella che un tempo era la Cina, dove i soldi richiamano i grandi calciatori per cercare di entrare nel dibattito del calcio mondiale. In tutto questo c’è il tentativo di far crescere l’intero movimento, sulla falsariga di quanto già visto per Marcello Lippi. Uno sforzo propedeutico al tentativo di arrivare da protagonisti ai Mondiali di casa del 2034.
E chi meglio di un tecnico come Mancini, vincente sia a livello di club che di nazionali, poteva incarnare quel progetto? A conti fatti, la risposta corretta potrebbe essere “molti”, perché il percorso del Mancio è stato tutt’altro che indimenticabile: poco più di un anno tra l’estate 2023 e ottobre 2024, con 9 vittorie, 7 pareggi e 5 sconfitte ma soprattutto un’eliminazione agli ottavi di Coppa d’Asia, accompagnata da un’uscita anticipata dal campo durante la lotteria dei rigori, e un cammino a rilento nelle qualificazioni mondiali. Troppo poco, con il risultato anche di rischiare di aver parzialmente rovinato la propria immagine: a distanza di un anno, Radio Mercato pare aver dimenticato il tecnico di Jesi.
Fama del tecnico: 9/10
Risultati ottenuti: 4/10
Effetto sorpresa: 1/10
Coefficiente di esoticità: 4/10
Invidia: 8/10
Totale: 26
Le pubbliche scuse di Mancini dopo l’uscita dal campo anticipata contro la Corea del Sud
11° posto: Giuseppe Dossena
Restando in tema di campioni del mondo, torniamo al 1982 per parlare di un grande giocatore sin troppo dimenticato nella sua carriera post-agonistica. In Italia nessuno ha dato una chance a Beppe Dossena, che è stato bravo a reinventarsi in Ghana, prima come ct dell’Under 17, poi dell’Under 20, quindi, dal 1998, della nazionale maggiore. Con le Black Stars nella fase forse peggiore della propria storia, a metà tra l’oro olimpico di Barcellona e i fasti ai Mondiali del primo decennio di questo secolo, Dossena ha disputato una Coppa d’Africa chiusa con un’eliminazione ai quarti. In tutto 10 panchine, con 4 vittorie, 3 pareggi e 3 sconfitte. Rimane probabilmente il punto più alto della seconda vita dell’ex calciatore di Torino e Sampdoria, che nel tentativo di esaltare le doti atletiche e tecniche dei giocatori ghanesi, ha usato la discutibile frase “sono bravissimi nel dribblare. Scartano anche sassi, capre, piante e camion”.
Non si è fermato in Africa, ma i numeri nelle altre selezioni sono stati marginali. Nel primo semestre del 2002 ha nominalmente rimpiazzato Cesare Maldini alla guida del Paraguay (perdonate lo spoiler) ma senza mai dirigere una partita, quindi a luglio ha preso in mano le redini dell’Albania per i due incontri di ottobre: un pareggio e una sconfitta. Da allora, fatte salve sporadiche apparizioni tra Serie C e Etiopia, il suo nome è rimasto ai margini.
Fama del tecnico: 8/10
Risultati ottenuti: 3/10
Effetto sorpresa: 7/10
Coefficiente di esoticità: 6/10
Invidia: 3/10
Totale: 27
10° posto: Giuseppe Giannini
Numero 10 e fascia di capitano della squadra che hai sempre amato. Idolo dei tifosi, simbolo di una Roma romantica e imperfetta, ma amato anche delle ragazzine, che sbavano dietro la tua chioma fluente, sfoggiata con orgoglio anche sulla maglia azzurra durante le Notti Magiche di Italia ’90. Per poi trovarsi ai margini una volta indossati giacca e cravatta. Sic transit gloria mundi, caro Principe. Perché Giannini non è stato un giocatore come gli altri, ma uno degli anelli di quella catena di appartenenza rappresentata dai capitani della Roma, fino agli ultimi anni, passati in esilio ma sempre con l’amore della sua gente marchiato a fuoco sulla pelle.
Da allenatore le cose, invece, non sono mai decollate: poca B tra Gallipoli e Grosseto, un po’ di C tra Foggia, Sambenedettese, Massese e Verona, perfino una parentesi in Romania. Finché, nel 2013, arriva la sorpresa: la chiamata come ct del Libano, in un periodo complicato per via della guerra. Esordio con vittoria e inizio di una serie di cinque risultati utili, quindi un declino inevitabile per il livello della sua selezione: 3 vittorie, 6 pareggi e 5 sconfitte. Tolto un breve passaggio a Fondi, si è trattato della fine di questo capitolo della sua carriera, che oggi prosegue come responsabile del settore giovanile dell’Albalonga.
Fama del tecnico: 8/10
Risultati ottenuti: 4/10
Effetto sorpresa: 8/10
Coefficiente di esoticità: 6/10
Invidia: 1/10
Totale: 27
9° posto: Cesare Maldini
Il Cesarone nazionale, capostipite di una dinastia azzurra di campioni che avrebbe meritato di raccogliere qualcosa in più. Anche a bordocampo, considerando la sfortunata lotteria dei rigori di Francia ’98. Dopo 18 anni nei ranghi federali con tre Europei Under 21 vinti consecutivamente e un fugace ritorno sulla panchina del Milan ad allenare il figlio Paolo, ecco la chiamata esotica a sorpresa. Due giorni dopo Natale del 2001, infatti, il compianto Cesare Maldini sbarca in Paraguay. Il percorso non si rivelerà particolarmente fortunato: 2 vittorie, 3 pareggi e 3 sconfitte, un bilancio comunque sufficiente a superare il girone e chiudere i Mondiali 2002 agli ottavi di finale, quando l’Albirroja ha ceduto il passo alla futura finalista Germania, diventando fino al 2010 il più anziano allenatore della storia della kermesse iridata.
Fama del tecnico: 8/10
Risultati ottenuti: 5/10
Effetto sorpresa: 7/10
Coefficiente di esoticità: 6/10
Invidia: 4/10
Totale: 30
8° posto: Vincenzo Alberto Annese
C’è sempre quel ragazzo che racconta di quanto sarebbe potuto diventare forte se non fosse stato per gli infortuni. Vincenzo Annese, invece, ha deciso di rimboccarsi le maniche e di far seguire i fatti alle parole, mettendo sul tavolo la propria competenza per farsi strada nel calcio. Dopo essere passato dalle giovanili del Venezia, a 22 anni si è dovuto ritirare per i continui problemi fisici, al culmine di pochi anni tra Serie C1, Serie C2 e Dilettanti.
Dopo anni a barcamenarsi tra lavori in varie giovanili e quelli come assistente in prima squadra (tra Fidelis Andria e Foggia), come allenatore della squadra della sua città, il Molfetta, e persino periodi nel futsal, nel 2014 prende la decisione di lasciare l’Italia e spiccare il volo. Pur senza raggiungere la fama di altri colleghi, Annese è diventato un nome in campionati di piccolo cabotaggio, tanto che oggi, a soli 41 anni, ha nel curriculum tre incarichi da commissario tecnico.
Il primo risale al 2019, in Belize: 2 vittorie, un pareggio e 3 sconfitte, prima di far ripartire il suo giro del mondo. Nel 2023 ecco la chiamata del Nepal: dopo un grande inizio, le qualificazioni mondiali hanno sancito un complessivo tracollo, che ha portato all’allontanamento nel 2024 con un bottino di 4 vittorie, 4 pareggi e 9 sconfitte. Da maggio 2025 guida l’Afghanistan: un inizio poco incoraggiante, con tre sconfitte e il pareggio nell’ultimo match contro l’India.
Il tutto aggiungendo ingaggi in Lettonia, Armenia (dove ha guidato anche le selezioni Under 17 e Under 19), Ghana, Cisgiordania, Indonesia, Kosovo e India. Tra il Mar dei Caraibi, l’Himalaya e la situazione forse meno accogliente di oggi, Annese non si è certo annoiato.
Fama del tecnico: 1/10
Risultati ottenuti: 4/10
Effetto sorpresa: 9/10
Coefficiente di esoticità: 10/10
Invidia: 7/10
Totale: 31
7° posto: Giovanni Trapattoni
Ogni commento sulla carriera del Trap è praticamente superfluo. Monumento vivente del tatticismo all’italiana, ha allenato club prestigiosissimi in Italia e all’estero per quasi quarant’anni, ottenendo una lunga serie di successi e diventando il simbolo dell’epoca in cui eravamo re, unendo risultati a un pragmatismo catenacciaro che oggi farebbe accapponare la pelle a molti opinionisti.
In nazionale le cose sono andate, invece, molto diversamente. Dopo essere passato dalle forche caudine dell’arbitraggio di Byron Moreno in azzurro nel 2002, il destino gli offre una nuova chance come ct dell’Irlanda, incarico che riveste a partire dal 2008, nel tentativo di centrare la qualificazione al Mondiale sudafricano. Affiancato da Tardelli, suo vice, si arrende però a un altro sgarbo arbitrale: ai playoff, un gol propiziato da un evidente fallo di mano di Henry nei tempi supplementari permette alla Francia di qualificarsi a discapito dei verdi.
Tenuto conto del torto subito, della riduzione di ingaggio per la crisi economica della federazione e delle dimissioni a fronte del cammino compromesso verso il Mondiale del 2014, l’esperienza del Trap, pur tenendo conto del fascino di quella terra meravigliosa che è l’Irlanda, non è stata propriamente delle migliori. È stata la sua ultima volta da tecnico.
Fama del tecnico: 10/10
Risultati ottenuti: 6/10
Effetto sorpresa: 5/10
Coefficiente di esoticità: 6/10
Invidia: 5/10
Totale: 32
Il fallo di mano incredibilmente non fischiato a Henry, rimpianto del Trap
6° posto: Stefano Cusin
È nato in Canada, ha vissuto in Francia e giocato a calcio in Svizzera e Nuova Caledonia, prima di intraprendere la vita da giramondo del pallone. Il legame di Stefano Cusin con l’Italia è praticamente solo di sangue e quando torna nella sua patria si limita a fare l’osservatore al servizio di Fiorentina e Under 21 o il tecnico delle giovanili ad Arezzo e Montevarchi nei ritagli di tempo concessi dal proprio ristorante.
Il tempo lo ha portato ad allenare l’Under 20 di Camerun e Congo, ma anche club in Bulgaria, Emirati Arabi, Libia, Cisgiordania, Sudafrica, Cipro e Iran, oltre ad aver ricoperto incarichi di vice in Arabia Saudita e perfino in Championship, al fianco dell’amico Zenga al Wolverhampton. La svolta internazionale è arrivata nel 2021, quando è diventato commissario tecnico prima del Sud Sudan (4 vittorie, 2 pareggi e 8 sconfitte) e poi delle Comore. Una squadra di cui è attualmente selezionatore, in forte ascesa e rinvigorita dai risultati maturati con Cusin (10 vittorie in 18 partite), grazie ai quali si è qualificata per la prossima Coppa d’Africa ed è rimasta in corsa per il Mondiale 2026 fino alla penultima giornata del girone di qualificazione.
Senza contare che si tratta di un posto dove rilassarsi e godersi spiagge notevoli, giusta ricompensa dopo il Sud Sudan e i suoi stipendi tutt’altro che da nababbi.
Fama del tecnico: 1/10
Risultati ottenuti: 8/10
Effetto sorpresa: 8/10
Coefficiente di esoticità: 10/10
Invidia: 6/10
Totale: 33
5° posto: Marco Tardelli
Quell’urlo al Bernabéu è diventato simbolo di più generazioni di italiani: Marco Tardelli ha vinto praticamente tutto da centrocampista e gli inizi da allenatore parevano piuttosto promettenti: partito dai ranghi federali, vice di Cesare Maldini, è arrivato a guidare l’Under 21, con cui ha vinto gli Europei del 2000, e la selezione olimpica a Sydney 2000, dove gli azzurrini si sono arresi ai quarti di finale contro la Spagna.
Ma poi qualcosa si rompe: Tardelli prova a lanciarsi alla guida di un club nella maniera più pericolosa possibile: a stagione iniziata, prende le redini di un’Inter orfana di Ronaldo e nel pieno di una crisi mistica da risultati. Con un clamoroso 6-0 incassato nel derby contro il Milan, la sua carriera si arena e prosegue in B senza grossi sussulti.
Ma prima della fine ecco il colpo di coda: l’incarico da ct dell’Egitto. È marzo 2004, in Egitto c’è una voglia matta di Mondiali ma il girone di qualificazione è estremamente impegnativo: di fronte il solito Camerun e una Costa d’Avorio in rampa di lancio. Dopo aver vinto le prime tre amichevoli, Tardelli parte bene ma alla quinta partita del girone i Faraoni cadono a sorpresa per 2-1 in Libia. Un affronto troppo grande per la federazione, che esonera Tardelli dopo sole nove partite, di cui cinque vinte.
Tornerà nel calcio internazionale come vice, al fianco di Trapattoni. L’Egitto invece vivrà il miglior periodo della sua storia, centrando tre successi consecutivi in Coppa d’Africa. Un’occasione persa per Tardelli.
Fama del tecnico: 9/10
Risultati ottenuti: 6/10
Effetto sorpresa: 7/10
Coefficiente di esoticità: 6/10
Invidia: 7/10
Totale: 35
4° posto: Gianni De Biasi
Un passato onorevole come calciatore, una gavetta in panchina iniziata dalle giovanili del Bassano nel 1990 e culminata nella storica doppia promozione che in due anni ha portato il Modena dalla C1 alla Serie A. Una gloria che ha dato a Gianni De Biasi una posizione nel panorama degli allenatori della nostra massima serie. Ma un successo piuttosto fugace, destinato a spegnersi in maniera rapida: un esonero a Brescia, un rapporto fatto di due tira e molla al Torino, il rapido allontanamento dall’Udinese e anche una poco fruttuosa parentesi in Spagna.
Se per altri guidare una nazionale è stato deludente o addirittura la pietra tombale della carriera, per De Biasi l’avventura come commissario tecnico dell’Albania è stata un nuovo inizio: cinque anni e mezzo in carica ne fanno il tecnico più longevo e con più panchine nella storia delle Aquile, con la ciliegina sulla torta della prima, storica qualificazione a Euro 2016, valsa anche la cittadinanza albanese ad honorem. E pazienza se il cammino si è interrotto nei gironi, il mister ha saputo fare la storia, dimettendosi nel 2017 con un bottino di 19 vittorie, 10 pareggi e 22 sconfitte. Il successo nasce anche da un lavoro di ricerca minuzioso, dato che, come dichiarato proprio dal tecnico, per aumentare la competitività della sua squadra ha passato giorni e notti intere a cercare calciatori figli di albanesi in giro per l’Europa.
Fallito il ritorno in Liga con l’Alavés, nel 2020 ecco una seconda chance, grazie all’Azerbaijan. Tre anni discreti, con 10 vittorie, 8 pareggi e 21 sconfitte, lontano dai fasti albanesi ma anche a fronte di un livello più basso.
Fama del tecnico: 6/10
Risultati ottenuti: 9/10
Effetto sorpresa: 7/10
Coefficiente di esoticità: 7/10
Invidia: 6/10
Totale: 35
3° posto: Franco Scoglio
A pochi giorni dal ventennale della sua prematura scomparsa, una menzione doverosa per un allenatore che ha raccolto meno di quanto avrebbe meritato. Franco Scoglio è stato un filosofo del pallone, a livello tattico ma soprattutto comunicativo. Ha attraversato la gavetta più autentica e non è mai riuscito ad approdare sulla panchina di una big – ha allenato il Napoli in Serie B e sull’orlo del fallimento – ma ha amato il Genoa come pochi altri. Al punto da rinunciare alla grande occasione di partecipare a un Mondiale. Già, perché al termine di Francia ’98, dopo essere stato due volte alla guida del Grifone e quando la sua fama si stava spegnendo, Scoglio diventa il ct della Tunisia, con l’obiettivo di ripetersi in vista della rassegna iridata in programma in Giappone e Corea quattro anni più tardi.
A livello di risultati, il bottino è buono: 12 vittorie, 5 pareggi e 5 sconfitte, il terzo posto in Coppa d’Africa nel 2000 e un cammino molto promettente per qualificarsi di nuovo al Mondiale, iniziato con eliminando la Mauritania e collezionando 7 punti nelle prime tre partite di un girone alla portata. E, come disse lo stesso Scoglio, vivendo da vero re in Tunisia: villa, autista, maggiordomo, cameriera e perfino sporadiche visite ad Hammamet a casa di Bettino Craxi.
Racconta di essere disposto a lasciare la Tunisia solo per una chiamata del Genoa. E così sarà: nel 2001, con i rossoblù in difficoltà, ascolta il cuore, rinunciando al Mondiale per evitare la Serie C1 alla sua gente. Una storia che finisce con la salvezza ma anche con dimissioni per incompatibilità con la proprietà, rinunciando al miliardo e mezzo concordato. Ma non rimane disoccupato a lungo: due settimane dopo ecco una nuova occasione, la Libia. Non proprio il clima ideale a livello politico, come dimostra il finale: una sola partita, una vittoria ma ingerenze governative inaccettabili: il presidente federale è Saadi Gheddafi, figlio del dittatore libico e anche calciatore della nazionale. Quando Scoglio decide di rinunciare al suo impiego nell’amichevole vinta 1-0 in Egitto viene raggiunto addirittura da minacce di morte. Troppo da sopportare, quindi rimette il suo mandato.
Per uno strano scherzo del destino, nel 2005 muore durante una diretta tv “parlando del suo Genoa”, proprio come aveva detto in passato.
Fama del tecnico: 6/10
Risultati ottenuti: 8/10
Effetto sorpresa: 7/10
Coefficiente di esoticità: 8/10
Invidia: 7/10
Totale: 36
2° posto: Alberto Zaccheroni
Un inizio come calciatore dilettante, la scalata da tecnico e l’affermazione a Udine, fino allo scudetto con il Milan nel segno del suo iconico 3-4-3: negli anni ’90, Zac è stato un allenatore di primissimo piano in Italia. Ma il successo è passeggero e, dopo le incomprensioni con Berlusconi e l’esonero dal Milan, inizia la caduta. Certo, allenando comunque squadre prestigiose, almeno inizialmente: Lazio, Inter, Torino, Juventus, ma sempre come un profilo marginale, un tappabuchi a stagione in corso.
Così, nel 2010, ecco un’occasione quasi inattesa: la chiamata alla guida del Giappone. Zaccheroni la sfrutta in pieno, con 34 vittorie, 13 pareggi e 13 sconfitte ma, soprattutto, con la vittoria della Coppa d’Asia 2011 e della Coppa dell’Asia Orientale del 2013. Un’esperienza valsa l’ingresso nella Hall of Fame del calcio nipponico e, soprattutto, l’onore di essere l’unico ct italiano all’estero a portare a casa un alloro prestigioso.
Ma non è finita qua: dopo un passaggio in Cina, Zac torna in sella con una nuova selezione, gli Emirati Arabi Uniti. Poco più di un anno con discreti risultati a fronte di un livello non esattamente eccelso: 8 vittorie, 9 pareggi, 7 sconfitte. Il tutto con ingaggi più che milionari, tanto da consentirgli di chiudere con il calcio. Che dire? Si è congedato meglio di molti altri.
Fama del tecnico: 7/10
Risultati ottenuti: 10/10
Effetto sorpresa: 7/10
Coefficiente di esoticità: 7/10
Invidia: 7/10
Totale: 38
Tadanari Lee al 109′ manda Zaccheroni in parafiso
1° posto: Francesco Moriero
Immagina di essere stato un’ottima ala a buonissimi livelli. Di aver segnato una doppietta con la maglia della Roma in una notte che sembra un sogno e diventerà un incubo al cospetto dello Slavia Praga. Di passare all’Inter, vincere la Coppa UEFA, giocare accanto al più forte di tutti e diventarne amico. E ideando un’esultanza iconica, quella del lustrascarpe di Recoba e proprio dello stesso Ronaldo. E di essere riuscito anche a vestire la maglia azzurra in un’epoca in cui emergere non è semplice, con una concorrenza spietata, arrivando perfino a disputare un Mondiale.
Eppure la carriera di Francesco Moriero come allenatore non decolla. Anzi, parte subito incredibilmente in salita. Se oggi siamo abituati a calciatori famosi che partono subito dall’alto, una ventina di anni fa le cose erano più difficili. Tanto che la prima chiamata arriva addirittura nel campionato della Costa d’Avorio. Non certo il biglietto da visita migliore per emergere in patria. Molta Serie C, poca B e con scarsi risultati: esonero a Frosinone, esonero a Grosseto, poi il ritorno in Maremma due stagioni più tardi e la retrocessione. Quindi ancora tanta C e addirittura una brevissima parentesi nel campionato albanese, conclusa con le dimissioni dopo sole due partite.
Sembra finita e invece arriva la svolta. Essere pagato per vivere in un luogo da sogno, caldo e mare tutto l’anno. E comunque continuando a svolgere la propria professione. Un sogno? No, la realtà che Checco Moriero conosce a ottobre 2021, quando diventa ct delle Maldive. Pretendere chissà quali risultati è puro ottimismo, e giudicare solo dai numeri un’esperienza che somiglia piuttosto a una vittoria alla lotteria sarebbe ingeneroso. Ma, volendo essere precisi, i risultati non sono neanche male: in due anni arrivano 6 vittorie, 2 pareggi e 7 sconfitte e, anche se la qualificazione alla Coppa d’Asia tanto agognata nella capitale Malé non arriva, non si può rimproverare nulla al pugliese.
Nell’ultimo anno ha avuto difficoltà a ricevere i pagamenti, ma è riuscito a ottenerli rivolgendosi alla FIFA. Un problemino accettabile, esattamente come altri piccoli contrattempi linguistici e alimentari: d’altronde, come lo stesso Moriero ha dichiarato in un’intervista, “ha allenato in paradiso”. Alla fine, una vittoria totale.
Fama del tecnico: 7/10
Risultati ottenuti: 6/10
Effetto sorpresa: 10/10
Coefficiente di esoticità: 10/10
Invidia: 9/10
Totale: 42