Ivan Rakitić: la straordinaria eleganza del calcio

L'addio al calcio di Ivan Rakitic ci lascia un senso di malessere e malinconia

Tra i grandi protagonisti del calcio europeo degli ultimi quindici anni c’è un ragazzo dai piedi leggeri, che danno del tu al pallone. È nato a Möhlin, in Svizzera, ma non è mai stato conquistato dal paese elvetico, perché il suo cuore è croato. Quel ragazzo si chiama Ivan Rakitić e in questi giorni ha salutato il calcio giocato. Lo ha fatto in punta di piedi, con la stessa eleganza con cui ha calcato i campi da gioco, in una carriera vincente e contraddistinta da scelte di cuore.

Se è vero che Ivan Rakitić non è mai stato un personaggio da copertina, chi ama davvero questo sport sa quanto la sua tecnica lo abbia reso centrale nei traguardi raggiunti dalle sue squadre. È stato architetto e regista silenzioso in mezzo al frastuono degli stadi, ma soprattutto rifinitore di sogni. E ora, mentre le luci si spengono sul suo ultimo palcoscenico, resta un senso di dolce nostalgia, come il tramonto dopo una lunga giornata di fine agosto.

Dalla Svizzera all’affermazione a Siviglia

La carriera di Ivan Rakitić comincia al Basilea, in quella Svizzera che gli ha dato i natali ma mai del tutto il cuore. Già da giovanissimo si prende le chiavi della squadra rossoblù, con la quale vince un titolo nazionale ma, soprattutto, si fa notare al di fuori dei confini elvetici. Il direttore sportivo dello Schalke 04 riconosce in quel modo di correre e toccare la palla il senso innato del gioco e decide di portarlo a Gelsenkirchen.

Quando arriva in Germania ha solo 19 anni ma già ruba l’occhio e il cuore di appassionati e addetti ai lavori. Resta nella Ruhr per tre anni e mezzo, siglando 16 gol in 135 partite, prima di accettare la chiamata del calcio spagnolo a 23 anni: ad accoglierlo è il Siviglia, con le sue strade calde e l’anima andalusa che sfocia in un tifo viscerale. Lì Ivan Rakitić si trasforma, diventa uomo. Le notti al Ramón Sánchez-Pizjuán sciorinano poesia, il pallone danza sotto i suoi piedi e ogni passaggio sembra un sussurro al destino.

Tre anni e mezzo di magie, di giocate improvvise e verticali, di arabeschi e pennellate dipinti nella città che fu di José Jiménez Aranda lo rendono un profilo appetito dalle big del calcio europeo. E nella stagione 2013-14 arriva la prima affermazione sul suolo continentale: è l’instancabile anima dei rojiblancos di Unai Emery, il giocatore più presente della squadra e anche il più talentuoso, oggetto del desiderio di chi vede in lui l’uomo giusto per dare nuova linfa alla zona nevralgica del campo nel nome di una qualità sopraffina. Rakitić ripaga la fiducia del tecnico e l’amore dei suoi pretendenti con una Europa League da trascinatore.

Nella competizione che rappresenta la specialità della casa a Siviglia, il croato mette insieme 18 presenze e 3 gol, due dei quali nei playoff contro lo Śląsk Breslavia e uno, ben più importante, a sbloccare il ritorno dei quarti di finale contro il Porto su rigore, dopo la sconfitta in casa dei Dragões. Alla fine sarà un’altra portoghese, il Benfica, a cadere all’atto conclusivo, disputato allo Juventus Stadium. Ivan Rakitić alza la coppa al cielo di Torino da capitano, consapevole che sarà l’ultima tappa prima di un nuovo viaggio. Ciò che non sa, invece, è che si tratta solo dell’inizio del suo lascito in termini di classe e vittorie.

Il passaggio al Barcellona

Tutta quell’eleganza e quella qualità, capaci di rendere naturale ciò che per gli altri è difficile, non possono che interessare alla squadra della città spagnola che forse più di tutte incanala arte e bellezza, anche nel calcio: parliamo ovviamente di un Barcellona, nel momento migliore della propria storia, reduce dai fasti di Pep Guardiola e passato tra le mani sapienti, ancorché meno esperte, di Luis Enrique. Ed è qui, nella città del genio di Antoni Gaudì, che Ivan Rakitic si consacra definitivamente.

Non prende il posto di nessuno ma diventa complemento perfetto di un’epoca irripetibile. È stato la grammatica di una squadra che già parlava la lingua del genio. Con il suo stile elegante e visionario ha letteralmente messo in musica le trame disegnate per i compagni di squadra e assieme agli stessi.

In quel Barcellona condivide il campo con artisti immensi di questo sport: da Messi a Neymar, da Suárez a Busquets, da Xavi a Iniesta. Fenomeni assoluti, in mezzo ai quali Ivan non sfigura, tutt’altro. La sua visione fa il paio con un’abilità nel recupero palla quasi anomala per chi ha la sua cifra tecnica. E nonostante i tre mostri sacri in mediana, Rakitić si prende un posto da titolare.

La Champions del 2015, vinta da protagonista con un gol in finale al culmine di un triplete, è il punto più alto della sua carriera, simbolo di un calciatore capace di farsi sentire e vedere solo grazie alla sua intelligenza tattica, senza mai dover eccedere o alzare la voce. È solo l’inizio di un periodo vincente di sei anni in blaugrana, fatto di altri tre titoli nazionali e tre Coppe del Re, oltre che del titolo di campione del mondo per club.

La sua Croazia

Ma la maglia che più di tutte è cucita sulla sua pelle, pur non essendoci nato, è senza alcun dubbio quella della Croazia. Con Luka Modrić e Marcelo Brozović, Ivan Rakitić ha formato uno dei terzetti di centrocampo più affascinanti della storia recente. Un trio di puro talento, di quelli forse mai visti nel calcio balcanico, degni successori del centrocampo stellare che la Croazia poté schierare allo storico mondiale di Francia 1998.

Zvonimir Boban, Aljoša Asanović e Robert Prosinečki hanno sfiorato l’impresa, dovendosi arrendere a guardare dalla tv la finale di Coppa del Mondo. Al contrario, Rakitić e gli altri sono riusciti dove nessuno si era mai spinto in patria, arrivando ad accarezzare il sogno, ad assaporare un momento unico per ciascun calciatore, raggiungendo l’atto conclusivo del Mondiale 2018. Entrambe le volte, la Croazia è stata sconfitta dallo stesso carnefice, la Francia di Zidane prima e di Mbappé poi. Un bizzarro scherzo del destino, che ricorda che nonostante il cuore e le qualità dei singoli, troppo spesso il gigante Golia ha la meglio su Davide.

Il viale dei ricordi di Ivan Rakitić: il ritorno a Siviglia e l’addio in patria

Nel 2020, chiusa l’avventura con la sua nazionale, il percorso di Ivan Rakitić nel calcio volge verso il crepuscolo. E da grande campione, il croato nato a Möhlin decide di percorrere un romantico viale dei ricordi, a ritroso, accettando di tornare a Siviglia, dove la sua stella ha iniziato a brillare: un cerchio che si chiude con la tenerezza di chi sa che il tempo è un ladro gentile.

In Andalusia milita altre tre stagioni e mezza, nelle quali il fisico non lo assiste più come un tempo ma la poesia della sua tecnica riesce ancora ad allietare i palati mai troppo sazi del pubblico andaluso e non solo. Il suo canto del cigno arriva nel 2023: un’altra Europa League, ancora ai rigori e con gli stessi colori, nove anni e molti chilometri percorsi dopo. E un’altra finale, contro la Roma, disputata in maniera perfetta, pur non senza qualche polemica che l’ha coinvolto direttamente. Un palo dalla lunga distanza, uno dei rigori nella lotteria decisiva e l’ultimo sigillo di una carriera che aveva già deciso di proseguire altrove.

Perché a gennaio le sirene arabe hanno iniziato a suonare anche per lui, rispondendo alla chiamata dell’Al-Shabab. Ma quel romantico viaggio di ritorno non è ancora finito, i petroldollari sauditi non reggono il confronto rispetto a un attraente approdo a casa. E così, a proposito di sirene, proprio come Ulisse il suo viaggio si conclude con il ritorno a casa, nella sua Croazia, dove sceglie l’Hajduk Spalato. È la prima volta che gioca nel suo Paese, sarà la sua ultima squadra. Adesso il suo percorso è totalmente compiuto. Il messaggio con cui si congeda dal mondo del calcio è semplice e sincero. Nessun clamore, solo gratitudine. Thank you, football, scrive.

Ma è chi ama il calcio a doverlo ringraziare. Perché Ivan Rakitić è stato il simbolo di uno sport ormai scomparso, un mondo poetico – quasi onirico – fatto di gesti misurati e rispetto per la maglia. Ha sempre evitato riflettori e copertine, da buon amante della bellezza e di quella semplicità che magari di primo acchito non ruba lo sguardo, ma che incanta piano piano. Ivan Rakitić lascia il campo e con lui se ne va un po’ della nostra giovinezza. Resta il ricordo di un uomo che ha saputo trasformare il calcio in un atto d’amore, raggiungendo vette inimmaginabili con la serenità delle sue giocate. Buon viaggio, Ivan. Ci siamo goduti ogni istante.

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