Guida alla lotta salvezza della Serie A 2025-26

Tra scommesse e rischiose e usato sicuro, la lotta salvezza in Serie A è sempre impronosticabile.

L’attesa è finalmente giunta al termine: dopo tre mesi torna la Serie A e riparte la caccia al Napoli vincitore dell’ultimo scudetto. Ma se la corsa al titolo e alle coppe appassiona il pubblico e catalizza l’interesse degli addetti ai lavori, non meno interessante e combattuto è ciò che troviamo nel lato B del grande disco della massima serie, ossia la lotta salvezza. Un campionato nel campionato, capace ogni anno di sfornare sorprese e lasciare col fiato sospeso fino all’ultima giornata. Vediamo nel dettaglio come si presentano ai nastri di partenza le squadre che, teoricamente, sono chiamate a evitare la retrocessione.

Come si presentano le neopromosse

Impossibile non partire dalle neopromosse, per evidenti ragioni di teorica adeguatezza dell’organico in vista dell’imminente stagione. Classificatosi al primo posto nella Serie B 2024-25, il Sassuolo non si presenta come la classica squadra proveniente dai cadetti: un’anomalia che nasce dall’inattesa retrocessione di fine 2024, figlia di una stagione nata male e difficilmente pronosticabile alla vigilia. Nei fatti, la forza economica della società emiliana ha permesso alla dirigenza di trattenere molti dei migliori giocatori anche in B, circostanza che ha contribuito a determinare sia il dominio dello scorso anno che una base di partenza solida per il ritorno in A.

Berardi, Laurienté (che ambisce a confrontarsi con palcoscenici più prestigiosi e sul quale si fanno insistenti le sirene del Beşiktaş dopo che sono saltate le trattative con Sunderland e Fenerbahçe), Thorstvedt, Volpato, Boloca, Doig appaiono tutti nomi all’altezza del massimo campionato. A loro si aggiungono i rientri dai prestiti di Stefano Turati in porta e Andrea Pinamonti in attacco, profili ormai consolidati nel nostro campionato e che permettono ai neroverdi di partire con un organico migliore rispetto alla concorrenza. Per sostituire Obiang, passato al Monza, a centrocampo sono arrivati un profilo di grande esperienza e affidabilità come Nemanja Matić, l’ex meteora milanista Aster Vranckx e Ismaël Koné, polivalente centrocampista della nazionale canadese reduce da una stagione non particolarmente fortunata tra Olympique Marsiglia e Rennes. Tre innesti che garantiranno ulteriore qualità e quantità a una mediana già attrezzata.

I dubbi principali sono legati alla linea difensiva, il reparto forse meno dotato della squadra. Sebastian Walukiewicz, Fali Candé e Jay Idzes allungano considerevolmente la rosa a livello quantitativo. In particolare, il centrale indonesiano era ambito da varie squadre, Torino su tutti, e rappresenta un investimento anche futuribile da parte del duo Carnevali-Palmieri. Tuttavia potrebbe non essere sufficiente a considerare il reparto del Sassuolo superiore rispetto alla concorrenza, senza contare che ad oggi in rosa c’è un solo terzino destro, il giovane Missori che in Serie B ha raccolto appena quattro presenze. Dopo la seconda promozione in carriera ottenuta l’anno scorso – la prima è stata quella alla guida del Frosinone – ma anche la fallimentare avventura al Lione, il tecnico Fabio Grosso è chiamato a vincere lo scetticismo attorno al suo nome, affrontando la prima vera esperienza in Serie A dopo le sole tre partite alla guida del Brescia ormai sei anni fa. Le premesse per fare bene e veleggiare lontani dalla zona a rischio sembrano esserci tutte.

Diverso il discorso per le altre due neopromosse. Il Pisa, di ritorno in A dopo un’assenza di ben 34 anni, ha iniziato l’estate con il nodo Inzaghi: il tecnico che ha guidato i nerazzurri alla promozione ha infatti deciso di sposare la causa del Palermo. Al suo posto e dopo un lunghissimo e variegato casting, i toscani hanno optato per Alberto Gilardino, reduce dall’esperienza al Genoa, conclusa – dopo una promozione in A e una salvezza tranquilla al primo anno – con un esonero difficilmente spiegabile, nonostante il buon lavoro proseguito da Vieira.

Persi alcuni dei prestiti di cui ha goduto durante la scorsa stagione per dare profondità e qualità alla rosa che ha chiuso al secondo posto tra i cadetti, quali Abildgaard, Sernicola e Solbakken, il Pisa ha scelto una strada di parziale discontinuità rispetto al progetto portato avanti finora dal proprietario Knaster. L’inizio del mercato è stato finalizzato – sulla falsariga di quanto già fatto negli anni scorsi e visto in Serie A negli anni scorsi grazie, ad esempio, al Venezia – alla ricerca di giocatori giovani e talentuosi, magari meno in vista ma da formare in casa. Ciò ha portato all’ingaggio di prospetti quali gli ex frusinati İsak Vural e Mateus Lusuardi, oltre ai centrali difensivi Daniel Denoon e Jeremy Kandje Mbambi e al prestito dall’Inter di Ebenezer Akinsanmiro. Ragazzi molto promettenti che si aggiungono ai profili già presenti in rosa di Tramoni, Meister (riscattato anticipatamente durante questa finestra di mercato), Lind, Højholt, Piccinini e i più esperti Marius Marin e Idrissa Touré, quest’ultimo reduce da una grande stagione anche a livello realizzativo. Nella seconda fase, tuttavia, sotto la Torre Pendente sono arrivati profili più esperti e già rodati, come Simone Scuffet tra i pali, Juan Cuadrado sugli esterni, Michael Aebischer in mediana e M’Bala Nzola in attacco.

A livello tattico, il Pisa è una delle poche squadre teoricamente coinvolte nella lotta per i bassifondi ad aver scelto un allenatore dall’impostazione più prudente. In fase di non possesso il sistema di Gilardino sembra facilmente replicabile: il Pisa ha gli uomini per proporre una linea difensiva a cinque e adottare un blocco basso con marcature a uomo e reparti corti che conferiscano la massima compattezza. Lo stesso tuttavia non si può dire della fase offensiva. Con la difesa ancora da completare non è ancora chiaro se sarà possibile uno sviluppo nel primo possesso simile a quello visto al Marassi: se Marin potrebbe essere l’uomo giusto per scendere tra i centrali difensivi, mancano centrali che possano allargarsi lateralmente con efficacia per trasformare il 3-5-2 in una sorta di 4-4-2. Ma ancora più significativa è l’impostazione dei due attaccanti: Tramoni potrebbe fare il Guðmundsson, ma Nzola non ha le doti associative di Retegui. Quando i due uomini chiave del Genoa di Gilardino sono stati ceduti, il campione del mondo del 2006 ha fatto molta fatica a replicare quel sistema pur disponendo in larga parte degli stessi giocatori allenati nella stagione precedente. La sensazione è che a questo mix manchi ancora qualcosa, in termini di esperienza ma anche di valore complessivo, soprattutto in difesa. Inoltre, la scelta di Nzola appare piuttosto discutibile, alla luce del rendimento tutt’altro che rassicurante tenuto nelle ultime due stagioni. L’ultima settimana di trattative dovrà regalare ancora qualcosa ma, al tempo stesso, i nerazzurri appaiono come una delle formazioni che dovrà sgomitare per confermare la categoria.

Situazione simile per quanto riguarda la Cremonese, promossa grazie ai playoff. In questo senso, la garanzia forse maggiore siede in panchina e risponde al nome di Davide Nicola, uno specialista di salvezze. Dopo anni da antitesi di Caronte, capace di traghettare le squadre lontano dall’inferno della B (con percorsi che hanno assunto i contorni del miracolo, come quelli a Crotone e Salerno), il tecnico piemontese è riuscito a portare alla salvezza il Cagliari anche prendendo il timone di comando sin dal ritiro estivo. A questa sua capacità si appellano anche i grigiorossi, ma l’impresa si preannuncia ben più ardua di quella portata a compimento in Sardegna.

Il mercato ha portato in dote alcuni profili già rodati in A, quali gli ex empolesi Giuseppe Pezzella e Alberto Grassi, Antonio Sanabria, preso dal Torino per guidare l’attacco o, il cavallo di ritorno Federico Baschirotto, cresciuto proprio in grigiorosso. Ma anche i portieri Emil Audero e Marco Silvestri, la coppia Filippo Terracciano e Warren Bondo in prestito dal Milan e l’esterno di proprietà del Napoli Alessio Zerbin, cui si aggiunge il giovane Romano Floriani Mussolini che si è ben distinto tra i cadetti con la maglia della Juve Stabia. La sensazione è un po’ opposta a quella di cui abbiamo parlato per il Pisa: se da una parte gli interventi hanno allungato la rosa con giocatori che vantano una lunga militanza in massima serie, dall’altra pare mancare un po’ di qualità, con le eccezioni rappresentate da altre due operazioni estive, il rinnovo del Mudo Vazquez e il riscatto di Jari Vandeputte.

Come nel caso del Pisa, anche la Cremonese probabilmente mostrerà un assetto difensivo. Rispetto ad altri tecnici coinvolti nella bagarre per evitare la retrocessione, l’ex allenatore del Cagliari è forse quello che ha mostrato più capacità di adattare il proprio sistema di gioco agli uomini a disposizione: di base, i lombardi dovrebbero schierarsi con una difesa a tre ma non è da escludere un sistema diverso che preveda la difesa a quattro. Ad oggi manca ancora qualcosa, ma la società è molto attiva e i profili ricercati per completare l’organico – il più vicino è Martín Payero dall’Udinese – vanno nella direzione di ricalcare il canovaccio già visto per gli acquisti fatti: conoscenza della Serie A e voglia di rilancio. Molto passerà dalle capacità di Nicola di trovare l’amalgama in un gruppo molto rinnovato.

La lotta salvezza parla molte lingue

Sebbene abbia ottenuto una salvezza tranquilla nello scorso campionato, è bene fare un breve cenno alla situazione del Genoa. Passata da qualche mese nelle mani del magnate romeno Dan Sucu, la squadra guidata da Patrick Vieira si è resa protagonista di un mercato meno bulimico rispetto a quelli che hanno caratterizzato la proprietà di 777 Partners e quella storica di Enrico Preziosi. Pochi colpi ma funzionali, come il ritorno di Leo Østigård, gli arrivi di giocatori molto tecnici e a caccia di rilancio come Valentín Carboni, Nicolae Stanciu e Albert Grønbæk per la trequarti e gli approdi dell’ex Venezia Mikael Egil Ellertsson – già acquistato a gennaio e rimasto in Laguna fino a fine stagione – e di Lorenzo Colombo, il cui annuncio in chiave ironica sui social ha avuto grande successo.

Rispetto all’anno scorso, tuttavia, mancheranno elementi importanti quali Miretti, Zanoli e Pinamonti, rientrati alla base dopo i loro prestiti all’ombra della Lanterna, oltre al vice-capitano Bani e alle remunerative cessioni di Ahanor all’Atalanta e De Winter al Milan. Nel complesso, sia in termini di finalizzazione – dove Colombo non ha ancora raggiunto picchi rassicuranti – sia dal punto di vista difensivo, la squadra rossoblù si è probabilmente indebolita, sebbene non appaia a rischio retrocessione. È comunque lecito aspettarsi qualche movimento in difesa, dove il solo Østigård e i rientri di Vogliacco – cercato da varie concorrenti per la salvezza – e Marcandalli potrebbero non bastare a colmare il buco lasciato dalle cessioni. In mediana occhio al talentino ex Marsiglia Gaël Lafont, ancora un po’ da formare fisicamente ma dotato di una classe cristallina.

Diverso il discorso legato all’Udinese, il cui pacchetto di maggioranza è vicino al passaggio a un fondo americano dopo i quasi quarant’anni di regno della famiglia Pozzo. Le zebrette sono andate nella direzione canonica, con gli acquisti di giovani di prospettiva come il portiere Alessandro Nunziante, i difensori Nicolò Bertola e Saba Goglichidze e il centrocampista Lennon Miller. A loro si aggiunge il nazionale polacco Jakub Piotrowski, profilo di esperienza e chiamato a guidare la mediana bianconera. Tuttavia il peso delle cessioni sembra essere eccessivo. Se da una parte Bijol è stato rimpiazzato (così come Lautaro Giannetti), in attacco le partenze di Lorenzo Lucca e Florian Thauvin appaiono pesantissime da digerire, anche considerando le incertezze sul futuro di Alexis Sánchez.

Il tecnico Kosta Runjaić, che tanto bene ha fatto soprattutto all’inizio della scorsa stagione, ha chiesto sin dall’inizio della sessione rinforzi per la fascia destra che al momento latitano. E oggi si trova con una grana significativa nel reparto avanzato: Keinan Davis, Iker Bravo, Brenner – anch’egli dato in partenza – e Vakoun Bayo, preso dal Watford dei Pozzo, non sembrano all’altezza di una lotta complicata come quella per la salvezza. In tal senso, è apparsa strana anche la scelta di prestare il giovane Luca Kjerrumgaard, finito nell’operazione Bayo e oggetto di uno dei consueti scambi con la squadra inglese: per quanto mostrato con la maglia dell’Odense, avrebbe potuto fare molto comodo ai bianconeri.

Per provare ad aumentare il livello del reparto avanzato, l’Udinese pareva in procinto di chiudere Walid Cheddira dal Napoli in prestito con diritto di riscatto, prima che la società partenopea lo bloccasse momentaneamente per l’infortunio di Lukaku. Nonostante quanto mostrato al Bari in Serie B ormai tre stagioni fa, il fatto che l’attaccante marocchino rappresenti realmente una soluzione per aumentare la prolificità offensiva è un’aspettativa forse troppo ottimistica: dopo una stagione non esaltante al Frosinone da 7 gol in 35 presenze, l’avventura all’Espanyol è stata disastrosa. Per l’altra maglia da titolare in attacco, l’acquisto più vicino pare quello di Nicolò Zaniolo: sicuramente un nome ma, nei fatti, reduce da diversi anni di appannamento. Limitandoci alle prestazioni in campionato, il bottino nelle ultime cinque stagioni recita 12 gol e 7 assist complessivi: un po’ poco per essere considerato una scelta di sicuro affidamento. La sensazione è che, senza un intervento significativo sul mercato e alla luce degli obiettivi primari impostati nel reparto offensivo, i friulani possano essere seriamente coinvolti nella bagarre.

Il ballo dei debuttanti

Come spesso accade, c’è chi si affida alle certezze e chi alle scommesse, anche e soprattutto in panchina. Sicuramente coraggiosa è stata la scelta del Cagliari che, dopo due anni nelle mani di allenatori pragmatici ed esperti nel portare la nave in porto come Ranieri e Nicola, si affida a Fabio Pisacane, ex tecnico della primavera e con sei stagioni da difensore rossoblù alle spalle. Oltre ai vari riscatti, sono arrivati interessanti potenziamenti nella zona centrale del campo, nello specifico Michael Folorunsho e Luca Mazzitelli, e in attacco, con l’ex Brescia Gennaro Borrelli, Sebastiano Esposito e il giovane turco Semih Kılıçsoy, un profilo che merita sicuramente grande attenzione, soprattutto alla luce dell’inattesa uscita di Piccoli che cambierà le prospettive del reparto avanzato.

Molto dipenderà da come la squadra recepirà le idee tattiche di Pisacane. Il primo cambiamento significativo è quello del modulo di partenza: dal 3-5-2 adottato da Nicola si passerà a una difesa a quattro. Zappa è destinato a prendere il posto di Zortea – passato al Bologna – sulla fascia destra e tornare al suo ruolo originario dopo un anno da braccetto. A sinistra, al posto di Augello partito in direzione Palermo, è in rampa di lancio il giovane Riyad Idrissi, rientrato alla base dopo il prestito al Modena. Non sono da escludere, comunque, colpi sulle corsie laterali in difesa. Ma l’aspetto forse più importante riguarda la centralità della costruzione dal basso, che nelle amichevoli estive i rossoblù hanno dimostrato di padroneggiare solo a intermittenza, pur non avendo subito molti gol anche negli impegni più probanti. La sensazione è che i centrali al momento siano pochi e non esattamente adeguati a questo tipo di gioco, una necessità che potrebbe essere colmata con nuovi innesti. Dal centrocampo in su, sia che si giochi con un 4-3-2-1 che con un 4-3-3, i ricambi sembrano essere molti, forse addirittura troppi. Una risorsa che il Cagliari potrà sfruttare appieno e che sembra sufficiente per poter mantenere la categoria

Se la scelta del Cagliari è sembrata coraggiosa, figuriamoci quella del Parma, che ha affidato la panchina al trentenne Carlos Cuesta, ex assistente di Arteta all’Arsenal e alla prima esperienza da capo allenatore. Nella preseason – a dire il vero poco convincente – il tecnico si è orientato su un 3-4-2-1 ma, allo stato attuale, non mancano i punti interrogativi: partiti Leoni, Man, Bonny, Mihaila e Sohm, il talento e i muscoli in rosa sembrano essere scesi in maniera preoccupante, anche considerando il grave infortunio occorso a Ondrejka, che potrebbe tornare in campo solo nel 2026 a causa della frattura al perone. Il Parma rischia di essere in forte difficoltà, pur potendo disporre di un Pellegrino pronto alla consacrazione.

Di sicuro, il gioco di Cuesta è da decifrare ma, se si prendesse come punto di riferimento il sistema adottato dall’Arsenal del mentore Arteta, oggi il gioco sugli esterni proposto dai Gunners non appare replicabile, alla luce della disponibilità dei soli Almqvist e Haj Mohamed. Sebbene il neo-acquisto Christian Ordóñez sia un giocatore apparentemente molto completo, la mediana appare un po’ fragile: pur essendo un buon centrocampista box-to-box, duttile e in grado di unire grinta in fase di non possesso a spiccate doti da incursore, l’ex Midtjylland Oliver Sørensen non ha la forza fisica di Sohm. Inoltre è da valutare la posizione in cui verrà utilizzato Bernabé: in mediana garantirebbe eleganza e geometrie ma ridurrebbe la fisicità, dietro la punta sarebbe più sostenibile ma al tempo stesso ostacolerebbe lo sviluppo del gioco sulle fasce, al momento grande nota dolente dell’organico anche vista la penuria di “quinti”.

Molto passerà quindi dalle capacità del neo-tecnico spagnolo ma, nonostante i movimenti in difesa con gli arrivi del senegalese Aboulaye Ndiaye e dell’argentino Mariano Troilo, strappato al Pisa, i ducali appaiono in forte ritardo e indeboliti in ogni reparto rispetto alla scorsa stagione. Frutto di un mercato finora incompleto e piuttosto disfunzionale, benché sia lodevole e lungimirante il tentativo di affidarsi al talento prima che all’esperienza in contesti di bassa classifica. A questo proposito, al di là dello sfortunato infortunio che lo terrà fuori a lungo, l’acquisto della punta Matija Frigan dal Westerlo per 10 milioni in un reparto che conta già Pellegrino e Djurić testimonia una certa confusione nell’individuazione delle priorità e nell’allocazione dei significativi proventi delle cessioni. In queste condizioni, la salvezza rischia di trasformarsi in un obiettivo molto complicato.

Dal talento di Kılıçsoy passano molte delle possibilità del Cagliari di scavare il solco rispetto alle altre squadre coinvolte nella lotta salvezza

Verona e Lecce a caccia di scoperte dal mercato

Chiudiamo la rassegna con due squadre che da anni cercano – e raggiungono – la salvezza affidandosi al potere delle idee dei loro direttori sportivi. Il lavoro svolto da Sogliano a Verona è senz’altro di primissimo ordine: spesso partendo da una situazione finanziaria ai limiti della compromissione, gli scaligeri hanno compiuto imprese in alcuni casi anche epiche, in rimonta e quando in pochi avrebbero puntato su di loro. Il tutto affidandosi a tecnici spesso pragmatici e chiamati a valorizzare giocatori scovati nel sommerso dei campionati europei e non solo. In particolare, il ds ha avviato un proficuo canale con i Paesi Bassi, da cui provengono i vari Suslov, Noslin e Ngonge.

Il progetto stagionale non ha cambiato direzione rispetto a quanto visto negli anni precedenti. Il confermato tecnico Paolo Zanetti dovrà fare i conti con alcune partenze illustri, quali quelle dei giovani Coppola e Ghilardi e dei più esperti Duda, Dawidowicz e Lazović. Il pacchetto arretrato è quello più trasformato: oltre alla conferma del prestito di Nicolás Valentini sono arrivati gli esperti Unai Núñez, ex Athletic Bilbao e Celta Vigo, e Victor Nelsson, visto fugacemente con la maglia della Roma nella seconda metà della scorsa stagione. Oltre a loro, a rinforzare la difesa ecco Enzo Ebosse, di ritorno in Serie A e reduce dal rilancio allo Jagiellonia dopo i molti infortuni ai tempi dell’Udinese. C’è da capire se sono in programma ulteriori rinforzi, dal momento che il reparto può contare anche sul giovane Oyegoke, atteso dal primo effettivo banco di prova dopo l’apprendistato nella seconda metà della scorsa stagione, e su Martin Frese, nominalmente un terzino ma che il tecnico ha dichiarato di apprezzare anche come braccetto.

La grande scommessa offensiva di questa stagione è il brasiliano Giovane, proveniente dal Corinthians dove non ha certo brillato per doti realizzative né per continuità, complice anche un grave infortunio che lo ha fermato un anno. È lui il giocatore chiamato a sostituire Tengstedt e a provare a garantire gol a un reparto variegato ma forse eccessivamente esotico: Mosquera, Sarr, Lambourde e Rocha Livramento non appaiono esattamente delle certezze per evitare le sabbie mobili della zona retrocessione.

Anche gli eventi recenti non sembrano offrire al Verona un traino maggiore rispetto al suo attacco: Tchatchoua è stato ceduto al Wolverhampton e si è deciso di rimpiazzarlo con un profilo tutto da scoprire come Rafik Belghali, terzino algerino reduce da una stagione in chiaroscuro con i belgi del Mechelen. Anche il centrocampo, alla luce della partenza di Duda e del grave infortunio di Suslov, appare abbondante ma poco qualitativo, seppur integrato da Yellu Santiago, altro giovane da far crescere all’ombra dell’Arena. Insomma, il solito Verona, con una base di partenza tutta da da decifrare ma in attesa di qualche altro colpo da finalizzare prima della chiusura del gong.

Parlando di squadre orientate alle possibili scoperte di mercato, impossibile non dare credito al Lecce di Pantaleo Corvino, da sempre particolarmente attento a un approccio ai limiti del “moneyball”. La prima considerazione, tuttavia, parte della scelta della guida tecnica: nel mondo social, che spesso ironizza e raramente perdona, la scelta di Eusebio Di Francesco è stata accolta con scetticismo e vista come campanello d’allarme, complici i risultati negativi di questi ultimi anni (quattro esoneri con Roma, Sampdoria, Cagliari e Verona e due retrocessioni a Frosinone e Venezia nelle ultime sei esperienze in panchina). Un’opinione eccessivamente severa nei confronti di un tecnico che, in diversi momenti della sua carriera – e anche nelle ultime due esperienze – ha dimostrato di essere un allenatore valido e preparato.

Tuttavia, il matrimonio tra Di Francesco e Lecce nasconde delle insidie che sono idonee ad allarmare i tifosi giallorossi. La prima è relativa all’adeguatezza dell’organico con la sua idea di calcio: da una parte gli uomini sembrano giusti per il 4-3-3, modulo preferito dal tecnico che, già durante il ritiro e prima che si concretizzasse la cessione di Krstović, ha ribadito che il suo sistema non prevede la possibile coesistenza tra l’ex centravanti salentino e il neo-acquisto Francesco Camarda. Dall’altra, tuttavia, nella scorsa stagione il Lecce ha impostato il proprio gioco in maniera radicalmente opposta al credo tattico del suo allenatore: dalle statistiche, i giallorossi si sono piazzati al secondo posto dietro al Bologna per numero di lanci lunghi eseguiti, una soluzione poco gradita a Di Francesco, tanto che il Venezia è risultato all’ultimo posto in questa particolare classifica. Di fatto, i salentini potrebbero avere difficoltà a proporre i giocatori giusti per la circolazione del pallone sia in difesa – dove sono arrivati il centrale ex Under 21 tedesca Jamil Siebert, solido ma non esattamente raffinatissimo, il terzino sinistro Corrie Ndaba, il polivalente Christ-Owen Kouassi e il centrale Matías Pérez – che in mediana, dove la scelta nel precampionato sembra essere ricaduta su Pierret in luogo del precedente titolare Ramadani.

La seconda, invece, riguarda lo status attuale di Eusebio Di Francesco. Le ultime due stagioni, ancorché concluse con una retrocessione, hanno visto delle complessive overperformance delle squadre guidate dall’abruzzese: sia il Frosinone che il Venezia hanno sfiorato la salvezza con organici non all’altezza della concorrenza. Viene il dubbio che la figura dell’ex tecnico lagunare sia associata a quella dell’allenatore in grado di far rendere molto bene squadre con difetti di costruzione, facendole competere per l’obiettivo minimo perseguibile. Una prospettiva che dovrebbe spaventare i tifosi salentini, visto il mercato sin qui deficitario: la partenza di Baschirotto è piuttosto inspiegabile e la scelta di affidarsi a un calciatore della seconda serie tedesca – il già menzionato Siebert – per rimpiazzare un calciatore che aveva perfino guadagnato la convocazione in nazionale appare quantomeno avventurosa. Con la cessione di Krstović, inoltre, l’unica punta in rosa ad oggi è Camarda. Parliamo di un talento purissimo ma anche di un ragazzo classe 2008 che non ha ancora avuto regolarità di impiego né, men che mai, realizzativa.

In mediana gli unici volti nuovo ad oggi sono rappresentati dai rientri dai prestiti di Maleh e Oudin, reduci da una stagione tutt’altro che esaltante e possibili partenti. Le poche garanzie di competitività vengono dagli esterni d’attacco, dove ai vari Tete Morente, Pierotti, Banda e N’Dri si è aggiunto il neo-acquisto Riccardo Sottil. Se è vero che l’ex viola può rendere al massimo in questo contesto, in generale mancano gli innesti idonei a garantire una rosa all’altezza della salvezza.

Un’analisi tattica della prima parte della stagione di Di Francesco a Venezia. Un modo di giocare che ha permesso al Venezia di lottare per salvarsi con un organico inferiore alla concorrenza

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