I Mondiali di atletica 2025 hanno definitivamente consacrato l’Italia

Dall'oro di Furlani ai podi di Batocletti e Palmisano: com'è andata la spedizione azzurra ai Mondiali di atletica 2025.

È un’Italia da record quella che ha appena concluso i Campionati Mondiali di atletica 2025 a Tokyo. Dopo trent’anni, la spedizione azzurra è stata in grado di migliorare il suo miglior risultato in termini di medaglie iridate che risaliva a Göteborg 1995 (due ori, due argenti e due bronzi) portandolo a sette: un oro, tre argenti e tre bronzi. Una crescita che va celebrata perché solo dieci anni fa, nell’edizione di Pechino 2015, il bottino azzurro era stato un tremendo zero. Da Tokyo a Tokyo: i Giochi olimpici del 2021 hanno rappresentato il boom per l’atletica italiana con quelle cinque medaglie d’oro storiche che hanno risollevato un movimento in crisi da troppi anni, oggi Tokyo 2025 rappresenta la conferma di un gruppo che, pur con interpreti diversi, si è ripreso la scena nel panorama internazionale.

Furlani è ormai un big

L’oro azzurro porta la firma di Mattia Furlani nel salto in lungo. Che siamo di fronte a un campione si capisce guardando il suo palmarès a soli 20 anni: nel 2024 ha vinto il bronzo olimpico e l’argento agli Europei e ai Mondiali indoor, nel 2025 ha conquistato l’oro iridato sia su pista che indoor e l’argento agli Europei indoor. Ma la sua grandezza emerge osservando la sua tenuta di gara, la sua capacità di restare concentrato nei momenti che contano. È un agonista nato, ben consapevole dei propri mezzi, ma decisamente umile. Quando viene intervistato e inizia ad analizzare la sua prova lo fa parlando al plurale. Dice “abbiamo saltato”, come se non facesse uno sport individuale, come se davvero fossero sempre insieme a lui tutte le persone che lo supportano negli allenamenti.

A cominciare da mamma Khaty Seck, ex sprinter senegalese, che oggi è la sua guida, un’allenatrice che lo segue passo dopo passo e di cui si fida ciecamente, perché il talento è innato, ma anche quello va educato. Nella finale, dopo quattro salti Furlani era al quarto posto con due nulli, un 8,13 e un 8,22. È al quinto tentativo che arriva il capolavoro: un 8,39 che diventa il nuovo record personale, sufficiente a scavalcare tutti e piazzarsi al primo posto in classifica. Diventa il più giovane campione mondiale del salto in lungo della storia superando Carl Lewis, che vinse il suo primo titolo iridato nel 1983 a 22 anni.

I margini di miglioramento dello Spiderman rietino sono ancora incredibili, è uno degli atleti più dotati della sua generazione, ma soprattutto dimostra di vivere la passione per l’atletica nel modo più giusto e più sano. Dopo la vittoria non riesce a trattenere le lacrime e ammette:

Faccio quello che amo, sono più felice di questo che di essere campione.

Nadia Battocletti è la certezza dell’atletica azzurra

L’altro volto dei Mondiali è quello di Nadia Battocletti, anche lei figlia d’arte e allenata dal padre Giuliano. Ai Mondiali giapponesi ha preso parte a due gare, portando a casa una medaglia in ciascuna di esse: argento nei 10.000 metri, bronzo nei 5.000, quasi come a Parigi 2024, dove però ha dovuto accontentarsi del quarto posto nella distanza più breve. La crescita della venticinquenne trentina è esponenziale: negli ultimi due anni è stata campionessa europea nei 5.000 e nei 10.000 metri, oro agli Europei di cross e agli Europei su strada nella 10 chilometri e argento olimpico. Adesso si è presa anche questi due podi iridati, i primi della carriera. Nella sfida del mezzofondo tra Kenya ed Etiopia c’è una ragazza italiana che sta cambiando le carte in tavola. Le atlete hanno imparato a conoscerla, sanno quale sia il suo ritmo nella fase conclusiva e gestiscono la loro gara anche in relazione a lei. La rispettano. “Ti metteranno a dura prova, potresti faticare, ma ricordati che se fatichi tu, faticano anche loro”, le aveva detto papà Giuliano.

Nella sua prima prova in programma, quella dei 10.000, è sempre rimasta nel gruppo di testa con l’oro olimpico Beatrice Chebet, la campionessa mondiale Gudaf Tsegay e la detentrice del record mondiale della 10 chilometri su strada Agnes Jebet Ngetich. Solo Battocletti, però, è stata capace di reagire all’attacco decisivo di Chebet e a seguire la sua scia per prendere un secondo posto di grande spessore con tanto di nuovo record italiano (30’38”23). Nei 5.000 metri, qualche giorno dopo, l’azzurra ha addirittura provato a mettersi davanti, subendo solo nel rettilineo finale il sorpasso da parte di due fenomeni come la solita Chebet e l’altra keniota Faith Kipyegon. Nadia ha forza e resistenza nelle gambe, ma anche pregi caratteriali evidenti come la modestia. Pare non realizzare mai fino in fondo di cosa è capace, si sorprende ancora di correre alla pari delle più grandi, dice che quello che sta vivendo è come un sogno. Ma questo sogno lo ha costruito lei, un mattoncino alla volta. “In specialità come la mia il trono appartiene all’Africa. Vorrei portare l’esempio, specie ai bambini, che un trono non appartiene a nessuno se non al mondo”. E Nadia lo sta dimostrando.

Palmisano, tra argento e amicizia

Una delle storie più belle del Mondiale è arrivata già il primo giorno con la 35 km di marcia femminile. L’Italia ha potuto subito festeggiare grazie all’argento di Antonella Palmisano, campionessa olimpica a Tokyo 2020 nella 20 km e adesso capace di riscoprirsi competitiva a 34 anni anche in una distanza diversa. Una corsa dura per il clima molto caldo, per la fatica e i crampi che si sono fatti sentire, ma l’azzurra ha resistito. Davanti a lei solo la spagnola María Pérez, 29 anni, già campionessa mondiale nel 2023 sia nella 20 che nella 35 km e argento olimpico a Parigi.

L’iberica conclude al primo posto, festeggia, poi si ferma davanti al traguardo per aspettare Palmisano a braccia aperte e quando la vede le fa l’inchino. L’immagine del loro abbraccio ci restituisce il vero senso dello sport, in cui c’è rivalità ma anche grande amicizia. Palmisano ha ammesso che negli ultimi anni lei e Pérez si sono allenate spesso insieme e che averla vicina è stato uno stimolo fondamentale per decidere di continuare a gareggiare. Pérez ha spiegato che Antonella è stata il suo idolo e che grazie a lei è diventata migliore come persona e come atleta. Un rapporto di stima e fiducia che le ha spinte a creare un gruppo dove le due condividono tutti i loro allenamenti e i relativi tempi. Sembrerebbe assurdo rivelare alla più grande avversaria i propri risultati, eppure per queste due campionesse è un modo per accendere una sana rivalità che le motiva.

Anche nella 20 chilometri Pérez ha conquistato l’oro, mentre Palmisano è stata costretta al ritiro. Nonostante l’abbandono della competizione era al traguardo ad aspettare e celebrare l’amica, nonché per consegnarle la bandiera spagnola. “Una parte di questa medaglia è per te, Antonella, e per il tuo staff. La condivido con te perché siamo una famiglia. Non sono una campionessa olimpica, ma ho un’amica sincera”. Che non si dica mai più che le donne non sanno fare squadra.

La rivincita di Dallavalle

Nel salto triplo ti aspetti Andy Diaz e invece arriva Andrea Dallavalle. Il piacentino, che compirà 26 anni il 31 ottobre, si era qualificato per la finale con la quarta misura (17,08) e quarto era proprio il posto che occupava in classifica fino all’ultimo salto della giornata in cui si assegnavano le medaglie. Sembrava un’altra beffa, dopo essere finito ai piedi del podio ai Mondiali 2022. E invece all’ultimo tentativo l’azzurro si è superato, volando fino al 17,64, che non solo ha migliorato di ben 28 centimetri il suo primato personale, ma che lo ha fatto balzare in testa alla classifica. Per qualche minuto ha sognato di salire sul tetto del mondo, poi il campione portoghese Pedro Pichardo (oro a Tokyo 2020, argento a Parigi 2024 e già campione del mondo nel 2022) ha risposto con un balzo da 17,91.

Il risultato finale è un secondo posto importantissimo perché è la prima medaglia iridata di Dallavalle, che lo pone in una dimensione nuova e arriva come ricompensa dopo una carriera costellata di infortuni: prima un intervento al menisco, poi un problema al bicipite femorale, le ultime due stagioni condizionate da una distorsione alla caviglia destra. Questa affermazione arricchisce un palmarès in cui spiccavano già l’argento agli Europei 2022 e il bronzo agli Europei indoor a marzo di quest’anno. Rassegna amara, invece, per Andy Diaz, l’azzurro più atteso dopo il bronzo olimpico a Parigi 2024. La sua stagione finora era stata stellare: oro agli Europei e ai Mondiali indoor e vittoria in Diamond League. Sulla pista di Tokyo, però, non è mai sembrato a fuoco, né durante le qualifiche, né in finale. Un ritmo lento e poco efficace, due salti nulli e diversi problemi con la rincorsa: ha chiuso sesto davanti alla mamma Milagros che era arrivata per sostenerlo dal vivo, ma il suo talento non è in discussione. La rivincita col connazionale Pichardo (entrambi sono nati a Cuba) è solo rimandata.

I bronzi e le emozioni di Aouani e Fabbri

Dalle case popolari di Ponte Lambro, Iliass Aouani è salito sul podio iridato nella maratona. Una delle gare simbolo dell’atletica che non vedeva un azzurro a medaglia da 23 anni. Ci è riuscito il quasi trentenne (li compirà il 29 settembre) nato in Marocco e arrivato in Italia a due anni, ingegnere laureato negli Stati Uniti, che oggi si allena a Ferrara. L’anno scorso non era stato convocato ai Giochi Olimpici di Parigi, quest’anno si è preso la rivincita vincendo l’oro europeo e il bronzo mondiale. È il suo momento perfetto, quello della piena maturità, in cui le speranze diventano concrete. Fino agli ultimi metri della gara iridata corre fianco a fianco con Alphonce Simbu (Tanzania) e Amanal Petros (Germania), poi chiude terzo e si mette al collo “una medaglia che arriva dal niente”. Aouani è un atleta che sa soffrire, un filosofo della corsa che crede nel destino e nel lavoro, che non ha paura di prendersi i propri meriti e di condividerli con chi ha saputo essere folle quanto lui, per ispirare e spingere a sognare in grande:

Quando ci credi abbastanza i sogni si realizzano, basta perseverare. La parola impossibile sta nel dizionario delle persone che vivono di scuse.

Una mentalità da vincente che lo sta portando lontano e che, ci tiene a specificarlo, non lo appaga perché c’è ancora molto da fare. Da sottolineare anche l’ottimo sesto posto di Yohanes Chiappinelli, detentore del record italiano.

Bronzo nel getto del peso anche per Leonardo Fabbri, fiorentino classe 1997. La sua è una medaglia che può rappresentare un nuovo punto di partenza e che dà il morale giusto per la prossima stagione. L’azzurro è campione europeo in carica, argento ai Mondiali 2023, ma era reduce dalla delusione di Parigi 2024, in cui non era stato in grado di raggiungere le sue solite misure e aveva chiuso quinto. Il suo record, che è anche il primato italiano, è 22,98: a Tokyo gli basta raggiungere i 21,94 per essere sul podio. Sa che può fare di più, ma chiude la rassegna iridata con il sorriso, dice addirittura che questa è stata la sua gara più bella per come ha saputo condurla, per il carattere dimostrato nonostante le difficoltà. Fabbri ha recuperato la tranquillità e la consapevolezza di essere sempre tra i migliori al mondo, l’Italia ritrova uno dei suoi assi.

Gli azzurri delusi dai Mondiali di atletica 2025

A uscire sconfitta da questa edizione iridata è la velocità italiana: nei 100 metri sia Marcell Jacobs che Zaynab Dosso non sono riusciti a superare le semifinali, nei 200 metri Filippo Tortu e Fausto Desalu tra gli uomini e Dalia Kaddari e Vittoria Fontana tra le donne sono stati eliminati già in batteria. Ancora peggio le staffette: la 4×100 femminile con Vittoria Fontana, Gloria Hooper, Dalia Kaddari e Alessia Pavese non è neanche stata in lizza per la qualificazione perché Fontana in prima frazione si è subito infortunata, mentre la 4×100 maschile con Fausto Desalu, Marcell Jacobs, Lorenzo Patta e Matteo Melluzzo ha vissuto una batteria shock in cui Jacobs si è scontrato con il sudafricano Shaun Maswanganyi, condizionando tutta la prova. L’Italia ha fatto ricorso, ma è stato respinto e la responsabilità del danneggiamento è stata data all’azzurro. Una controprestazione rispetto ai Mondiali 2023, in cui gli uomini furono d’argento e le donne quarte.

C’è sicuramente bisogno di qualche riflessione in più per capire come tornare competitivi. Al femminile scalpita la quindicenne Kelly Doualla, campionessa europea Under 20, mentre al maschile bisognerà capire cosa deciderà di fare Marcell Jacobs. Dopo la prestazione nei 100 metri, l’azzurro ha rivelato che sta pensando al ritiro, ma è certo che, anche dopo un anno difficile come questo, la sua presenza resta comunque fondamentale per l’atletica italiana. Il campione olimpico di Tokyo 2020 è ancora l’azzurro più veloce in circolazione e, senza infortuni, può essere ancora tra i migliori e dare una grossa mano alla squadra.

Bisognerà capire se, come ha spiegato, “ha ancora voglia di soffrire”. Il bisogno di dedicarsi alla famiglia sembra forte, i 30 anni potrebbero segnare uno spartiacque nella sua vita, dato che essere un atleta comporta seguire uno stile di vita che solo chi lo vive può capire. Su questo ragazzo, che ci ha fatto vivere sogni che non osavamo neanche immaginare, si sprecano critiche assolutamente ingiuste se guardiamo cosa è stato in grado di fare: non solo lo storico doppio oro olimpico ma anche il titolo continentale nel 2022 e 2024 su pista e quello indoor nel 2021. Senza dimenticare l’oro ai Mondiali indoor nel 2022, il quinto posto a Parigi, il record europeo nei 100 metri e un contributo decisivo per quanto di bellissimo fatto dalla staffetta nelle ultime cinque stagioni. Il direttore tecnico della Fidal Antonio La Torre ha detto: “non posso pensare a una velocità italiana senza Jacobs e Tortu il prossimo anno”. La speranza è che nasca in lui la voglia di proseguire in quest’ultimo quadriennio.

Tra gli altri delusi anche Gianmarco Tamberi, che ha voluto comunque essere presente a Tokyo nonostante una condizione fisica precaria: come a Parigi 2024 l’azzurro non ha voluto arrendersi al destino, ma la prestazione offerta non gli ha reso giustizia e lo ha condannato all’eliminazione nelle qualificazioni del salto in alto. Insistere anche stavolta forse non è stata la scelta giusta perché, considerando l’andamento generale della sua disciplina, non è difficile pensare che con uno stato di forma ottimale Tamberi potrà ancora dire la sua. Chiedere pazienza a un irruento di natura come il capitano azzurro è azzardato, ma mai come stavolta è necessario prendersi il tempo giusto per un grande rientro.

Chi potrà e dovrà rifarsi è anche Larissa Iapichino: dalla ventitreenne azzurra tutti si aspettavano il podio, invece le è mancata la lucidità giusta durante le qualificazioni e ha mancato l’accesso alla finale. Come nel caso di Furlani, parliamo di una grandissima risorsa per il presente e per il futuro del salto in lungo: Iapichino ha tutte le doti necessarie e anche una grande maturità, come dimostrato nell’autoanalisi dopo l’eliminazione. Il quarto posto ai Giochi, le due vittorie consecutive in Diamond League e la piazza d’onore agli Europei non arrivano per caso. Con l’aiuto dell’allenatore e papà Gianni può costruire la mentalità giusta per raggiungere altri grandi traguardi.

Tra gli azzurri che si sono fatti notare positivamente ci sono Edoardo Scotti, che ha realizzato il nuovo primato italiano dei 400 metri (44.45), Francesco Pernici che ha firmato il suo record negli 800 metri (1.43.84) ed è stato il primo degli esclusi dalla finale e Sara Fantini, settima nella finale del lancio del martello. Beffato per soli tre millesimi dall’accesso alla finale il campione europeo Lorenzo Simonelli nei 110 ostacoli. Unica staffetta italiana capace di entrare in finale è la 4×400 femminile con Anna Polinari, Virginia Troiani, Eloisa Coiro (Alessandra Bonora in batteria) e Alice Mangione.

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