Agli US Open 2025 Sinner ha trovato il miglior Alcaraz di sempre

Con la sconfitta in finale agli US Open, Jannik Sinner non è più il numero 1 del mondo e ha lasciato il primato al miglior Alcaraz mai visto sul cemento.

A caldo, subito dopo l’ultimo punto della finale degli US Open 2025, Jannik Sinner sembrava piuttosto rilassato, con uno spirito ben diverso da quello che aveva mostrato dopo la sconfitta al Roland Garros. In quell’occasione c’era il tarlo dei tre match point sprecati a tormentarlo. Questa volta invece il tennista azzurro ha ammesso senza mezzi termini di aver fatto tutto quello che poteva. Il problema è che in questo caso non è bastato, contro quello che è stato probabilmente il miglior Carlos Alcaraz mai visto finora su un campo da tennis. Lo spagnolo ha trionfato in quattro set con il punteggio di 6-2, 3-6, 6-1, 6-4, ha vinto il suo sesto titolo dello Slam in carriera e allo stesso tempo è tornato alla posizione numero 1 della classifica ATP, spodestando proprio Sinner dopo 65 settimane consecutive.

I problemi di Sinner

Bisogna innanzitutto chiarire una cosa: il fatto che Sinner abbia fatto il possibile non significa automaticamente che abbiamo visto la sua versione migliore. Anzi, tutt’altro. Al di là dei tanti errori commessi anche con colpi solitamente affidabili, il nativo di San Candido ha chiuso la partita con una percentuale bassissima di prime messe in campo, il 48%, con un minimo del 36% nel quarto set, ai quali si aggiungono quattro doppi falli e solo due ace. Troppo poco per sperare di mettere in difficoltà uno come Alcaraz, anche se la seconda ha funzionato piuttosto bene.

Dopo la squalifica per doping, il servizio è tornato a essere un problema per Sinner, come se l’azzurro stia ancora facendo fatica a ritrovare il movimento giusto. Negli ultimi mesi, la battuta è stata sempre una grossa incognita per lui, con i buoni risultati di Wimbledon alternati a prestazioni sotto la sufficienza come nei tornei sul cemento americano. A volte l’altalena di rendimento si è vista anche all’interno di singole partite, come nella finale del Roland Garros.

Nei prossimi mesi, dunque, Sinner dovrà lavorare con il suo staff per rimetterlo a punto e ritrovare soprattutto una buona continuità, visto che sulla qualità non si discute. Una missione tutt’altro che impossibile: basterà ricostruire il movimento giusto – già trovato nel recente passato – o sistemare qualche meccanismo. “Piccole cose, ma possono fare grandi differenze” come le ha definite lo stesso tennista. Più difficile sarà invece raggiungere il secondo obiettivo, quello su cui Sinner si è soffermato maggiormente in conferenza stampa dopo la fine del torneo:

Oggi ero troppo prevedibile, non ho variato abbastanza. Quello che avevo fatto bene a Londra, lui lo ha fatto meglio qui. È semplice: bisogna accettarlo e andare avanti. A volte bisogna uscire dalla comfort zone, allenarsi in modo diverso e accettare qualche sconfitta in più per provare qualcosa in più. Questa è la soluzione per diventare un giocatore completo. Adesso va messo un altro mattoncino. Ci vuole tempo. Non è che da un giorno all’altro divento mancino, ma passo dopo passo posso crescere.

L’immagine dei “mattoncini” è stata finora una costante della carriera di Sinner, che al contrario di Alcaraz, dotato di un talento più naturale, ha dovuto costruire gradualmente il proprio tennis. Una sconfitta di queste proporzioni l’altoatesino la visse per esempio agli Australian Open del 2022, quando fu eliminato ai quarti da Stefanos Tsitsipas. Fu allora che optò per un cambio di guida tecnica – da Riccardo Piatti, che l’aveva cresciuto, a Simone Vagnozzi – e per un restyling piuttosto profondo del proprio gioco, a partire dalla messa a punto del servizio. Da lì, insomma, partì il percorso che l’avrebbe portato nel 2024 a vincere il suo primo Slam, proprio in Australia, e poi a diventare persino numero 1 al mondo.

Un Alcaraz ingiocabile

Nel corso di quasi tutta la finale, Carlos Alcaraz ha giocato invece un tennis di livello superiore sia in battuta che in risposta ed esaltandosi con il dritto (da sempre il suo colpo migliore) tanto quanto con il rovescio. Proprio i miglioramenti con quest’ultimo fondamentale sono stati la chiave di volta della sfida. A Londra, Sinner aveva sfruttato questo suo lato “debole” (le virgolette sono d’obbligo, visto che parliamo di uno dei tennisti più completi di tutti i tempi), mentre a New York è rimasto sorpreso dai miglioramenti dello spagnolo.

Sul proprio rovescio, dopotutto, lo spagnolo stava già lavorando da tempo. Già a giugno, l’ex campione statunitense Andre Agassi aveva fornito un’analisi interessante dei cambiamenti attuati dallo spagnolo, facendo notare soprattutto come avesse modificato il movimento. In estrema sintesi, ora Alcaraz porta indietro la racchetta con il braccio destro quasi teso e il braccio sinistro sotto controllo, simile a un colpo da golf. Questa tecnica gli consente di prolungare il tempo di contatto con la palla, ottenendo così più profondità, stabilità e capacità di confondere l’avversario, come visto in finale con i colpi in lungolinea in uscita dagli scambi, una novità nelle sfide fra i due.

Dopo la finale persa a Wimbledon, poi, il murciano ha lavorato ulteriormente sul rovescio come sul servizio, per cercare di recuperare il gap dimostrato da Sinner. A confermarlo dopo gli US Open è stato anche il suo allenatore Juan Carlos Ferrero:

Abbiamo rivisto le partite del Roland Garros e di Wimbledon. Abbiamo cercato di individuare le piccole cose che potevamo migliorare per affrontare meglio i match successivi contro Jannik. È stato importante, perché ci siamo allenati per 15 giorni concentrati sui dettagli che dovevamo migliorare in vista di questa sfida. Sappiamo che su questa superficie, sui campi duri, contro Jannik è sempre difficile giocare e lui vince tante partite. Sì, credo che sia servito molto, perché Carlos ha capito cosa doveva migliorare e io ero concentrato su questo.

I risultati di questo training sono stati evidenti: Alcaraz ha subito vinto il Masters 1000 di Cincinnati – complice anche il ritiro di Sinner in finale, che ha privato probabilmente l’azzurro di un test importante – e ha letteralmente dominato gli US Open, come dimostrano i numeri. Lo spagnolo è infatti arrivato in finale senza perdere un set, impresa che in passato era riuscita soltanto a Federer. In tutto il torneo, inoltre, ha concesso solo 10 palle break, sintomo di turni di battuta di qualità altissima.

Alcaraz sembra migliorato molto però anche dal punto di vista mentale, riuscendo a limitare i suoi classici momenti di pausa. Che ci sono ancora, come ha dimostrato il secondo set della finale, ma che sono più limitati e “gestibili”. Per tutto il torneo lo spagnolo è sempre partito forte, ottenendo il break nei primissimi turni di servizio degli avversari, per poi cercare di assorbire in maniera più efficace gli eventuali cali di concentrazione. Anche con Sinner è avvenuto lo stesso, con palle break ottenute in avvio di tutti i parziali (e trasformate nel primo e nel terzo set, ovvero in quelli che si sono rivelati i momenti più decisivi).

Gli highlights di una finale dominata da Alcaraz

Gli US Open 2025 rappresentano un’inversione di tendenza?

Fra le tre finali Slam giocate da Sinner e Alcaraz negli ultimi mesi, quella degli US Open è stata in ogni caso la meno bella e appassionante, proprio perché ha seguito quasi sempre un andamento a senso unico. Ad analizzarle nel loro complesso, invece, si può notare come nel corso del 2025 ci sia stata una sorta di inversione di rotta, con l’italiano che si è avvicinato di molto o ha persino superato lo spagnolo sulle superfici dove quest’ultimo sembrava imbattibile, ovvero la terra rossa e l’erba, mentre si è fatto scavalcare sul proprio terreno di caccia preferito, il cemento. Il 2026 ci dirà se si tratta di una tendenza decisa o se le carte sono destinate a essere rimescolate ulteriormente, come sembra più probabile. È facile ipotizzare che anche nel corso della prossima stagione saranno loro due a monopolizzare le finali degli Slam, salvo infortuni, sorprese clamorose o una crescita improvvisa da parte di altri rivali.

Intanto, però, una prima rivincita arriverà già nei prossimi tornei autunnali sul cemento indoor, in particolare al Masters 1000 di Shanghai, nei primi giorni di ottobre, e alle ATP Finals che si giocheranno a novembre a Torino. Difficile però pensare che Sinner possa recuperare la prima posizione della classifica mondiale in tempi rapidi. Da qui a fine anno, l’azzurro dovrà infatti difendere 2880 punti, conquistati nel 2024 con la finale a Pechino ‒ persa proprio contro Alcaraz ‒ e i titoli a Shanghai e alle ATP Finals. Nello stesso periodo, il rivale ne conquistò invece solo 950.

Lo spazio per la possibile rimonta ci sarà allora tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera del 2026, quando Sinner, dopo gli Australian Open, potrà sfruttare il fatto di essere stato fermo quest’anno per tre mesi a causa della squalifica per doping, saltando in particolare i Masters 1000 di Indian Wells, Miami, Montecarlo e Madrid. La perdita della prima posizione non deve rappresentare un dramma, anzi. Chissà che il fatto di dover inseguire non spinga infatti ulteriormente Sinner a cercare di migliorarsi.

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