L’intelligenza artificiale ha già cambiato il calcio

Il mondo odierno è continua produzione ed interscambio di dati. Ne produciamo continuamente con le nostre azioni quotidiane. a cominciare dalle interazioni sui social network. Lo stesso fanno gli oggetti (materiali e non) con cui abbiamo a che fare. Basti pensare alla playlist che ascoltiamo su Spotify, o alle alle liste dei nostri acquisti su Amazon o ai dati prodotti dalle nostre auto, o alle richieste che facciamo agli assistenti vocali. I nostri dati vengono continuamente interpretati per proporci prodotti e idee che vengano incontro alle nostre esigenze.

Quindi perché stupirci se dati e informazioni possono essere utilizzati nel mondo del calcio?

Questo enorme insieme di informazioni, i Big Data, sono il carburante perfetto per l’Intelligenza Artificiale che, invece, necessita di enormi quantità di dati per poter “esprimere” la propria interpretazione di essi. Esiste dunque una forte interdipendenza: da una parte i Big Data per la loro dimensione e complessità forniscono risultati rilevanti solo se si dispone di grandi capacità di analisi come quelle introdotte dall’IA; dal canto suo l’Intelligenza Artificiale raggiunge gli obiettivi per cui è programmata solo se ha a disposizione una grande quantità di metriche da analizzare (i Big Data) per trovare correlazioni nascoste. 

 

AI in sostituzione delle persone?

L’intelligenza artificiale come può essere impiegata nel calcio? E soprattutto, sarà in grado di sostituire l’essere umano e le sue intuizioni?

Di certo questa tecnologia vede già un forte impiego in alcuni sport che si dividono essenzialmente in due macro categorie:

  • sport ad alta ripetitività (come il baseball o il football)
  • sport ad alta concentrazione tecnologica (Formula 1, MotoGP)

Qui la quantità di dati disponibili è imponente e già da alcuni anni, soprattutto negli sport motoristici, la tecnologia e l’intelligenza artificiale svolgono un ruolo determinante nel set up delle auto e delle moto: l’utilizzo del simulatore, ad esempio, aiuta la componente ingegneristica nel trovare accorgimenti d’assetto in determinate condizioni di pista e meteo.

Perché l’intelligenza artificiale sostituisca però il lavoro umano, soprattutto in uno sport come il calcio dove è da relativamente poco tempo che si accumulano certi tipi di dati, occorre che si verifichino due condizioni:

  • l’AI deve essere “allenata” da insiemi di dati completi, in grado di descrivere una o più specifiche attività, rendendole riproducibili in modo sistemico
  • queste attività devono essere ripetitive; o almeno, quanto più un’attività è ripetitiva, più l’AI è in grado di “prenderne coscienza” sostituendo la componente umana nello svolgerla.

 

Il calcio dominato dall’AI?

Per quanto detto, quindi, è molto difficile che queste due condizioni si verifichino nel calcio, specialmente nel breve termine. Anche perché se è vero che si stanno piano piano collezionando sempre nuove informazioni riguardanti “il campo” e l’aspetto puramente tecnico/tattico del gioco, il calcio è un gioco estremamente complesso, ogni partita, ogni azione, ogni passaggio sono il risultato di un’infinità di fattori diversi che non sempre si riesce a ricondurre ad un insieme finito di informazioni e algoritmi in grado di interpretarli.

Ad oggi non pare essere imminente una sostituzione delle professioni “di campo” nel calcio da parte di fantomatici “algoritmi sabermetrici”, come si è visto nel film “Moneyball” in cui Brad Pitt interpreta il rivoluzionario general manager degli Oakland Athletics Billy Beane.

La componente umana, specialmente quella relativa a figure tecniche come allenatori e osservatori, al momento risulta ancora più competente di una AI. L’esperienza e la conoscenza maturata da un essere umano sono ancora premianti rispetto a quanto una AI è in grado di “imparare” dalla mole di dati a disposizione attualmente.

 

AI a supporto dei professionisti

Anche se la componente umana continuerà a svolgere un ruolo predominante all’interno di uno sport come il calcio per molti degli aspetti e dei settori che lo caratterizzano, è innegabile che l’intelligenza artificiale possa diventare col tempo un supporto sempre più rilevante (se non ingombrante) e che, nel giro di pochi anni, chi se ne doterà, potrà garantirsi un vantaggio competitivo importante. 

Inizialmente, come spesso avviene e come di fatto sta capitando con la data analytics, ci saranno club che si faranno trovare pronti a tale cambiamento, altri meno e altri ancora che si opporranno in modo radicale. Tendenzialmente questo spartiacque sarà delineato dalla potenza economica delle società: quelle dotate di ampio margine di manovra saranno indubbiamente quelle che per prime e con più investimenti cercheranno di definire un solco tra loro e “il resto” dei club.

A questo proposito, è notizia di pochi mesi fa l’assunzione da parte del City Football Group di un ex astrofisico, in qualità di ‘Head of Football AI’: Laurie Shaw.

Laurie Shaw, nuovo collaboratore del Manchester City

A differenza di quanto stiamo osservando con la data analytics, che di fatto è un po’ l’antenato della AI, i club che si opporranno o che non si faranno trovare pronti a inserire nei loro processi interni l’intelligenza artificiale accumuleranno molto velocemente uno svantaggio competitivo che potrebbe diventare estremamente difficile da colmare a causa della velocità con cui l’AI si sviluppa e “impara” da ciò che ha a disposizione.

Sulla base di questa convinzione, è interessante analizzare quali aspetti del calcio, sia fuori che dentro al campo, saranno impattati per primi e quali in misura maggiore.

 

Scouting

L’AI, analizzando quantità enormi di dati relativi alle partite disputate da giovani calciatori, valuta l’impatto che un atleta può avere su una squadra. Delinea le caratteristiche che più si adattano allo stile di gioco che il club persegue consentendo agli scout di identificare nuovi talenti e valutare più efficacemente i potenziali acquisti.

Una metodologia adottata in questo ambito è quella del clustering dei giocatori. I calciatori vengono classificati in base alle loro funzioni sul terreno di gioco. Ciò permette di capire in modo più completo se lo stile di gioco di un giocatore si adatta a quello di una determinata squadra. La piattaforma di advanced analytics di Soccerment, xvalue.ai, si basa su questo concetto, adottando per l’analisi dei giocatori un modello sviluppato assieme ad Antonio Gagliardi, match analyst della Nazionale italiana campione d’Europa ed attualmente nello staff di Roberto Mancini in Arabia Saudita.

Tecniche come il Natural Language Processing (NLP), usato per il riconoscimento vocale, possono essere utilizzate per monitorare notizie e articoli da tutto il mondo.
L’NLP combina la linguistica computazionale – la modellazione basata su regole del linguaggio umano – con modelli statistici, di machine learning e di deep learning. Insieme, queste tecnologie consentono ai computer di elaborare il linguaggio umano sotto forma di testo o dati vocali e di “capire” il suo pieno significato, compreso l’intento e il sentiment di chi parla o scrive. 

L’AI può supportare i club nella valutazione economica dei calciatori. Utilizzando tecniche di analisi predittiva, le squadre possono stimare il potenziale valore di mercato di un giocatore. Esistono algoritmi in grado di stimare quale sia l’ingaggio più corretto per un calciatore sulla base delle sue performance e di altri parametri, valutando ad esempio quanto sono richiesti dai brand nazionali ed internazionali o quale sia il numero dei loro followers sui social media. 

 

Match analysis

Analizzando tutti i dati storici delle partite della propria squadra e della squadra avversaria, l’AI potrà essere in grado di suggerire come impostare in maniera ottimale gli allenamenti in previsione di una partita o di stilare la formazione migliore sulla base dei punti di forza della squadra e sfruttando le debolezze dell’avversario, anche dal punto di vista tattico.

L’AI utilizzerà poi i dati forniti in tempo reale dagli strumenti indossati dai calciatori come GPS e sensori di affaticamento per fornire raccomandazioni su come aggiustare la strategia, come farebbe un qualsiasi assistente allenatore. La cooperazione tra l’assistente e l’AI permetterà poi all’allenatore di ricevere utili informazioni al fine di stabilire quali contromisure adottare per indirizzare la partita sul binario che ritiene più opportuno.

In particolare, grazie all’analisi dei dati storici delle partite e l’uso di tecniche di deep learning, l’AI sarà in grado di identificare i modelli ricorrenti nelle tattiche degli avversari e prevedere quindi le loro mosse future. Questo può aiutare le squadre a preparare piani di gioco più efficaci già a partire dalle convocazioni dei calciatori per ogni singola partita, chiamando quelli che con il loro contributo tecnico/tattico sono in grado di essere più pericolosi contro l’avversario di turno anche a gara in corso.

 

AI e innovazione tattica?

Se guardiamo a quanto accaduto nel passato con l’intelligenza artificiale, vediamo che è già stato dimostrato come gli algoritmi presenti in unità quali Deep Blue e AlphaGo, sviluppati da IBM e Google DeepMind per sfidare campioni rispettivamente di scacchi e di Go, hanno proposto mosse innovative e a volte controintuitive che hanno rivoluzionato l’approccio a questi giochi.

Un concetto del tutto similare potrebbe applicarsi al calcio. Potendo elaborare una quantità enorme di dati ed eseguendo simulazioni a una velocità che supera di gran lunga quella umana, l’intelligenza artificiale potrebbe aprire nuove frontiere tattiche e di percezione del gioco. I software basati su AI potrebbero analizzare migliaia di partite, comprendendo e modellando le dinamiche del gioco a un livello di dettaglio inimmaginabile per un essere umano.

Da questa mole di dati, l’AI potrebbe derivare schemi tattici innovativi, approcci alle partite completamente anti convenzionali. Magari a prima vista potranno sembrare anti-intuitivi o addirittura bizzarri per un umano. Ad esempio, potrebbe suggerire tattiche in cui è conveniente lanciare ogni quattro passaggi la palla verso la bandierina, cedere il possesso palla all’avversario già dalla rimessa in gioco, o effettuare i calci di punizione lanciando la palla al proprio portiere anche se ci si trova a 20 metri dalla porta avversaria.

Ciò rappresenterebbe una rivoluzione copernicana per i calciatori e gli allenatori, che dovrebbero saper interpretare e applicare queste nuove strategie, così come per i tifosi che dovrebbero adattare il proprio modo di conoscere e capire lo sport che amano. 

 

Allenamenti e riabilitazione

Come detto in precedenza, sono sempre di più i dati che vengono gestiti e analizzati riguardo i giocatori e le loro performance. Ogni aspetto della loro prestazione sul campo (e spesso anche fuori dal campo) viene misurato e analizzato, generando un flusso continuo di dati che possono essere utilizzati per ottimizzare il loro allenamento e migliorare le loro prestazioni.

Ad esempio, Soccerment dovrebbe a breve introdurre  un “virtual coach” che, sulla base dei dati di performance generati da XSEED, ovvero un parastinco “intelligente” in grado di fornire dati su numero e potenza di tiri, prestazione atletica, geolocalizzazione in allenamento e partita, darà indicazioni puntuali su come migliorare la performance, grazie ad allenamenti personalizzati sulla base dell’età, del ruolo, delle caratteristiche fisiche e tecniche degli atleti.

 

Alimentazione personalizzata

Grazie all’analisi sui carichi di lavoro, delle ore e della qualità del sonno forniti dagli ormai sempre più comuni smartwatch, delle caratteristiche genetiche, delle intolleranze o allergie, un assistente virtuale potrà indicare un’alimentazione più consona a quello che è il reale fabbisogno dell’atleta andando a fornire in modo ottimale le calorie e i macronutrienti di cui il calciatore necessita.

 

Gli infortuni

L’AI può svolgere un ruolo chiave anche, se non soprattutto, nella prevenzione degli infortuni, migliorando e probabilmente allungando la carriera di ogni singolo calciatore. Gli algoritmi di machine learning possono essere utilizzati per analizzare i dati relativi al carico di allenamento, alle condizioni fisiche dei giocatori e alla storia degli infortuni. Si identificano modelli e fattori di rischio, aiutando le squadre e, in particolare i medici e i fisioterapisti, a personalizzare i programmi di allenamento per minimizzare il rischio di infortuni. 

In riabilitazione, gli algoritmi di machine learning possono analizzare i dati sul progresso del recupero di un giocatore. Li confrontano con quelli preesistenti relativi ad infortuni passati o  con quelli di calciatori fisicamente simili per struttura, altezza e peso, consentendo ai fisioterapisti di adattare i programmi di riabilitazione in base alle esigenze specifiche del giocatore e di monitorare l’efficacia del trattamento.

Allo stesso modo l’AI può anche contribuire alla valutazione del momento in cui un giocatore è pronto a tornare in campo. Gli algoritmi di machine learning possono utilizzare una combinazione di dati, tra cui informazioni sull’infortunio, dati di recupero e dati di performance in allenamento, per prevedere quando un giocatore è veramente pronto per tornare in azione. Questo può aiutare a prevenire il rischio di ricaduta.

All’orizzonte si prospetta, dunque, una rivoluzione. Una nuova frontiera nella preparazione, nello sviluppo e nella gestione del calcio. Magari sarà un calcio più asettico e saremo noi a decidere se potremo essere in grado di amarlo lo stesso.


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Di Dario Tagliaferri

Informatico di professione, allenatore di calcio per bambini per diletto. 40 anni ma ne dimostro meno. Dicono che odio tutti, ma solo quando piove.