Titanic, il capolavoro diretto da James Cameron che ha vinto undici premi Oscar, rimane uno dei più grandi film della storia del cinema. La pellicola trae ispirazione dal tragico incidente datato 15 aprile 1912, giorno in cui l’RMS Titanic naufragò dopo aver colpito un iceberg. Tra i decessi anche quello del capitano Edward Smith, originario della piccola Hanley. Il capitano britannico però non è l’unico personaggio celebre nato nella stessa comunità. Nel 1915 infatti Hanley ha dato i natali a una delle più grandi personalità del football britannico: Stanley Matthews, il primo storico vincitore del Pallone d’Oro.
La prima carriera di Stanley Matthews
Nato il primo giorno di febbraio del 1915, cresce a Stoke-on-Trent e fin da piccolo gioca a pallone nei sobborghi della città. A tredici anni il primo grande bivio della sua vita: il padre Jack Matthews vuole che il figlio segua le sue orme e diventi un pugile, mamma Elizabeth invece appoggia la sua passione per il calcio. Alla fine sarà lei a spuntarla e convincere Jack a lasciar provare il piccolo Stanley, a patto che quest’ultimo fosse chiamato dall’England Schoolboys. Nel 1929, a quattordici anni, Stanley indossa quella maglia al Dean Court di Bournemouth contro il Galles. Sarà la gara che gli cambierà la vita.
Dopo l’incontro infatti viene contattato dall’allenatore dello Stoke City Tom Mather, che riesce a farlo aggregare al club in qualità di fattorino. Stanley avrebbe percepito una sterlina a settimana e avrebbe anche giocato con la squadra riserve per tutta la stagione successiva. Il ragazzo ha talento, è veloce, ma soprattutto ha un particolare modo di schivare gli avversari che lo distingue dagli altri esterni dell’epoca. La stampa inglese lo esalta e ben presto si narrano le gesta di una nuova giovane stella che, compiuti i diciassette anni, decide di proseguire la sua avventura a Stoke-on-Trent.
Arriva dunque il primo contratto da professionista che lo porta a guadagnare cinque sterline a settimana, il massimo per un calciatore all’epoca. La prima apparizione ufficiale arriva contro il Bury nel 1932, per la prima rete invece l’attesa si prolunga fino all’annata successiva. Il 4 marzo 1933, Stanley Matthews segna il suo primo gol da professionista contro i cugini del Port Vale, squadra per cui non ha mai nascosto il suo tifo. Lo Stoke, anche grazie al suo giovane talento, termina il campionato al primo posto davanti al Tottenham e ottiene la promozione in First Division.
Appena diciottenne, il ragazzo vive quella che sarà, a livello di numeri, la stagione più importante della sua lunghissima carriera: 33 presenze, 15 gol e dodicesimo posto in classifica. Cifre che gli permetteranno di esordire con la selezione inglese della Football League e, successivamente, con la nazionale dei Tre Leoni. Stanley vive anni di crescita professionale e personale, nel 1935-36 arriva anche il quarto posto con lo Stoke – miglior piazzamento di sempre del club – poi qualcosa si rompe.
Due anni più tardi, la sua squadra si ritrova a lottare per non retrocedere e la situazione interna è tutt’altro che rosea. Nello spogliatoio regnano tensione e nervosismo, si parla di compagni gelosi della popolarità di Matthews: per questo motivo, a febbraio 1938 Stanley chiede al club di essere ceduto. Il presidente rifiuta, ma la richiesta del giocatore viene resa pubblica e questo scatena i tifosi dello Stoke, che dopo essersi riuniti si esibiscono in una straordinaria manifestazione d’affetto verso il loro beniamino.
Rientrato da Blackpool, città in cui si era rifugiato per riflettere, Matthews si scioglie come neve al sole di fronte ai sostenitori dei Potters, decide di rimanere e contribuisce alla salvezza della squadra. Tuttavia l’addio è solo rinviato: il settimo posto del 1938-39 è molto simile all’addio alla maglia del suo Stoke. Lo scoppio della Seconda guerra mondiale infatti sancisce l’interruzione di tutti i campionati organizzati dalla Football League. Stanley Matthews, arruolato nella Royal Air Force, perde sei anni di attività professionistica per poi ricominciare a giocare nel 1946. Il mondo si era appena lasciato alle spalle gli orrori della guerra, ma le brutte sorprese per i britannici non erano terminate.
Il disastro di Burnden Park
8 marzo 1946: al Burnden Park di Bolton i Wanderers sfidano lo Stoke City di Stanley Matthews nel sesto turno di FA Cup. Si gioca in un impianto che, come molti altri tra quelli inglesi, ha bisogno di lavori di ammodernamento. Lo stadio ha una capacità di 70 mila persone, prima dell’inizio dell’incontro ce ne sono già 80 mila dentro. La chiusura dei tornelli è prevista per le 14:40, ma ai tifosi delle due squadre poco importa. Alcuni li scavalcano, altri superano i muretti pur di entrare. Si arriva a un totale di circa 85 mila spettatori, 15 mila in più del limite massimo consentito.
Tutti vogliono vedere Stanley Matthews, ma l’entusiasmo irrefrenabile sfocia in tragedia. Crolli, crisi di panico e pericolosi affollamenti: 400 persone rimangono ferite. Ma soprattutto 33 innocenti, andati allo stadio per guardare un incontro di FA Cup, non fanno ritorno a casa. Nella follia generale, dopo una breve pausa, la partita riprende mentre i medici e tifosi cercano di portare via i corpi senza vita dalla massa. Si consumò una delle più grandi tragedie del mondo calcistico. Per un orrendo scherzo del destino, persone che erano miracolosamente sopravvissute alla guerra si spensero durante una partita, in quella Burnden Park che è stata la Hillsborough prima di Hillsborough.
Un racconto del disastro di Burnden Park
Il passaggio al Blackpool
Rimasto in stato di shock per molto tempo – a tal punto da meditare l’abbandono del calcio – Matthews torna in campo con la maglia dello Stoke per il campionato 1946-47. Il primo del dopoguerra, l’ultimo campionato con la maglia strisciata dello Stoke (chiuso al quarto posto a due sole lunghezze dal Liverpool campione). L’asso inglese, in seguito ad alcune divergenze con il suo allenatore e con la dirigenza, chiede e ottiene il trasferimento.
La nuova destinazione è Blackpool, proprio la città in cui era stato di base durante la militanza nella Royal Air Force. L’ala destra inglese, passata ai Seasiders per poco meno di 12mila sterline, forma insieme a Mortensen, McIntosh e Munro uno straordinario quartetto che incanta i tifosi. A Blackpool c’è un’aria completamente diversa da quella che si respirava a Stoke-on-Trent. L’allenatore crede pienamente in Matthews, lo lascia libero di creare e inventare, i compagni lo assistono senza essere gelosi di lui. Alla sua stagione d’esordio, il Blackpool chiude al nono posto in campionato e un secondo posto in FA Cup dopo la sconfitta in finale per 4-2 contro il glorioso Manchester United, capace di rimontare dopo essere andato sotto 1-2.
Nonostante il KO, l’inglese si aggiudica il premio di calciatore dell’anno, assegnato per la prima volta dalla Football Writers’ Association il 23 aprile 1948, la sera stessa della finale di FA Cup. Seguiranno annate complicate condizionate da più di qualche infortunio, arriveranno piazzamenti senza gloria. La quarta stagione, la 1950-51, è invece molto simile alla prima: in campionato il Blackpool, che gioca un calcio meraviglioso, chiude la First Division al terzo posto. In FA Cup, arriva un’altra sconfitta in finale. Questa volta a strappare il trofeo dalle mani dei Seasiders è il Newcastle, capace di vincere ribaltando ogni pronostico. Arrivato a 38 anni, chiunque avrebbe ormai poco o quasi nulla da dare, ma non è questo il caso.
2 maggio 1953, Matthews torna a Wembley, è di nuovo in finale di FA Cup con il Blackpool. Questa volta non può sbagliare, sono già troppe le finali perse e a questo punto potrebbero non essercene più altre da giocare. L’avversario è il Bolton, quel Bolton che insieme allo Stoke giocava a Burnden Park poco prima del disastro del 1946. Matthews e compagni però non brillano. Al 65′ i Wanderers conducono 3-1. Serve un miracolo, qualcosa che possa sovvertire un finale già scritto. Ci pensa Matthews. Il ragazzo di Hanley confeziona tre assist vincenti per i compagni che valgono il 4-3 in quella che sarà ribattezzata la finale di Matthews (guai però a dirlo di fronte a lui). Dopo svariati tentativi Stanley è riuscito dunque a sollevare quella coppa che sembrava stregata, ma soprattutto è riuscito a mantenere la promessa fatta al padre che, sul letto di morte, chiese al figlio di proteggere mamma Elizabeth e di vincere una FA Cup.
“What an end to a great career” dirà un commentatore. E in effetti a questo punto molti penserebbero al ritiro, soprattutto dopo una gioia così grande. Ma non il buon Stanley che al termine dell’annata 1955-56, infatti, ottiene il più grande riconoscimento della carriera. 47 voti contro 44, questo il punteggio che vale la vittoria su Alfredo Di Stéfano, questo il punteggio che gli consente, a 41 anni, di diventare il primissimo vincitore del Pallone d’Oro. Il trofeo diventa dunque il massimo coronamento di un’annata in cui è arrivato il secondo posto in campionato e una prestazione contro il Brasile – sconfitto 4-2 – in cui ha umiliato il miglior terzino del mondo, Djalma Santos che, a detta di molti, è stata decisiva in vista della votazione finale. Gli ultimi anni con il Blackpool saranno una lenta discesa dovuta ai difficili rapporti con il nuovo allenatore. Poi nel 1961 l’addio, ma non il ritiro.
Il mago torna dai Potters
Casa chiama, Matthews risponde. A uno Stoke caduto in seconda divisione la presenza della sua vecchia gloria ormai quarantacinquenne serve sia dal punto di vista mentale che tecnico. E dopo una stagione di assestamento, arriva il miracolo. 1963: nell’ultimo turno di campionato lo Stoke sfida il Luton. Vittoria 2-0 che vale il primo posto, uno dei due gol lo firma proprio Matthews. È l’unico sigillo stagionale del mago del dribbling, capace di guidare la formazione più anziana della Second Division a una storica promozione e di vincere nuovamente il premio di calciatore dell’anno, a quindici anni dalla prima volta.
Gli infortuni però, anche a causa dell’età avanzata, minano la stagione seguente. Stanley smette di giocare a gennaio a causa dei vari problemi fisici, ritirandosi al termine della stagione 1964-65. Il primo giorno di gennaio del 1965 viene nominato Knight Bachelor, il primo calciatore a ricevere tale onorificenza ancora in attività. Il 6 febbraio dello stesso anno, contro il Fulham, viene registrata l’ultima presenza ufficiale di Matthews, che il 28 aprile giocherà a Victoria Ground l’ultima, commossa amichevole d’addio.
Un video che mostra le qualità di Sir Stanley Matthew
Stanley Matthews aveva un cuore d’oro
Con la nazionale inglese ha giocato la Coppa Rimet del 1950 e del 1954, sfiorando persino quella del 1958. Matthews è stato un giocatore straordinario, sicuramente fuori contesto in un’epoca in cui il ritmo era piuttosto lento. A quarantuno anni è diventato il marcatore più anziano della nazionale inglese, a quarantadue il più anziano a indossarne la maglia bianca. Ma la sua personalità gli ha permesso di distinguersi sia fuori dal campo sia oltre i confini nazionali. Matthews infatti è stato un inglese atipico, uno di quelli che non fumava e che non avvicinava l’alcol neanche con lo sguardo. Nel 1952, infortunato, si mise persino a lavorare nell’hotel che gestiva con la moglie. Proprio lì eliminò la carne rossa dalla sua dieta e divenne vegetariano, facendo una scelta di vita che influì enormemente sulla lunghezza della sua carriera.
Matthews riuscì inoltre a farsi conoscere anche dall’altra parte del globo. Durante le vacanze estive si recava in Africa per allenare i ragazzi del posto. Nel 1975, tornato a Soweto, entrò in contatto con la situazione che affliggeva il sobborgo di Johannesburg. Fondò una squadra composta esclusivamente da calciatori di colore – The Stan’s Men – a cui pagò attrezzature e viaggi attingendo dalle proprie tasche. Era il suo modo di combattere l’Apartheid, di regalare una speranza a quella gente. In molti lo hanno amato, tanto da ribattezzarlo l’uomo nero dalla faccia bianca, ma c’è anche chi ha avuto un brutto rapporto con lui.
Matthews definì la FA una “brigata in giacca”, composta da dirigenti arroganti, conservatori, incapaci di apprezzare competizioni organizzate da terzi come mondiali o europei. Emblematico è in questo senso l’episodio riguardante la finale di FA Cup vinta nel 1953. Per l’occasione la FA diede ai tifosi del Blackpool solo 12 mila tagliandi sui 100 mila totali, una decisione che spinse Matthews a pronunciare queste parole:
Non riuscivo a decidere se fossero degli stupidi o semplicemente non si interessassero ai sentimenti dei tifosi, che erano la linfa vitale del gioco.
Sì, perché lui è sempre rimasto dalla parte dei tifosi, quelli del Blackpool e quelli dello Stoke, club ai quali ha regalato gioie incredibili e fedeltà, diventando una bandiera unica per due squadre dello stesso Paese.