Groenlandia esclusa dalla CONCACAF: e se fosse colpa di Trump?

Groenlandia esclusa dalla CONCACAF: c'è forse la mano di Donald Trump dietro questa decisione?

Il processo iniziato circa un anno fa con cui la KAK – federazione calcistica groenlandese fondata nel 1971 – chiedeva l’affiliazione si è concluso nel peggiore dei modi, con la Groenlandia esclusa dalla CONCACAF. Politicamente danese e geograficamente americana, l’isola affacciata sull’Artico è oggi l’unico paese al mondo fuori da ogni confederazione, fattore che le impedisce di disputare incontri internazionali. Motivi logistici, politici e burocratici sono alla base dell’esclusione groenlandese dalle competizioni internazionali, ma la volontà di Donald Trump di appropriarsi dell’isola più grande del mondo sembra intrecciarsi con questa vicenda.

L’importanza del calcio in Groenlandia

Il clima estremo è una delle principali caratteristiche della Groenlandia. Eppure, in questa terra coperta per l’84% dal ghiaccio, la voglia di calcio era forte già negli anni ’50. L’Angutit Inersimasut GM infatti – campionato groenlandese conosciuto come GrønlandsBANKEN GM per ragioni di naming rights – esiste addirittura dal 1954 ed è diviso in tre fasi disputate tra giugno e agosto. Nella prima si svolgono partite a livello locale, successivamente, le vincitrici si sfidano a livello regionale. Infine, primi e secondi classificati della fase regionale si affrontano per il titolo nella GrønlandsBANKEN Final Six. Non senza difficoltà: le condizioni climatiche e organizzative spingono spesso le protagoniste al forfait, come accaduto nel 2023 all’AK Ittoqqortoormiit, unica squadra della costa orientale a raggiungere la fase finale. I sei giorni in cui era programmato il campionato, infatti, ricadevano nella stagione di caccia alla renna, risorsa fondamentale per la comunità che richiedeva la presenza di molti dei calciatori in forza alla squadra.

Attualmente i più vincenti dell’isola sono i ragazzi del B-67 – nome completo Boldklubben af 1967, una delle squadre della capitale Nuuk – con quindici titoli all’attivo e chiamati a difendere il titolo a partire dal 27 luglio dopo essersi laureati campioni nel 2023 e 2024. In questa lastra di ghiaccio però il pallone non è solo un passatempo. La competizione in questione rappresenta l’evento sportivo più importante e i partecipanti talvolta fungono anche da organizzatori. In una comunità così piccola e unita – la Groenlandia è il dodicesimo luogo più esteso della Terra, con un’ampiezza sproporzionata rispetto agli appena 56.000 abitanti – l‘Angutit Inersimasut GM assume le sembianze di una festa e se in estate lo sport diventa attività ricreativa, in inverno diventa una valvola di sfogo fondamentale. Affrontare la Notte Polare può essere tremendamente difficile. Sono sei mesi di freddo glaciale in cui manca una luce che gli abitanti riescono a vedere grazie al calcio, praticato durante i mesi invernali sotto forma di futsal.

I club dilettantistici sono inoltre affiancati dalla rappresentativa nazionale che esiste dal 1971. Le partecipazioni alla Greenland Cup e agli Island Games non hanno mai favorito uno sviluppo reale della squadra. La prima piccola svolta arriva solo il 13 ottobre 2005, giorno in cui la Groenlandia entra nella NF-Board – federazione internazionale fondata nel 2003 alla quale sono affiliate le rappresentative di territori e comunità non riconosciute ufficialmente dalla FIFA – di cui diventa membro ufficiale diversi mesi dopo. Il 2006 è anche l’anno in cui partecipa all’unica FIFI Wild Cup, una delle alternative nate nel tempo al Mondiale FIFA per permettere alle squadre di nazionali non riconosciute di sfidarsi in campo internazionale. Un’edizione tutt’altro che gloriosa, conclusa con zero punti dal girone con Cipro del Nord e Zanzibar. La volontà della Groenlandia, oggi, è provare a concorrere per la partecipazione a un grande torneo riconosciuto, ma la strada che porta al traguardo nell’ultimo periodo è diventata ancora più impervia.

Un documentario con immagini relative ai campionati di calcio e futsal in Groenlandia

La Groenlandia esclusa dalla CONCACAF

In conformità con gli statuti della CONCACAF, le federazioni affiliate hanno esaminato la domanda di adesione presentata dalla Federcalcio groenlandese e l’hanno respinta all’unanimità.

Questo quanto dichiarato attraverso un comunicato stampa dalla CONCACAF in risposta alla richiesta presentata dalla KAK. Sì, perché nel 2022, dopo aver constatato l’impossibilità di entrare a far parte della UEFA, l’autorità calcistica locale ha deciso di avviare le pratiche che l’avrebbero fatta diventare membro della CONCACAF. Ma perché questo rifiuto? Altre nazionali con una storia simile a quella dell’isola – come Gibilterra, Fær Øer o Kosovo – sono entrate a far parte della UEFA e della FIFA. La Groenlandia al contrario continua a essere tagliata fuori e, come anticipato, le ragioni sono complesse.

Uno dei primi ostacoli è la mancanza di impianti utilizzabili per tutto l’anno, un fattore che la FIFA valuta con attenzione. Per entrare a far parte di essa inoltre è necessario che la KAK diventi membro di una confederazione continentale affiliata alla FIFA e, nel caso della UEFA, l’ingresso è riservato a quelle che rappresentano solo i paesi riconosciuti come indipendenti dall’ONU. Ma cosa distingue le Fær Øer dalla Groenlandia? Entrambe fanno parte del Regno di Danimarca, ma le Fær Øer hanno ottenuto il riconoscimento dalla FIFA nel 1988 e dalla UEFA nel 1990, prima dell’entrata in vigore del nuovo statuto riguardo l’indipendenza. Per questo possono competere nei tornei continentali. Parlando di Kosovo e Gibilterra, la questione è differente.

Per il Kosovo bisogna tornare al 2016 e al Congresso di Budapest, durante il quale si è tenuta la votazione a favore dell’ammissione del Kosovo nella confederazione nonostante lo stato non sia membro ONU. La giornata tuttavia non si era aperta nel modo migliore per la delegazione kosovara. Il voto sull’ammissione del paese fu preceduto dalla votazione sugli emendamenti agli statuti UEFA e in particolare all’articolo 5 del terzo capitolo, in cui si stabilisce che:

L’ammissione alla UEFA è aperta alle associazioni calcistiche nazionali situate nel continente europeo, basate in un paese che sia riconosciuto dalle Nazioni Unite come uno Stato indipendente, e che siano responsabili dell’organizzazione e implementazione delle questioni legate al calcio nel territorio del loro paese.

Un requisito che il Kosovo non soddisfa, in quanto non fa parte dell’ONU, pur essendo riconosciuto da 108 dei 193 membri delle Nazioni Unite. La votazione sull’emendamento necessitava di una maggioranza qualificata di due terzi, tuttavia non raggiunta. Sembrava fosse tutto finito mentre Fadil Vokrri, presidente del massimo organo calcistico kosovaro ed ex giocatore del Partizan Belgrado (unico kosovaro a vestire la maglia della Jugoslavia), si apprestava a sostenere la causa nazionale, puntando sul tema dell’isolamento calcistico subito dal Kosovo in quanto esterno ai circuiti del calcio ufficiale.

Il dibattito si è acceso poco dopo: c’erano i dubbi della Svizzera e la prevedibile contrarietà della Serbia, che considerava l’ammissione del Kosovo una breccia potenzialmente destabilizzante poiché avrebbe favorito il riconoscimento internazionale di una regione che Belgrado vede come suo legittimo territorio, e del Montenegro. Il delegato montenegrino, il leggendario ex calciatore Dejan Savićević, ha tirato in ballo la legittimità dell’adesione in seguito al mancato emendamento degli statuti UEFA, mettendo in discussione l’intero processo:

Se ammettiamo il Kosovo, allora significa che il Congresso è al di sopra degli statuti?

Tomislav Karadžić, presidente della federcalcio serba, ha invece lanciato un appello volto a proteggere il calcio dalla politica” affermando che:

Non essendo riconosciuto dall’ONU, l’autoproclamata repubblica del Kosovo è ancora una parte integrante della Serbia.

A queste obiezioni diede risposta un membro del Consiglio Generale UEFA, Alasdair Bell, affermando che non doveva essere l’ONU a riconoscere gli Stati, ma che fossero gli stessi a dover riconoscere gli altri, sottolineando dunque come non si trattasse di una questione legale quanto piuttosto di una questione politico-sportiva. Alla fine lo spoglio fu di 23 voti contrari e 141 favorevoli, più di quanti effettivamente riconoscano il Kosovo come Paese indipendente. Un segnale che indica come il riconoscimento calcistico e la necessità di porre fine all’isolamento sportivo del Paese fossero distinti dal riconoscimento internazionale dello stesso.

Diverso è risultato invece il percorso di Gibilterra, territorio britannico su cui la Spagna rivendica la propria sovranità. Uscita vittoriosa da una battaglia legale iniziata nel 1997 e passata per modifiche statutarie di UEFA e FIFA. Nel mezzo, le minacce di boicottaggio da parte della Spagna e i ricorsi al TAS. Nel 2013 la federcalcio gibraltarese aveva ottenuto un primo importante traguardo con l’ammissione alla UEFA e la partecipazione alle qualificazioni per l’Europeo 2016. Il 13 maggio 2016 ha chiuso il proprio iter diventando il 211° membro FIFA con il 93% dei voti favorevoli (172 sì e 12 no). Norme UEFA sui criteri d’ingresso, modificate proprio dopo la questione di Gibilterra, impediscono però alla Groenlandia di accedere alla UEFA. Proprio per questa ragione è stata fatta domanda alla CONCACAF, che però ha liquidato l’offerta con decisione. Sorge un dubbio: il rifiuto è legato alle notizie che hanno coinvolto Donald Trump?

La CONCACAF teme Donald Trump?

“Una necessità assoluta per la sicurezza nazionale americana”: così Trump ha definito la Groenlandia. Già nel 1946 Truman tentò di acquistare l’isola. Trump, che aveva rilanciato l’ipotesi nel 2019, è tornato sul tema dopo il nuovo insediamento. Dietro a questa storia, oltre a evidenti manie di grandezza, ci sono anche interessi strategici e militari. La Groenlandia si trova in uno specifico quadrante chiamato GIUK-Gap, zona strategica per chi vuole monitorare i sottomarini russi. La base di Pituffik, in particolare, consente di controllare l’intero spazio aereo nordamericano e di sorvegliare possibili lanci missilistici dalla Russia. Il riscaldamento globale ha aperto nuove rotte commerciali e reso accessibili giacimenti finora intoccati, ricchi di risorse strategiche.

Controllarla sarebbe quindi molto importante per Trump. Il legame con la CONCACAF, però, non è solo teorico. L’isola ricerca una totale autonomia e questa passa anche attraverso l’indipendenza calcistica. L’allenatore della nazionale Morten Rutkjær in seguito al rifiuto della domanda ha dichiarato che:

La Groenlandia ha il dovere di dimostrare che la CONCACAF ha preso la decisione sbagliata. Continueremo con la stessa determinazione, rafforzando ogni livello del sistema e mantenendo viva l’ambizione di competere a livello internazionale.

La KAK non ha intenzione di fermarsi ed è convinta di poter ottenere accordi che consentirebbero alla nazionale di giocare match casalinghi in Canada, Islanda e Stati Uniti. La decisione della CONCACAF potrebbe legarsi dunque alla volontà di evitare un distaccamento dalla Danimarca che a quel punto sarebbe totale. L’idea sembra essere quella di farle mantenere i legami con la Danimarca, così da delegittimare un eventuale attacco di Trump. Questa la strategia della CONCACAF che, però, ha negato a un popolo la possibilità di rappresentarsi sul campo, come ogni altra nazione.

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