Mancano più di due anni alla Rugby World Cup 2027, che si terrà in Australia e per la prima volta vedrà la partecipazione di 24 squadre anziché le “solite” 20. Eppure gli azzurri allenati da Gonzalo Quesada sembrano essersi instradati verso l’obiettivo iridato con un preciso target: quello di arrivare per la prima volta ai quarti di finale della manifestazione. Già, il ct di origine argentina non ha mai nascosto che la volontà sua e del suo staff è quella di “mettere ancor di più l’Italia sulla mappa di Ovalia”, oltre all’idea di arrivare il più in alto possibile nelle varie edizioni del Sei Nazioni disputate annualmente. Per farlo, nei test match dell’Italrugby disputati nell’emisfero sud contro Namibia e due volte contro i campioni del mondo del Sudafrica in questo inizio d’estate 2025, Quesada ha creato un notevole elemento di rottura con il recente passato: fuori molti leader, dentro giocatori con meno minuti nelle gambe o rientranti da infortuni ma anche novità emergenti nell’ultimo anno e da tenere d’occhio in chiave futura.
La gestione Quesada e l’allargamento del gruppo con vista 2027
Appena arrivato nel gennaio 2024, l’head coach proveniente dallo Stade Français, club del Top 14 francese, ha battuto immediatamente sui tasti della condizione fisica e delle strutture di gioco, sfruttando tutte le occasioni a disposizione per potenziare questi due aspetti. L’Italia, dopo la gestione di Kieran Crowley (il precedente commissario tecnico), era pronta a vivere una fase di crescita e impatto positivo in ottica futura. L’incontro tra la curva ascensionale di un gruppo giovane ma già con buona esperienza e le ambizioni di Quesada ha fatto sì che arrivassero rapidamente buoni incastri e soprattutto ottimi risultati – il Sei Nazioni del 2024 è stato il migliore di sempre per la nostra nazionale – a patto che, nel primo anno di gestione, nessun profilo di riferimento si fosse risparmiato qualora fosse stato disponibile.
Nell’estate del 2024, infatti, per le sfide contro Samoa, Tonga e Giappone nessuno dei grossi calibri azzurri – come Ange Capuozzo, Michele Lamaro, Ignacio Brex, Tommaso Menoncello o Paolo Garbisi – è stato tenuto a riposo. Un prezzo da pagare per godere successivamente di un’ultima estate di riposo. Fissare una prima base all’interno dell’organico è stata quindi l’iniziale priorità. Ma nel rugby, si sa, gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo e allora, durante i mesi di pausa per la nazionale e nei quali il calendario è dedicato esclusivamente all’attività dei club, per lo staff tecnico la sfida è stata quella di capire come poter allargare il serbatoio di elementi a disposizione in ottica futura, soprattutto in previsione del Mondiale del 2027. Come accade per il calcio, anche nello sport della palla ovale le partite sono in aumento e con esse gli infortuni: in vista di un Mondiale di rugby, ad esempio, si possono convocare 33 giocatori, ma l’elenco da cui partire dev’essere almeno di 50 o 55 elementi.
E allora, proprio per questo, per la tournée fra Namibia e Sudafrica sono rimasti fuori molti volti noti, pur conservando qualche leader come Niccolò Cannone, scopertosi eccellente capitano, il già citato Tommaso Menoncello, miglior giocatore del Sei Nazioni 2024, e Danilo Fischetti, universalmente riconosciuto come uno dei migliori piloni a livello internazionale. Al loro fianco dentro atleti motivati e vogliosi di mostrare qualcosa, ma anche ragazzi che avevano bisogno di giocare per ritrovare la condizione dopo mesi di recupero. E infine sette esordienti: tra di essi troviamo prospetti giovani ma pronti al salto di qualità come gli avanti Muhamed Hasa, Tommaso Di Bartolomeo, Matteo Canali e David Odiase e nomi inattesi come il tallonatore italo-argentino Pablo Dimcheff, scovato nel Pro D2 francese – la seconda divisione transalpina – e naturalizzato per le sue origini materne sulla falsariga di quanto avvenuto con Retegui nella nazionale di calcio.
In più, Quesada ha scelto coraggiosamente di convocare, per responsabilizzarli, due ragazzi chiamati a integrare il futuro gruppo titolare: un mediano d’apertura con solo 2 presenze internazionali – Giacomo Da Re – e uno al potenziale debutto assoluto – Giovanni Montemauri – cui ha affidato le chiavi dell’attacco contro avversari di prima fascia quali i quattro volte campioni mondiali, nonché vincitori delle ultime due edizioni della rassegna iridata.
I test match dell’Italrugby sono stati piuttosto positivi
Negli incontri svolti nell’emisfero sud, l’Italia è partita forte: doveva vincere in Namibia e l’ha fatto ottenendo il più largo successo esterno della sua storia, un roboante 6-73. Un buon modo per lanciarsi verso la doppia sfida contro un Sudafrica che, al contrario degli azzurri, era all’inizio della sua annata internazionale, che si svilupperà nei prossimi mesi con il Rugby Championship e i test match di novembre in Europa, uno dei quali peraltro sarà a novembre allo Juventus Stadium di Torino ancora contro l’Italia.
Gli Springboks non hanno fatto prigionieri, schierando da subito la formazione migliore. Un organico dalla forza fisica devastante, in particolare nel pacchetto di mischia, ma ancora un po’ arrugginito e con la batteria ancora da ricaricare. Il paradosso è stato che, dopo il 28-3 del primo tempo, l’Italia è venuta fuori alla distanza dando non poco filo da torcere agli avversari e rimontando un’ampia fetta del ritardo accumulato nei primi 40’ di gioco. Un finale di 42-24 che ha fatto più contento Quesada che non il suo omologo Rassie Erasmus, che infatti per la seconda partita ha ribaltato completamente la squadra. “Vedrete delle sostanziali modifiche”, ha affermato in conferenza. Detto fatto: in campo una formazione rivoluzionata, questa volta ancora più attenta – al netto di un’espulsione – che non ha dato respiro a un’Italia stritolata nel 45-0 finale. Una botta forte, ma che fa crescere. È chiaro che in senso assoluto il paragone con i campioni del mondo non si possa fare, ma si può analizzare quanto successo in tutte e due le partite come base per i prossimi impegni, dopo il necessario break prima dell’inizio di una nuova stagione.
Gli highlights del primo test match dell’Italrugby contro i campioni del mondo. L’ottimo secondo tempo è una buona base di partenza
In mezzo il 2026
Il futuro prossimo si chiama Autumn Nations Series. Le avversarie, da affrontare in casa nel prossimo mese di novembre, saranno Australia, Sudafrica e Samoa. L’obiettivo sarà quello di andare a caccia di due vittorie in tre partite, perché se è vero che la Rainbow Nation ovale è fuori scala, i Wallabies possono essere impensieriti e la selezione del Pacifico in trasferta fa sempre tanta fatica a esprimersi. I test match si terranno nel 2025, ma di fatto sono una prima finestra su quel 2026 che, dopo il Sei Nazioni, aprirà ancora di più la strada verso la Coppa del Mondo. Quando mancherà poco più di un anno alla Rugby World Cup non si potrà sbagliare quasi nulla: il roster allargato, poi da restringere, andrà composto con la piena consapevolezza di ciò che i vari protagonisti potranno dare quando saranno chiamati a scendere in campo.
E quando tra un anno ci troveremo a commentare i nuovi test match dell’Italrugby previsti per l’estate, allora sarà possibile capire di più cosa ci attende e, soprattutto, quali saranno i giocatori con maggiori chance di far parte poi dell’organico azzurro in Australia. Un viaggio lungo da comporre tassello dopo tassello e convocazione dopo convocazione, nella speranza di aumentare la fiducia e l’amalgama tra i nostri e magari, nel frattempo, di strappare qualche risultato di prestigio. Così da far sì che l’ambizioso obiettivo del ct Quesada possa diventare realtà.