Qualsiasi sportivo ha l’ambizione di scrivere la storia, entrare negli almanacchi e lasciare un segno indelebile nella propria disciplina. Solo in pochi vi riescono effettivamente, mentre gli altri si avviano verso la normalità, un destino di competitività senza particolari sussulti prima di cedere il passo ai più giovani e ritirarsi nel silenzio. Se potesse scegliere, oggi Tom Pryce preferirebbe la strada dell’anonimato, quella che gli è stata negata dagli eventi del GP del Sudafrica del 1977.
I primi anni della carriera di Tom Pryce
La carriera di Tom Pryce, in realtà, non era stata del tutto irrilevante, fino a quel GP del Sudafrica che nel 1977 gli garantì un posto nella storia dei motorsport. Nato l’11 giugno 1949 in una cittadina del Galles al confine con l’Inghilterra chiamata Ruthin, nome che deriva dalle rocce rossastre, la carriera di Pryce ha qualche sporadico picco positivo.
L’avvio della sua storia a quattro ruote è dovuto ai sacrifici dei suoi genitori, umili lavoratori provati nei sentimenti e nelle finanze dalla morte del loro primogenito David. Un passato che cementifica l’amore verso Tom e non li fa esitare neanche un secondo quando arriva il momento di vendere la loro auto di famiglia per finanziare i primi approcci del ragazzo con il mondo dei motori.
La sua ascesa accelera nel 1971 con la vittoria nel Mondiale di Formula F100, seguita dall’approdo in Formula 3, dove si fa subito notare con un trionfo a Brands Hatch. Potrebbe essere l’inizio di un sogno, oppure solo un fuoco di paglia, perché poche gare dopo ecco il primo grave incidente, a Monaco. Un guasto alla sua autovettura, il tentativo di rimetterla in moto e di sistemare il problema, quindi il grande dolore: l’avversario Peter Lamplough sopraggiunge perdendo il controllo della sua monoposto e travolgendo Pryce, che riporta una frattura scomposta alla gamba. Un incidente che avrebbe potuto porre fine alla sua carriera, ma Pryce risponde con una grinta feroce e un’etica del lavoro invidiabile: dopo appena due settimane è di nuovo in pista.
Talento e feroce determinazione sono le chiavi che gli schiudono le porte verso una rapida scalata: nel 1973 il suo team si iscrive al Mondiale di Formula 2, salvo dover rinunciare per dissidi con il proprietario, ma Pryce riesce a ottenere un sedile della Rondel Racing. Disputa una stagione di buonissimo livello, che gli vale il Grovewood Award, un premio da mille sterline per i piloti emergenti del Commonwealth. È il preludio all’esordio in Formula 1.
Primi anni in Formula 1
L’esordio nel più prestigioso campionato automobilistico arriva sul sedile di una Token nel corso del 1974, quando si ritira nel GP del Belgio di Nivelles. Nello stesso anno, Pryce approda alla Shadow, la scuderia con cui vivrà il resto della sua breve carriera. Un inizio piuttosto complicato, anche a causa di una serie di sfortunati eventi che vedono protagonista anche James Hunt. Il britannico, futuro campione mondiale nel 1976 e avversario di Pryce a Brands Hatch nel vittorioso esordio in Formula 3, impatta ed elimina dalla corsa il pilota gallese della Shadow alla prima curva sia all’esordio in Olanda che nel successivo GP in Francia, dopo un incoraggiante terzo posto in qualifica. A fine anno otterrà il suo primo e unico punto al Nürburgring.
È l’inizio di una lunga crescita: nel 1975 arrivano cinque piazzamenti a punti, tra cui il primo podio nel GP d’Austria e anche un successo nella Race of Champions di Brands Hatch, non valevole per il Mondiale, ma che gli valse il primato di primo pilota gallese a vincere una gara di Formula 1.
Un rendimento che porta il nome di Tom Pryce sulle frequenze di Radio Mercato per una presunta trattativa che avrebbe dovuto portarlo nientemeno che alla Lotus in sostituzione di Ronnie Peterson. L’affare sfuma e Pryce resta alla Shadow, che nel 1976 sembra in crescita: all’esordio stagionale in Brasile, il gallese conquista il secondo podio in carriera. Una competitività soffocata da un cambio regolamentare sull’aerodinamica, che penalizza la Shadow: solo due quarti posti a punti, che gli valgono il record personale di 10 punti in stagione, senza però migliorare il piazzamento dell’anno precedente. Una stagione deludente che avrebbe cambiato la formazione della Shadow in vista del 1977.
Tom Pryce nel corso della Race of Champions del 1975
Il drammatico GP di Sudafrica del 1977
Al via del Mondiale 1977, la Shadow cambia volto. Tom Pryce è ormai la prima guida, mentre al suo fianco, al posto del francese Jean-Pierre Jarier, viene ingaggiato l’italiano Renzo Zorzi. Un inizio di stagione piuttosto deludente, con due mancati piazzamenti in Argentina e Brasile, prima della gara che iscriverà per sempre, suo malgrado, il nome di Pryce nella storia del motorsport. Si tratta del famigerato GP del Sudafrica del 1977, per anni ritenuto la più cruenta gara nella storia del motorsport.
Dopo una buonissima seconda sessione di prove libere, concluse con il miglior tempo, la Shadow di Tom Pryce chiude le qualifiche con una mediocre prestazione che vale al gallese il quindicesimo posto in griglia, mentre il compagno Zorzi partirà addirittura ventesimo. Sarà una gara complicata, ma nessuno può prevedere quanto. Al ventunesimo giro, la Shadow di Zorzi si ferma lungo il rettilineo del traguardo, parallelamente alla corsia dei box. Il pilota italiano scende dall’auto per provare a spostarla e metterla in sicurezza ma, improvvisamente, un principio d’incendio spaventa Zorzi e spinge i commissari di gara a intervenire.
È un’epoca completamente diversa, senza Safety Car né le attuali misure di sicurezza. A quanto dirà George Witt – responsabile della squadra di sicurezza del circuito di Kyalami – manca anche qualche istruzione e autorizzazione dall’alto, che in teoria avrebbe dovuto fermare l’intervento del personale di sicurezza. Ma non lo fa. Due uomini attraversano rapidamente il rettilineo a gara in corso con in mano un estintore. A complicare le cose c’è la struttura del circuito: il rettilineo è in falso piano, chi accorre all’inizio non vede ciò che succede a metà dello stesso. E in quel momento sono tre i piloti accorrenti: Hans-Joachim Stuck, Jacques Laffite e, appunto, Tom Pryce.
Il primo commissario passa indenne, il secondo no. Si tratta di un ragazzo di diciannove anni di nome Frederik Jansen van Vuuren, che viene travolto dalla vettura di Pryce, accorrente a 270 km/h. L’impatto è devastante, tanto rapido che i piloti in corsa non si accorgono neanche del corpo sbalzato via e ucciso all’istante. Zorzi e l’altro commissario continuano le operazioni sulla vettura, forse senza rendersi pienamente conto subito della tragedia appena avvenuta.
Quanto accaduto spiega solo parzialmente il concetto di “trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato” che coinvolge Pryce. Perché fra quelli che non si rendono conto di nulla c’è Laffite, che continua la sua azione e, approfittando di un rallentamento, alla staccata effettua il sorpasso su Pryce. Non sa che alla guida, ormai, non c’è più nessuno. Lo capisce solo quando vede la Shadow uscire di pista senza sterzare. La scoperta arriva poco dopo ed è macabra: Pryce è morto. In un modo atroce. Quando ha investito il giovane van Vuuren, questi stava trasportando un estintore che è schizzato via, ricadendo proprio sulla testa del povero pilota gallese.
Con una forza inimmaginabile data dal mix tra il peso dell’oggetto e la velocità dell’impatto. L’estintore ricade con violenza sul casco di Pryce, distruggendolo e quasi decapitando il pilota. I commissari di gara tentano l’impossibile, chiamando soccorsi che nulla potranno per salvare il pilota ventottenne.
Il lascito del GP del Sudafrica e i cambiamenti dopo il 1977
Per gli almanacchi, a vincere fu Niki Lauda. Un successo speciale: il primo dopo il terribile incidente del Nürburgring dell’anno precedente e il primo passo verso il titolo mondiale, ma anche perché conquistato a motore spento, con gli ultimi giri in apnea a causa di un guasto al radiatore, provocato da un detrito della vettura di Pryce. Alle sue spalle il padrone di casa Jody Scheckter e il francese Patrick Depailler.
Si tratterà anche dell’ultima gara in carriera di Carlos Pace, che appena due settimane dopo morirà in un incidente aereo. Stuck, uno dei piloti in lotta con Pryce per la posizione, avrebbe detto dopo la gara:
Arrivando in cima al falsopiano, all’improvviso ho notato questo commissario attraversare la pista dalla mia destra con un estintore in mano. Ancora non so come ho fatto a farla franca. Non c’era tempo di evitarlo, ho reagito di puro istinto.
La posizione di Stuck e la sua reazione istintiva impedirono a Pryce di avere lo stesso margine di manovra. Un impatto devastante, che per miracolo non causò altre vittime. L’estintore, dopo aver colpito Pryce, volò sopra le tribune e finì nel parcheggio dell’autodromo.
Quella gara entrò negli annali come la più cruenta nella storia del motorsport, almeno fino a Imola 1994. Il weekend in cui il motorsport perse Roland Ratzenberger e Ayrton Senna, e che finalmente costrinse la FIA a ripensare la sicurezza in pista.