Maestrelli, l’immortale spirito guida della Lazio

Sono le 17.45 del 12 maggio 1974. La voce di Enrico Ameri scandisce in modo preciso il giorno e l’orario, perché si fa così con i momenti in cui si scrive la storia. In mezzo al prato dello Stadio Olimpico due uomini si abbracciano. Ci piace pensare che per un attimo il tempo si fermi. La Lazio ha appena vinto il suo primo storico scudetto.

Un’opera portata a termine da un gruppo di giocatori anarchici e senza regole, una banda di pazzi, come scrive qualche giornale dell’epoca, grazie alla sapiente guida del tecnico Tommaso Maestrelli. Una lunga rincorsa verso il titolo cominciata in Serie B solo tre stagioni prima. Una favola d’altri tempi, ricca di gioie immense e di ferite incancellabili. Una di quelle storie che vale la pena raccontare.

Il binomio che lega la Lazio e Tommaso Maestrelli ha inizio nella stagione 1971-72. I biancocelesti sono appena retrocessi in Serie B dopo una stagione ricca di ombre e anche lo stesso Maestrelli non è riuscito a salvare il suo Foggia dalla discesa in cadetteria. Sin da subito il tecnico chiede alla società la conferma dei due maggiori talenti della rosa: il difensore Pino Wilson, designato come capitano, e l’attaccante Giorgio Chinaglia, che di quella squadra diventerà presto il giocatore simbolo.

 

Il leader

Giorgio Chinaglia nasce a Carrara il 24 Marzo 1947. A soli 8 anni emigra in Galles insieme alla famiglia e sin da adolescente si fa notare per il suo fisico imponente. Viene visionato dall’allenatore della squadra locale di rugby, ma lui preferisce il calcio. La prima società a tesserarlo è lo Swansea City. Il ragazzo ha 17 anni e alterna gli allenamenti con la prima squadra al lavoro di lavapiatti nel ristorante del padre. I soldi in famiglia sono pochi e serve lavorare molto. Inoltre, il presidente dello Swansea lo ritiene sgraziato, poco professionale e dal temperamento troppo aggressivo. Per questo, dopo appena due stagioni non gli rinnova il contratto.

Un’adolescenza complicata, la quale sprigiona in lui un forte spirito di rivalsa. Una volta rientrato in Italia l’occasione non tarda ad arrivare. Nel 1966 viene tesserato dalla Massese, società con la quale disputa un buon campionato di Serie C. L’anno successivo il trasferimento all’Internapoli, squadra campana del quartiere Vomero, dove milita per due stagioni e incontra per la prima volta il compagno di squadra Pino Wilson: due anni più tardi si trasferiranno insieme alla Lazio, appena promossa in Serie A, alla corte del presidente italoamericano Umberto Lenzini, che ascolterà il consiglio dell’allenatore argentino Juan Carlos Lorenzo.

Per le strade di Roma, Chinaglia è semplicemente “Giorgione”, per i tifosi più sofisticati invece è Long John, a causa della somiglianza fisica con la leggenda del calcio gallese John Charles. La prima stagione in biancazzurro si conclude con 12 reti all’attivo e un piazzamento a metà classifica. Il campionato successivo però è deludente e la guida di Lorenzo è sempre meno salda: c’è il baratro della Serie B.

 

L’inizio dell’era Maestrelli

La Lazio decide di ripartire da Tommaso Maestrelli e gli sforzi della proprietà consentono di trattenere Wilson e Chinaglia. L’attaccante è fuori categoria e il suo peso specifico in Serie B è enorme. Segnerà addirittura 21 reti, che gli permetteranno di vincere largamente il titolo di capocannoniere e persino di guadagnarsi una convocazione in Nazionale, la prima volta in assoluto per un giocatore del campionato cadetto. La Lazio ci mette un po’ ad ingranare ma non smentisce il ruolo di favorita, classificandosi seconda alle spalle della Ternana di Corrado Viciani e guadagnando di diritto la promozione diretta in Serie A.

L’anno seguente l’obiettivo è quello di assicurarsi una salvezza tranquilla ma il compito è arduo e Maestrelli lo capisce sin dal ritiro estivo: la squadra è profondamente trasformata e i tifosi sono rimasti delusi a seguito della cessione all’Inter di Giuseppe Massa, uno dei talenti più promettenti della rosa; sul fronte degli acquisti sono arrivati il portiere Pulici, l’esperto centrocampista Frustalupi e la giovane ala Garlaschelli. L’innesto più importante però, fortemente voluto da Maestrelli, è quello del centrocampista Luciano Re Cecconi: il tecnico lo aveva già allenato nell’esperienza a Foggia e lo ha voluto fortemente alla Lazio.

 

Un miracolo

Le prime uscite stagionali non convincono. Arriva addirittura una disastrosa eliminazione in Coppa Italia per mano del Taranto e Maestrelli viene messo sul banco degli imputati. A seguito di una riunione tenutasi in gran segreto tra i vertici della società biancazzurra, si sceglie di dare al mister un’altra opportunità e di confermargli la fiducia. Alcuni accorgimenti tattici di Maestrelli danno i loro frutti: Martini viene spostato in difesa, mentre Re Cecconi agisce da centrocampista con compiti di copertura; Frustalupi è invece più avanzato e pertanto ha maggiore libertà di gioco. Il punto di riferimento offensivo rimane ovviamente Chinaglia, anche se Maestrelli gli chiede esplicitamente di ripiegare maggiormente in fase difensiva. Nonostante il calendario complicato, i biancocelesti raccolgono quattro punti nelle prime tre giornate. Si arriva addirittura al derby della sesta giornata con le romane e le milanesi appaiate in testa alla classifica, evento più unico che raro. La Lazio quella stracittadina se la aggiudica per 1-0 grazie alla rete di Nanni, un bel tiro dalla distanza dopo aver mandato a vuoto due difensori rivali.

Il gol di Nanni che decide il derby

 

Dalla Serie B alla lotta scudetto

Fino all’undicesima giornata sono sorprendentemente i biancocelesti a comandare la graduatoria, esprimendo un gioco allo stesso tempo fluido ed efficace. Il promettente inizio è però il preludio ad una serie di pareggi deludenti che escludono la Lazio dalla lotta scudetto, che sembra destinata a trasformarsi in un duello tra Milan e Juventus.

La Lazio torna però protagonista nel girone di ritorno e riesce ad inanellare ben 8 vittorie consecutive, culminate dal discusso successo per 2-1 contro il Milan del 21 aprile 1973. Una gara avvelenata dalle polemiche a causa di un gol annullato proprio allo scadere al rossonero Chiarugi. A 90 minuti dalla fine del torneo la classifica recita: Milan 44, Juventus e Lazio 43. Ci si gioca tutto all’ultima giornata.

 

Finale al cardiopalma

Una giornata di luci e di ombre. La strada sembra spianata per il Milan, che deve affrontare in trasferta un Verona senza più obiettivi. Juventus e Lazio sono invece chiamate ad impegni sulla carta più difficili, giocando rispettivamente in trasferta contro Roma e Napoli. L’ultima di campionato è però ricca di colpi di scena e al termine del primo tempo il Milan è clamorosamente sotto 3-1 a Verona. Anche la Juventus sta perdendo in casa della Roma, per 1-0, mentre a Napoli la Lazio è ancora ferma sullo 0-0. Ma nella ripresa, tutto cambia.

Le tenue speranze milaniste sono destinate a svanire del tutto a metà del secondo tempo, quando il Verona si porta sul 4-1. Il risultato finale sarà 5-3. Una partita che viene ancora oggi ricordata come La fatal Verona. Nel mentre, la Juventus si porta sull’1-1 grazie alla rete di Altafini al minuto 61. Il finale è più che mai al cardiopalma. Mancano solo tre minuti alla fine quando al San Paolo giunge la notizia che la Juventus si è appena portata in vantaggio grazie ad una rete di Cuccureddu.

Per la Lazio non c’è nemmeno il tempo di rammaricarsi. Il dramma biancoceleste si compie definitivamente quando l’ala partenopea Oscar Damiani anticipa tutti e mette il pallone alle spalle di Pulici. La Juventus può festeggiare allora il 15º titolo della propria storia, nonostante le polemiche per le presunte combine negli spogliatoi. Alla Lazio rimane l’amarezza di essere arrivata ad un passo dall’impresa, svanita all’ultimo minuto.

 

L’Italia degli anni di piombo

L’Italia di quegli anni è scossa da episodi di violenza ed attentati di matrice terroristica condotti da gruppi politici neofascisti: ben 140 tra il 1968 e il 1974. Il più cruento e sanguinoso il 12 dicembre 1969, quando un ordigno esplode all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura nel centro di Milano provocando 17 morti e 88 feriti, in quella che viene ricordata come “la strage di Piazza Fontana”.

Un anno più tardi, durante la notte dell’Immacolata, l’ex comandante della X Flottiglia Mas, Junio Valerio Borghese, progetta la realizzazione di un colpo di Stato, con tanto di proclama alla nazione. L’attuazione del piano è ormai ad uno stato di avanzata esecuzione quando arriva il contrordine: annullare tutto immediatamente. Un golpe sventato per motivi mai definitivamente chiariti.

La Lazio si trova nel ritiro estivo di Pievepelago, località dell’Appennino modenese, quando nel gruppo squadra cominciano a circolare le armi. Pistole Colt, 44 Magnum, persino un mitra M16. I giocatori si divertono a svolgere dei goliardici tiro a segno anche con sagome dinamiche in movimento. Una squadra caratterizzata da una profonda spaccatura all’interno dello spogliatoio costituita da due veri e propri clan apparentemente inconciliabili.

 

Una squadra spaccata in due

I leader non possono non essere Martini e Chinaglia. Due atteggiamenti umani differenti che sfociano nella volontà di prevalere ostinatamente sull’altro, costi quel che costi. Nella realtà, quasi disinteressati alla politica ma, secondo l’opinione pubblica, una banda di fascisti senza mezzi termini.

Meccanismo regolatore di quel mucchio selvaggio è Tommaso Maestrelli. Molto più di un semplice allenatore per molti dei suoi ragazzi, piuttosto un secondo padre, precursore nell’indagare gli aspetti psicologici individuali dei propri giocatori e di incanalare gli istinti di quel gruppo scalmanato verso l’obiettivo comune della vittoria sul campo. Il gioco della Lazio esprime i principi del calcio totale olandese. Una squadra di corsa e sacrificio che sa far divertire i propri tifosi.

Le favorite del campionato ’73-’74 sono le milanesi e le torinesi. La Lazio viene vista come potenziale outsider ma in molti dubitano circa la possibilità che possa confermare la brillante stagione precedente. A partire meglio di tutti è però il Napoli, squadra profondamente trasformata durante la sessione estiva di calciomercato. Biancocelesti e azzurri si trovano di fronte ala 9ª giornata, il 16 dicembre 1973: la gara è aperta ad ogni possibile risultato, con repentini cambi di fronte da una parte e dall’altra. Il gol partita arriva al minuto 76 e porta la firma di Chinaglia. Una vittoria di misura che consente alla Lazio di raggiungere il primato in coabitazione con la Juventus. Una serie di altri convincenti successi consacra il gruppo di Maestrelli come campione d’inverno, ma i bianconeri continuano ad insidiare la squadra capitolina. L’attesa spasmodica si riversa allora nello scontro diretto tra le due rivali, che ha luogo domenica 17 febbraio, in occasione della 18ª giornata.

 

La Lazio ruba il fuoco agli dei

L’Olimpico è pieno oltre la capienza consentita per la partitissima dell’anno, che ha fruttato alla Lazio oltre 286 milioni di incasso e costituisce il nuovo record assoluto. Quel che più conta però, è la netta affermazione dei biancocelesti sulla Juventus. La Lazio che ha rispettato la previsione del suo allenatore Maestrelli, che aveva preannunciato una prova di altissimo livello. Già al 6’ i romani si trovano in vantaggio grazie a un gol messo a segno da Garlaschelli dopo una serie di rimpalli in area juventina in seguito a un cross di Inselvini. Al 28’ il raddoppio è siglato da Chinaglia su calcio di punizione. Al 51’ Wilson atterra Gentile al limite dell’area e l’arbitro concede un calcio di rigore per la Juventus. Ad incaricarsi della battuta è Cuccureddu. Proprio una sua rete ha condannato la Lazio l’anno precedente ma stavolta Pulici respinge mandando in visibilio il pubblico biancoceleste.

Solo quattro minuti più tardi Petrelli trattiene per un braccio Altafini  e il direttore di gara concede un nuovo tiro dagli 11 metri. Questa volta è Anastasi a battere, ed accorcia il risultato per 2-1. Al 65’ Chinaglia viene atterrato dal bianconero Morini in area. Long John dal dischetto non fallisce, realizzando così il 3-1 che sarà anche il risultato finale, mandando la Lazio in fuga verso lo scudetto.

 

12 maggio 1974

Il compimento dell’opera di Maestrelli e dei suoi ragazzi arriva il 12 maggio 1974, con una giornata di anticipo, grazie ad una vittoria sul Foggia per 1-0 con un calcio di rigore del solito Chinaglia. Alla presenza del presidente della Repubblica Giovanni Leone, la Lazio festeggia la conquista del primo scudetto in 74 anni di storia.

La giornata più lunga di sempre per molti tifosi del club capitolino. Il raggiungimento di un traguardo incredibile, l’apoteosi biancoceleste. Lo scudetto della Lazio porta la firma di Tommaso Maestrelli, un allenatore diplomatico, signorile, sempre moderato nelle dichiarazioni alla stampa, capace di formare una famiglia e condurla al successo.

 

L’incubo dopo il sogno

Durante la stagione successiva la Lazio è capace di tenere il passo delle prime per gran parte della stagione, ma durante la domenica di Pasqua del 1975, di ritorno da una trasferta vittoriosa a Bologna, Maestrelli accusa un malore e viene ricoverato per accertamenti. Dapprima si pensa ad una gastrite da stress ma poi arriva la terribile diagnosi: tumore al fegato con estese metastasi allo stomaco. L’artefice di quello straordinario successo è forzatamente costretto ad abbandonare i suoi ragazzi, i quali rimangono letteralmente tramortiti.

La notizia inizialmente non viene diffusa ma la tensione travolge tutta la rosa, tanto che nella successiva gara casalinga contro il Torino la Lazio si trova sotto già per 2-0 all’intervallo. Negli spogliatoi poi un dirigente parla chiaro: per Maestrelli l’aspettativa di vita è di tre mesi. I calciatori scoppiano in lacrime, disperati.

La squadra, affidata nel frattempo al viceallenatore Lovati, conclude quarta in campionato. La famiglia Maestrelli viene travolta dall’amore delle persone. I figli del tecnico, i gemelli Massimo e Andrea, diventano autentiche mascotte del tifo laziale. Iconiche sono le immagini che li raffigurano sul balcone di casa insieme al padre.

 

Rivoluzione

Grazie ad una terapia innovativa per l’epoca, Maestrelli riprende miracolosamente le energie dopo essere dimagrito di circa 20 kg. Le analisi confermano una netta regressione della malattia e la stampa si dedica con dedizione al racconto del suo processo di guarigione. Per la stagione 1975-76 la Lazio viene affidata al giovane allenatore Giulio Corsini, che bene aveva fatto durante l’annata precedente all’Atalanta.

Vengono ceduti Nanni, Oddi e Frustalupi con l’obiettivo di ringiovanire la rosa ma il nuovo tecnico non viene viene seguito dai grandi vecchi dello spogliatoio, in particolare da Chinaglia che si sente orfano dell’allenatore-padre che lo aveva lanciato nel grande calcio.

 

L’ultimo regalo del Maestro

La Lazio si trova addirittura penultima in campionato all’8ª giornata. Una situazione disastrosa che costringe il presidente Lenzini ad affidare, a furor di popolo, la panchina nuovamente a Maestrelli, rimessosi in sesto dopo la malattia. Con una squadra notevolmente indebolita e grazie ai colpi di un debuttante Bruno Giordano, promosso dalla Primavera, i biancocelesti riescono incredibilmente a raggiungere un’insperata salvezza.

Un’impresa dal retrogusto amaro però, perché poche settimane prima Giorgio Chinaglia ha lasciato frettolosamente la Lazio per trasferirsi ai New York Cosmos di Pelé. Poco più tardi la malattia colpisce nuovamente Maestrelli che muore il 2 dicembre 1976 a soli 54 anni.

 

La maledizione della Lazio

Il giorno seguente Roma si ferma per celebrare il suo funerale alla presenza di una folla che lo saluta in un commovente ultimo abbraccio. Appena un mese e mezzo dopo, il 18 gennaio 1977, un’altra tragedia si abbatte sulla Lazio e strappa la vita al ventottenne Luciano Re Cecconi, ucciso da un colpo di pistola sparato dall’orefice Bruno Tabocchini in una gioielleria di Roma. Secondo le testimonianze, un gioco finito male. Forse un colpo partito accidentalmente.

L’ultima ferita risale però al primo aprile 2012, quando un infarto si porta via da latitante Giorgio Chinaglia all’età di soli 65 anni. Nel 1983 era tornato in Italia come presidente della Lazio, ed era stato accolto come sempre da grande condottiero. Aveva poi in seguito fatto ritorno negli Stati Uniti e nel 2008 era stato emesso nei suoi confronti un mandato di arresto nell’ambito dell’inchiesta Broken Wings, condotta dalla Digos e dalla Guardia di Finanza.

 

Per sempre insieme

Il corpo di Giorgio Chinaglia, secondo le sue volontà, viene tumulato nella tomba della famiglia Maestrelli, accanto a quella di Tommaso. Una guida, non solo per la leggenda della Lazio ma per tutto il popolo biancoceleste, colpito lo scorso 6 Marzo 2022 anche dalla scomparsa dello storico capitano biancoceleste Giuseppe Wilson, detto Pino, stroncato da un ictus. Tommaso Maestrelli e i suoi ragazzi. Simbolo di lazialità eterna. Esempio di spiccato valore umano sul campo e nella vita. Un punto di riferimento assoluto. Non a caso, lo ricorda Aldo Donati nell’inno della Lazio: “Su c’è il Maestro che ci sta a guardà”.

 


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Di Alessio Castagnoli

Articolista collaboratore di Bologna Sport News e Il Pallone Gonfiato. Creo contenuti social per necessità, ma sono affezionato ai vecchi media. Il mio primo amore? La radio non morirà mai!