Dal sogno Champions al fallimento: il “Pavia dei cinesi”

Pavia - Puntero

Tutto nasce dalla decisione dell’allora presidente Pierlorenzo Zanchi di cedere la società a causa dei debiti che la attanagliavano. La merce sul piatto è l’A.C. Pavia, la squadra di una delle province più importanti della Lombardia. Inizia in questo modo una delle meteore più incredibili del calcio italiano, “il Pavia dei cinesi”. Una situazione che nel pavese è un ricordo tutt’ora vivido e i cui strascichi, non ancora assorbiti, continuano a fare effetto. Per tutto il resto d’Italia, invece, è probabilmente solo l’ennesimo caso di mala gestione economica, nel mastodontico e complesso mondo del calcio.

 

I motivi del crollo

La 2013/14 è una stagione di passaggio per moltissime squadre. La struttura del terzo livello del calcio nazionale viene fortemente rimaneggiata: niente più Prima Divisione e Seconda Divisione, ma una nuova Lega Pro a tre gironi. Anche la rosa del Pavia viene rivoluzionata: poche conferme, tantissimi volti nuovi e una situazione che non sembra preannunciare un’annata tranquilla. E infatti la squadra crolla: solo 4 vittorie stagionali e tre avvicendamenti in panchina. La logica conseguenza è che il presidente Zanchi, nonostante l’ammissione alla nuova Lega Pro a 60 squadre che raggruppa Prima Divisione e Seconda Divisione, spinga per la cessione. Si tratta di un “mollare la presa” senza possibilità di fraintendimenti. Il Pavia non può continuare su questa strada: serve un colpo di reni che possa sparigliare le carte in tavola. E la svolta arriva, dall’Estremo Oriente.

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Pierlorenzo Zanchi, ultimo presidente pavese prima della rivoluzione cinese

 

L’onda cinese investe il calcio europeo

È l’estate del 2014 e l’influenza del mercato cinese sul calcio europeo non può più essere ignorata. Negli ultimi anni moltissimi club della Super League si sono fiondati su giocatori di primissimo piano del Vecchio Continente. Nicolas Anelka, Didier Drogba, Lucas Barrios, Seydou Keita e Alessandro Diamanti sono solo alcuni dei campioni dei principali campionati che hanno fatto le valigie negli anni precedenti e durante quell’estate arriverà anche Alberto Gilardino. Senza contare il già presente Marcello Lippi che dal 2012 sta facendo faville da allenatore del Guangzhou Evergrande.

Non è solo la lucida follia di alcuni club che attirano a sé i campioni con la forza economica di cui dispongono, è l’intero movimento calcistico cinese che investe, mette le radici e cerca di coltivare e alimentare un processo di crescita. Tant’è che i veri colpi da novanta arriveranno negli anni successivi, per cifre vicine, e a volte anche superiori ai 100 milioni di euro, considerando prezzo di acquisto e stipendio. Naturalmente il flusso di atleti e uomini non è unidirezionale. Per tanti campioni che accettano la sfida asiatica, ci sono altrettanti imprenditori, fondi di investimento e aziende che guardano con interesse al calcio europeo.

L’imminente Expo 2015 a Milano è un’occasione ghiotta per attirare potenziali acquirenti sul mercato italiano. L’attenzione sull’evento, in Cina, è ai massimi storici: c’è la possibilità di affacciarsi con forza anche nel tessuto economico italiano e lombardo, nello specifico. Insomma, è chiaro che il Pavia in difficoltà economica e sul mercato è una preda succulenta. Con questi presupposti, due uomini di mercato cinesi decidono di perseguire la strada che porta alla città della Certosa. Le due figure cardine di questa avventura sono Xiaodong Zhu, che risulta il presidente del fondo Pingy Shanghai Investment, e Qiangming Wang, titolare di Agenzia per l’Italia, società di investimenti cinese in Italia.

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Zhu e Wang, proprietari cinesi che hanno fatto sognare Pavia

 

“Un Pavia da Champions League”

Il passaggio di mano viene ufficializzato il 4 luglio 2014: il presidente Zanchi cede la società a Zhu e Wang. L’intento del fondo è quello di utilizzare la squadra di calcio come il fiore all’occhiello di una più ampia serie di investimenti da attuare in Italia. Come annunciato dal neopresidente Wang, l’obiettivo è rendere Pavia un polo industriale per imprese cinesi, partendo dall’allestimento di una rosa competitiva e passando per interventi mirati sul territorio, compreso l’ammodernamento dello stadio. L’approdo avviene in pompa magna. La dirigenza promette subito la Serie B, poi la Serie A e la Champions League.

La prima stagione del Pavia a tinte cinesi è un successo. Sotto la guida di Riccardo Maspero prima e di Giovanni Vavassori poi, il Pavia arriva terzo in classica e si qualifica per i play-off. Perde contro il Matera e deve dire addio alla Serie B. Ma il futuro sembra roseo, come dimostrano gli stipendi altissimi pagati a dirigenti e calciatori. C’è però anche qualche crepa evidente: Zhu è raramente in Italia, tutto il peso della gestione societaria grava sulle spalle di Wang che tuttavia non ha lo stesso potere decisionale del socio. I progetti rapidamente si tramutano in promesse non mantenute e la bolla dell’entusiasmo dell’intera piazza si sgonfia.

Nella stagione successiva, dopo l’ennesimo valzer di panchine (quattro cambi in un anno), il progetto implode. Le spese sono troppo elevate e la proprietà annuncia il proprio disimpegno nel mese di marzo, chiudendo i rubinetti per giocatori e fornitori: niente più stipendi. Il club viene venduto alla cifra simbolica di un euro all’imprenditore romano Alessandro Nuccilli che non completa l’iscrizione al campionato di Lega Pro. Il Pavia cade nuovamente nel baratro del dilettantismo.

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Mister Vavassori con Abbate e Soncin

 

Ripartire dalla cenere

Le parole più significative, in questo senso, arrivano da Giovanni Luce, addetto stampa del Pavia di quegli anni:

Con la scusa dello scarso rendimento in campionato, da aprile hanno deciso di non pagarci più le mensilità dovute da marzo in poi, facendo progressivamente perdere le tracce.

I proprietari asiatici riescono ad abbandonare il club in un baleno, con conti insaldati e circa 5 milioni di euro di debiti. Nuccilli garantisce il pagamento degli stipendi arretrati e il pagamento dei debiti, ma la domanda di iscrizione alla Lega Pro non arriverà mai. L’AC Pavia fallisce definitivamente il 5 ottobre 2016. Prima della dichiarazione ufficiale di fallimento, il comune di Pavia ottiene il diritto di fondare un nuovo club, con il nome di Football Club Pavia 1911 S.S.D., che non riuscirà, però, ad iscriversi al campionato di Serie D 2016/17. Si riparte dall’Eccellenza e da una società nuova, che appartiene dapprima al sindaco, Massimo Depaoli e poi ad un sodalizio che opera nel settore tessile e edile, con Cristian Rasparini come presidente. Il Pavia ottiene la promozione in Serie D al primo anno e torna a sognare in grande. Purtroppo  anche in questo caso il sogno durerà poco, giusto un paio di stagioni: al termine della stagione 2018/19 il club retrocede nuovamente in Eccellenza.

Eppure non tutto il male verrà per nuocere, quel crollo è l’inizio della nuova era: l’imprenditore italo-svizzero Giuseppe Nucera rileva il club e sceglie l’esperto Antonio Dieni come direttore generale. Nonostante la squadra sia ancora oggi in Eccellenza, la solidità garantita dalla nuova presidenza fa ben sperare per il futuro. 

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Un’immagine tratta dal match contro la Castanese, in Eccellenza

 


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Di Francesco Alessandro Balducci

Classe 1998, Laureato in Lettere Moderne, con tanti sogni nel cassetto e pochi spazi per contenerli. Appassionato di arte in ogni sua forma.