“Non è mai facile confermarsi in un major” aveva detto in conferenza stampa Darren Cahill, uno dei due allenatori di Jannik Sinner, appena prima della finale degli Australian Open 2025, da giocare contro il tedesco Alexander Zverev. Eppure il suo allievo l’ha subito smentito, dominando l’atto conclusivo del torneo con il punteggio di 6-3 7-6 6-3, senza mai concedere all’avversario nemmeno una palla break. Solo altre due volte nella storia il vincitore di uno Slam ci era riuscito in una finale: Roger Federer a Wimbledon nel 2003 (contro Mark Philippoussis) e Rafael Nadal nel 2017 allo U.S. Open (contro Kevin Anderson).
Si è trattato inoltre del terzo Slam vinto in carriera su tre finali giocate, tutte sul cemento, che confermano come sul veloce Sinner sia il tennista più forte della sua generazione ‒ e anche della precedente, considerando come abbia già nel proprio palmarès più titoli rispetto ai migliori atleti nati negli anni Novanta, tra cui lo stesso Zverev, che è ancora alla ricerca della prima vittoria in un major.
Con questa affermazione, l’altoatesino è diventato poi il tennista italiano più vincente negli Slam, staccando Nicola Pietrangeli, che aveva vinto due Roland Garros di fila a fine anni Cinquanta ‒ tutta un’altra epoca. Sinner è inoltre il primo a centrare il back to back in Australia dal 2001, quando a riuscirci fu Andre Agassi (anche lui allenato da Cahill, tra l’altro), nonché il più giovane dai tempi di Jim Courier (1992-1993).
Tutto questo (e molto altro) Jannik lo ha ottenuto in seguito a una finale non troppo emozionante, con pochissimi momenti entusiasmanti, a tratti anche ‒ piacevolmente, almeno per noi italiani ‒ noiosa e scontata. Una partita giocata da entrambi di forza, sia mentale che di braccio. Due livelli sui quali il numero 1 al mondo sa eccellere in maniera particolare.
Una finale mai in bilico
Se la finale è sembrata facile, però, è stato banalmente perché Sinner è riuscito a renderla tale. Il tennista italiano è entrato in campo con un’idea chiara di gioco ed è riuscito ad applicarla alla perfezione, mettendo fin da subito ansia a Zverev. Il tedesco si è trovato costretto a chiudere gli scambi in fretta per non andare sul terreno preferito di Sinner, scivolando però in grossa difficoltà soprattutto quando sollecitato sul suo dritto.
A tenere a galla il tedesco ‒ almeno fino all’ottavo gioco del primo set ‒ è stato soprattutto il servizio. Eppure, il break da parte di Sinner non è mai sembrato essere in discussione: più che se potesse riuscire a strappare il servizio all’avversario, c’era da chiedersi quando questo sarebbe successo.
Il secondo set è stato più equilibrato, soprattutto perché Zverev è riuscito a dare maggiore continuità al proprio rovescio e Sinner è leggermente calato con la seconda di servizio. Il tedesco, però, non è mai riuscito a trovare un modo per scardinare i meccanismi perfetti dell’avversario e ha continuato semplicemente a tirare il più forte e vicino possibile alle righe del campo.
Quando la situazione sembrava poter diventare pericolosa, sul 30 pari del dodicesimo gioco con Zverev avanti 6-5, Sinner ha poi messo in mostra una delle sue più grandi capacità, quella di esprimere il meglio di sé nelle situazioni difficili. L’ha confessato lui stesso anche nell’intervista post partita, di godersela quando si trova sotto pressione. In particolare, in quel momento così delicato, ha fatto correre in avanti e all’indietro uno Zverev che però ribatteva tutto, per poi infilarlo con un passante in lungolinea di rovescio, in quello che è stato il punto più bello e combattuto della finale.
Nel successivo tie-break, Sinner è poi stato praticamente perfetto in tutti i fondamentali, e il nastro che lo ha aiutato a raggiungere il set point ‒ poi subito concretizzato ‒ è sembrato quasi un segno che anche il destino si fosse arreso alla sua manifesta superiorità.
This 𝐟𝐢𝐧𝐚𝐥 🍿
Sinner and Zverev are putting on a fantastic show 🔥#AusOpen pic.twitter.com/TGiMIU3SKK
— Eurosport (@eurosport) January 26, 2025
Il trionfo del terzo set
A leggere il linguaggio del corpo di Zverev, la partita si è conclusa in quel momento. Il tedesco ha iniziato a vagare per il campo senza più trovare soluzioni, scuotendo il capo rassegnato davanti ai suggerimenti provenienti dal suo angolo. Sinner ne ha così approfittato per mettere in mostra a sprazzi la sua “modalità mostro”, così come l’aveva definita l’altro suo allenatore, Simone Vagnozzi, dopo la netta vittoria nei quarti contro Alex De Minaur. Una modalità vista poi anche in semifinale contro Ben Shelton, soprattutto nel secondo e nel terzo set.
L’altoatesino è diventato praticamente ingiocabile e non ha più avuto bisogno di variare il proprio gioco per tenere a bada Zverev, almeno fino alla palla corta ben giocata sul match point. Per il resto, gli è bastato fare quello che sa fare meglio: accelerazioni feroci e colpi profondi e angolati a ripetizione.
“Speravo di essere più competitivo, ma sei semplicemente troppo forte” ha poi confessato a fine partita Zverev, ridotto in lacrime dalla delusione. Delle tre finali Slam da lui giocate in carriera, questa agli Australian Open 2005 è stata effettivamente quella in cui è risultato più inerme, quella della quale può rammaricarsi di meno. Nel 2020, agli U.S. Open, aveva perso da Dominic Thiem ‒ al suo primo e unico titolo in un major ‒ dopo aver vinto i primi due set; lo scorso anno, al Roland Garros, si era trovato in vantaggio di due a uno nei confronti di Carlos Alcaraz, prima di farsi rimontare.
In questo caso, Zverev arrivava alla finale in grandissima fiducia, da secondo della classifica ATP, dopo essersi dimostrato solido e impeccabile per tutti i turni i precedenti. In tanti, tra giornalisti ed ex giocatori, pensavano infatti che potesse vincere almeno un set e allungare il più possibile la partita, pur dando per favorito l’avversario. E invece il tedesco non è mai nemmeno riuscito a trovare un modo per mettere in difficoltà Sinner, e la sua finale è andata avanti in modo piuttosto spedito sui binari scelti da quest’ultimo.
Sinner sa fare sempre la cosa giusta
Da parte sua, l’italiano ha invece messo in mostra la sua capacità di saper fare sempre la cosa giusta nei momenti decisivi, con 32 colpi vincenti messi a segno (contro i 25 dell’avversario) e soprattutto solo 27 errori non forzati, a fronte dei 45 di Zverev. L’impressione migliore Sinner l’ha fatto però al servizio, con 6 ace ‒ pochi, ma piazzati perlopiù nei momenti più importanti ‒ e una percentuale dell’84% di punti ottenuti con la prima (del 63% invece sulla seconda).
La battuta è proprio il fondamentale su cui il numero 1 al mondo ha dimostrato i maggiori miglioramenti nel corso di tutto il torneo, rendendolo più continuo nel rendimento, complice anche un nuovo lancio palla ‒ più basso ‒ che lo aiuta a servire meglio all’aperto, quando gli elementi atmosferici possono risultare condizionanti.
Per il resto ha contato molto la testa, che Sinner non ha perso nemmeno nell’unico momento di difficoltà del torneo, agli ottavi contro Holger Rune, dopo avere accusato un malore ‒ sul quale ha preferito mantenere un po’ di riserbo ‒ che gli è costato il secondo set e che lo ha rallentato all’inizio del terzo. In quel momento è bastato uno scambio spettacolare vinto dall’altoatesino su una palla break a sfavore a ridargli energie, spingendolo a gestire senza patemi la propria superiorità tecnica e tattica.
Jannik Sinner.
Holger Rune.
Point of the tournament.
Unbelievable stuff pic.twitter.com/HXnVuPwbxh
— José Morgado (@josemorgado) January 20, 2025
In mezzo a tutto questo, l’azzurro è riuscito anche a dare al suo torneo una nota di colore, quando, in un’intervista post-partita, ha confessato di dormire 10 ore a notte e spesso di fare anche un riposino di una mezz’ora prima delle partite, rimanendo rilassato fino quasi all’ora di inizio. Qualche giorno dopo ci ha però tenuto a sottolineare come sia rimasto in piedi fino a tardi per vedere la partita dei quarti di finale fra Carlos Alcaraz e Novak Djokovic, terminata quando a Melbourne era circa l’una di notte.
Cosa ci lasciano gli Australian Open
Per tutto il torneo, in ogni caso, Sinner non ha avuto rivali, complici anche le eliminazioni nei quarti di finale di Carlos Alcaraz ‒ che ha messo in evidenza ancora una volta tutti i suoi limiti ‒ e in semifinale di Novak Djokovic, a causa di un infortunio alla coscia che l’ha portato al ritiro. Anche nei primissimi turni, in cui ha giocato male ‒ per sua stessa ammissione ‒ e ha concesso qualcosa agli avversari, è successo perché ha voluto provare soluzioni di gioco per lui inedite, soprattutto nelle discese a rete e nei colpi al volo. In finale, però, si sono visti tutti i quasi 4 mila punti di vantaggio che l’italiano ha sul secondo in classifica, un divario davvero importante.
Ma allora Sinner è troppo più forte rispetto agli avversari o quest’ultimi semplicemente non sono alla sua altezza? La verità sta probabilmente nel mezzo. L’italiano è di certo uno dei tennisti che domineranno il tennis nel prossimi anni ‒ il più possibile, speriamo noi in Italia ‒ come dimostrano anche i record raggiunti, che lo accostano a mostri sacri come John McEnroe, Roger Federer e Rafael Nadal.
Sulla terra rossa però i valori probabilmente si equilibreranno maggiormente, e giocatori come Alcaraz e lo stesso Zverev potranno metterlo maggiormente in difficoltà, soprattutto se riusciranno a correggere i propri difetti. E magari a ritrovare anche un po’ di quella fiducia che le prestazioni di Sinner stanno inevitabilmente togliendo loro.