Il calcio in Suriname tra dittatori, fuoriclasse e razzismo

Quando da bambino leggevo i miei album delle figurine, cercavo di carpire ogni informazione utile ad ampliare la conoscenza sui giocatori e sulle squadre. Un dettaglio particolare stazionava tra i dati anagrafici di alcuni calciatori, anche piuttosto forti. “Paramaribo (Suriname)”. Dietro queste due parole e la loro singolare musicalità c’erano i dubbi di un bimbo, che faceva domande le cui risposte erano, in alcuni casi, piuttosto vaghe. Perché alcuni calciatori olandesi sono nati in un posto chiamato Suriname? Dove si trova? Perché non giocano in quella nazionale?

 

Povertà e dittatura

Colonia olandese a partire dal diciassettesimo secolo e conosciuta come Guyana Olandese fino al 1954, il Suriname è lo Stato più piccolo del Sud America.

Oggi è un paese affascinante e tranquillo, ma la sua giovane storia è stata molto turbolenta. Dopo aver ottenuto l’indipendenza dai Paesi Bassi nel 1975, in un quadro già di estrema povertà, nel 1980 un colpo di stato portò al potere il dittatore Dési Bouterse, una figura estremamente controversa.

Come prima mossa, pur negando legami, il nuovo dittatore del Suriname intraprese una politica economica fondata su accordi con stati che si trovavano in aperto conflitto con gli Usa, come Cuba, Unione Sovietica e Libia. La cosa, ovviamente, piacque molto poco agli americani, che nel giro di qualche anno indebolirono il potere di Bouterse innescando una guerra civile con un gruppo di ribelli capitanati da Ronnie Brunswijk, ancora oggi vicepresidente del Suriname nonché proprietario di una delle maggiori squadre del campionato surinamese, l’Inter Moengotapoe.

Dopo anni di rappresaglie e guerra civile, nel 1991 il potere di Bouterse fu definitivamente rovesciato e il Suriname diventò una repubblica presidenziale, attuale forma di governo. L’economia, tuttavia, non fu risollevata dalla destituzione del dittatore. Di conseguenza i ragazzi del Suriname avevano solo un modo per poter guardare al futuro: prendere il primo volo per i Paesi Bassi e provare ad inserirsi in Europa.

L’ex dittatore Bouterse (a destra) e l’ex capo dei rivoluzionari Brunswijk (a sinistra). Oggi fanno parte della stessa fazione politica

 

Il calcio come occasione di rivalsa

Partiti pieni di speranze, i giovani surinamesi arrivati nei Paesi Bassi sbattevano contro una realtà ben diversa.

Confinati nel quartiere-ghetto di Bijlmermeer, un quartiere che il municipio di Amsterdam immaginava come futuro angolo moderno della città, si ritrovavano a convivere esclusivamente con altri immigrati di vari paesi, mentre gli olandesi abbandonavano in blocco la zona.

Come purtroppo accade in questi casi, a vincere era la disoccupazione e, quasi come diretta conseguenza, la criminalità. Bijlmermeer era Amsterdam solo nominalmente, di fatto inserirsi in un posto che dei Paesi Bassi aveva solo il nome era un’impresa e i pochi che ci riuscivano lo facevano grazie al loro talento nel calcio: gli scout andavano a vederli e li portavano nelle giovanili delle squadre di Eredivisie, dove in taluni casi potevano nascere delle vere e proprie perle.

 

Humphrey Mijnals, il pioniere

Il 3 aprile 1960 si gioca una partita a suo modo storica. Di fronte all’Olanda si para la Bulgaria ma le attenzioni sono destinate ad un calciatore della nazionale Oranje, Humphrey Mijnals.

Arrivato nei Paesi Bassi nel 1956, dopo una buona carriera in Suriname e Brasile, Mijnals è il primo calciatore di colore a vestire la maglia dell’Olanda.

Viene, ovviamente, dal Suriname, è un difensore molto atletico e non manca di dare spettacolo al suo esordio, con un salvataggio in rovesciata che fa notizia e diventa un’immagine iconica.

Ma la carriera di Mijnals in nazionale incontro uno stop abbastanza immediato: gioca altre due partite, poi emergono dei dissidi con la federazione. I motivi ufficiali non sono chiari ma gli spifferi sì e la parola che rimbalza è la solita: razzismo.

Ad avallare questa teoria non solo il fatto che Mijnals non sarà più preso in considerazione, tornando a vestire la maglia della nazionale del Suriname a tempo pieno, ma anche il fatto che per oltre vent’anni non ci saranno altri atleti surinamesi o di colore in nazionale.

La mitica rovesciata di Mijnals al suo esordio in nazionale olandese contro la Bulgaria

 

Anni ’80, il momento del Suriname

Ci vuole l’avvento degli anni Ottanta per raccogliere i frutti che la migrazione in paesi più avanzati. Non solo nel calcio.

Già, perché il più grande eroe sportivo del Suriname conosce la gloria proprio in questo decennio. Si chiama Anthony Nesty, è un nuotatore e nei 100m farfalla fa conoscere al mondo non solo il proprio nome ma anche quello della nazione che rappresenta.

Ad oggi, infatti, Nesty ha portato in dote l’intero bottino olimpico della storia del Suriname, con l’oro nei 100m farfalla a Seul 1988 (primo nuotatore di colore a trionfare in una olimpiade) e il bronzo nella stessa disciplina a Barcellona 1992.

Anche nel calcio arriva la ribalta. Dopo i fasti degli anni ’70 con Rinus Michels, il nuovo corso Oranje riparte con una maggiore integrazione ed il secondo calciatore di origini surinamesi a vestire la casacca della nazionale è Frank Rijkaard, nel 1981.

Rijkaard è anche uno dei tre giocatori di origine surinamese a partecipare al successo olandese agli Europei del 1988, assieme ad Aron Winter e Ruud Gullit. Quest’ultimo, che con Rijkaard condividerà l’avventura al Milan, all’epoca era senz’altro il miglior giocatore surinamese al mondo, tanto da essere il primo e l’unico a fregiarsi del Pallone d’Oro, nel 1987.

Di lì a poco arrivano altri nazionali di colore, come il portiere Menzo o l’ex Foggia Brian Roy.

Sembra un grande spot per i surinamesi eppure, sul finire dello stesso decennio, il fato avverso distruggerà di nuovo tutto.

Rijkaard suggella il periodo aureo dei surinamesi nei Paesi Bassi alzando al cielo la coppa: l’Olanda è campione d’Europa 1988

 

Il progetto Het Kleurrijk 11

Il rilancio degli sportivi surinamesi era un biglietto da visita importante per rilanciare le ambizioni dei ragazzi in quel di Paramaribo, città che ospita più o meno la metà della popolazione del Paese, invogliandoli ad investire nel proprio futuro.

Nel 1986 Sonny Hasnoe, un assistente sociale, fonda una squadra denominata Het Kleurrijk 11, letteralmente “gli undici di colore”, per riunire i calciatori del Suriname militanti nei Paesi Bassi.

Un progetto che, vista anche l’affermazione di alcuni di questi calciatori ai massimi livelli, voleva essere una cassetta di risonanza per i ragazzi ancora in Suriname, un Paese che stava provando lentamente a rialzare la testa ma che era ancora nel bel mezzo di una guerra civile.

La squadra, affidata all’ex calciatore Nick Stienstra, nel giugno 1989 promuove una tournée in Suriname per giocare contro tre squadre locali, riunendo i migliori talenti a disposizione.

Le società più quotate che detenevano il cartellino di giocatori di origine surinamese, tuttavia, negano la disponibilità dei loro calciatori: la squadra che avrebbe presenziato alla tournée, pur talentuosa, sarebbe stata in formato ridotto.

I migliori del gruppo sono Steve Van Dorpel, denominato “la Perla del Bijlmer” e ad un passo dal trasferimento al Feyenoord, Rudy Degenaar, difensore dell’Heracles, Andro Knel, ventunenne leader dello Sparta Rotterdam, e Stanley Menzo, portiere della nazionale che non vuole mancare all’appuntamento e quindi torna in patria con un volo di linea, disubbidendo alle direttive dell’Ajax

La “Perla del Bijlmer” Van Dorpel, in azione con la maglia del Volendam

 

La tragica fine dei Colourful 11

Ma, lo abbiamo detto, il fato avverso ha deciso di mettersi di traverso e di sabotare ancora una volta il rilancio del Suriname.

Il 7 giugno 1989 la spedizione parte dall’aeroporto di Amsterdam Schiphol con il volo 764 della Suriname Airways quasi al gran completo. Mancano, come detto, Menzo ed anche Meijer, punta del Groningen che, come il portiere, è partito con un altro volo di linea.

I due aspettano un aereo che non arriverà mai. Il pilota del volo 764, durante la fase di atterraggio, probabilmente distratto da una nebbia inattesa, si avvicina alla pista con troppa velocità e cerca di recuperare con una manovra avventata.

L’ala colpisce un albero e l’aereo si ribalta, impattando il suolo con violenza e prendendo fuoco a pochi chilometri dall’aeroporto di Paramaribo. Sono quasi le 4.30 del mattino e lo schianto uccide 176 passeggeri. Solo undici sono i superstiti, tre dei quali calciatori dell’Het Kleurrijk 11.

Il volo 764 si porta via un’intera generazione di talenti surinamesi e ciò che avviene dopo, con lo sciacallaggio dei cittadini locali a danno del relitto e delle vittime dell’incidente, contribuisce a distruggere ulteriormente l’immagine della nazione.

Stanley Menzo nel 1993 prova a rilanciare il progetto, anche in memoria delle vittime, con una squadra chiamata Suriprofs, ma invano. Il calcio in Suriname riparte da capo.

Edgar Davids in azione con la maglia dei Suriprofs, la formazione creata da Stanley Menzo

 

Gli anni ’90 e il razzismo

Negli anni Novanta avviano il loro percorso verso la gloria altri giocatori originari dello Stato sudamericano.

Su tutti spiccano Jimmy Floyd Hasselbaink, Edgar Davids, Clarence Seedorf, Patrick Kluivert ed anche le due meteore rossonere Reiziger e Bogarde, calciatori di calibro internazionale destinati ai massimi risultati a livello europeo.

Ma i problemi sociali non sono risolti, tutt’altro. Un’altra bomba esplode durante Euro 1996 quando Edgar Davids viene mandato via dal ritiro, inizialmente senza una ragione apparente.

Già da tempo un nocciolo duro composto da lui, Kluivert e Bogarde viene accusato di essere in aperta polemica con alcuni compagni bianchi, a cui contestano, persino alla stella Bergkamp, problemi di natura tecnico-tattica.

Passano pochi giorni ed emerge il casus belli: Davids accusa il ct Hiddink di essere troppo amico di Blind e di selezionare la formazione sulla base di questa amicizia nonché per pregiudizi razziali.

La critica a Hiddink, che inizialmente sembra solo una sparata di Davids, diventa un caso a competizione terminata, quando viene pubblicata una foto scattata ad un pranzo durante il ritiro pre-Europeo: calciatori divisi in tre tavoli, con i sette calciatori di colore in rosa tutti assieme, in fondo, assieme a Witschge, divisi dal ct e dagli altri compagni bianchi.

La versione di Davids viene poi smentita ma l’opinione pubblica ormai ha emesso delle sentenze che portano ad una convinzione: il Suriname è ancora un corpo estraneo all’Olanda sotto tanti punti di vista.

La foto del ritiro di Euro 1996 che scatenò le polemiche sul razzismo tra gli Oranjes

 

La nazionale del Suriname

Oggi i tempi sono cambiati, in Suriname. I calciatori vanno in Europa per migliorare la propria carriera ma non hanno problemi a tornare. E questa può essere un’occasione anche per la nazionale.

Già, la nazionale. Per prima cosa, occorre sottolineare un’anomalia: nonostante si trovi in Sud America, il Suriname fa parte della CONCACAF, ossia la federazione nordamericana, anziché del CONMEBOL.

Alla fine degli anni Settanta sono arrivate le prime partecipazioni alle competizioni continentali, come la Gold Cup del 1977, conclusa con un sesto ed ultimo posto e cinque sconfitte, ma soprattutto la Coppa dei Caraibi del 1978, unico trofeo nella bacheca della federazione nazionale, la SVB (Suriname Voetbal Bond).

In passato alcuni calciatori famosi, quale proprio Edgar Davids, hanno rappresentato la nazionale del Suriname ma solo in partite non ufficiali, non essendo possibile tornare indietro dopo la scelta della nazionale olandese.

Oggi invece nel gruppo ci sono anche giocatori che militano in Europa e hanno scelto di difendere i colori del loro paese d’origine, come Sheraldo Becker, attaccante dell’Union Berlino, l’ex Ajax e Bologna Stefano Denswil o Ridgeciano Haps, attualmente al Genoa.

Chi è tornato in veste ufficiale, invece, è Aron Winter, attuale commissario tecnico della selezione surinamese, il cui vice è Henk Ten Cate, ex viceallenatore di molti top club che ha ricoperto anche il ruolo di primo allenatore all’Ajax.

Oggi il Suriname è al terzo posto della Lega A della CONCACAF Nations League, nel 2021 si è qualificata alla Gold Cup dopo 36 anni di assenza e il futuro appare un po’ più roseo.

Il genoano Ridgeciano Haps in azione con la maglia della nazionale del Suriname

 

Haaland dei Caraibi

L’accostamento ad Haaland potrà sembrare un filino pretenzioso, ma anche il Suriname ha una punta di riferimento giovane e su cui riversa le proprie speranze per il futuro. Si chiama Gleofilo Sabrino Rudewald Hasselbaink Vlijter.

Un nome lungo e divertente, che tra le altre cose celebra anche uno dei più grandi talenti offensivi della storia del Suriname, quel Jimmy Floyd Hasselbaink il cui nipote, Nigel, è stato compagno di reparto proprio di Vlijter.

Oggi Vlijter, classe 1999, milita nel campionato cipriota, con la maglia del Doxa Katokopias, ma per la nazionale è stato un vero fenomeno di precocità. Ha esordito poco prima dei vent’anni in Nations League, quando il Suriname era nella Lega B, e nelle sue prime tre partite ha segnato otto gol.

Alla fine, con dieci reti in sei partite, ha dato un contributo fondamentale per la promozione in Lega A. Non solo. Vlijter ha siglato anche due dei tre gol segnati dalla sua nazionale nella Gold Cup 2021.

Poi, però, qualcosa si è rotto: dopo aver segnato il 21 luglio 2021 contro la Guadalupa, è stato un po’ messo da parte, convocato solo tre volte nelle successive dieci partite.

Lo scorso 16 ottobre, contro Grenada in CONCACAF Nations League, Vlijter è tornato a segnare in nazionale dopo oltre due anni ed è stato un gol storico, non solo per lui ma per tutto il Suriname: raggiungendo quota 14, Vlijter è diventato, raggiungendo Stefano Rijssel, il miglior cannoniere della storia della nazionale ad appena 24 anni.

Se il Suriname può sognare un po’, in buona parte lo deve a questo ragazzo, pronto a prendersi il trono del gol in solitaria.

Gleofilo Vlijter esulta per un gol in nazionale

 

Robinhood e Inter Moengotapoe

Anche a livello di club, il movimento appare in crescente salute. A gennaio ripartirà il campionato, la SVB Eerste Divisie, dove tutti inseguiranno i campioni in carica, il SV Robinhood.

La squadra rossoverde è la più importante società calcistica del Suriname. Grande serbatoio per la nazionale fino agli anni Ottanta, ha sede a Paramaribo come sette delle tredici squadre che hanno preso parte all’edizione 2023 della SVB Eerste Divisie e, soprattutto, come dodici delle tredici squadre che hanno vinto il titolo nazionale.

Dopo lo stop biennale per il Covid, il Robinhood ha vinto due campionati di fila, arrivando a quota 26 e succedendo all’Inter Moengotapoe, squadra di proprietà del generale Brunswijk nonché vera e propria ventata d’aria fresca nel calcio surinamese dello scorso decennio.

L’Inter Moengotapoe, infatti, ha vinto dieci titoli nella sua storia ma tutti tra il 2007 ed il 2019, creando una dinastia interrotta solo dalla pandemia e risultando la terza squadra per numero di titoli vinti (dopo il Robinhood ed il Transvaal, fermo a 17) ma, soprattutto, l’unica vincitrice del campionato surinamese a non avere sede a Paramaribo, avendo sede nella città di Moengo.

Una curiosità che riguarda l’Inter Moengotapoe: nel 2021, la squadra ha lanciato il più anziano esordiente in una competizione CONCACAF, ossia… Ronnie Brunswijk. Già, perché non contento di essere stato generale della rivolta, e di essere vicepresidente del Suriname e proprietario del club, Brunswijk si è concesso anche l’onore dell’esordio da professionista alla soglia dei 61 anni, durante gli ottavi di finale di CONCACAF League contro l’Olimpia Tegucigalpa, giocando assieme ad uno dei suoi quasi cinquanta figli, pur non potendo presenziare alla trasferta del ritorno.

Su di lui, infatti, pende un mandato d’arresto internazionale per traffico di droga.

L’esordiente Brunswijk (a quasi 61 anni) dialoga con gli arbitri prima del calcio d’inizio

 

Il principe dei ladri

Nonostante il campionato sia fermo da oltre tre mesi, il Robinhood ha continuato a farsi notare anche al di fuori dai confini nazionali, evidenziando la crescita del calcio locale.

Il 2023 ha regalato le prime soddisfazioni al Suriname a livello continentale, andando a consolidare il predominio dei rossoverdi in questo momento storico.

Nel mese di agosto, infatti, il Robinhood ha vinto il CONCACAF Caribbean Shield, distruggendo con un 5-1 in finale il Golden Lion, club della Martinica, mentre allo stato attuale sta tentando di portare in Suriname, per la prima volta in venti edizioni, la CONCACAF Caribbean Cup.

Nella notte del 3 novembre, il Robinhood ha compiuto l’ennesima impresa. Dopo aver perso 1-0 l’andata in casa dei dominicani del Moca FC, nel match di ritorno è arrivato il successo con lo stesso risultato. Il gol del subentrato Franklin Singodikromo al 93′ con una rasoiata dal limite dell’area ha suggellato il completo dominio del match da parte del Robinhood.

Ai rigori sono stati proprio i rossoverdi ad imporsi e adesso sono attesi da una storica finale contro i giamaicani del Cavalier. Pronti per scrivere un’altra pagina storica per il calcio surinamese.

I calciatori del Robinhood festeggiano il successo ai rigori contro il Moca FC e l’accesso alla finale di CONCACAF Caribbean Cup

 


Ascolta Catenaccio, il podcast di Puntero. Puoi trovarlo su Spotify, oppure ti basta cliccare qui sotto.

Di Manuel Fanciulli

Laureato in giurisprudenza e padre di due bambini, scrivo di sport, di coppe e racconto storie hipster. Cerco le risposte alle grandi domande della vita nei viaggi e nei giovedì di Conference League.