El Bombi, dalle tazze di caffè al paradiso del baseball

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C’è una frase ricorrente nel mondo del baseball che riesce a sintetizzare la pazza volatilità di questo sport: una tazza di caffè nelle Majors. Il termine si riferisce a un giocatore che è stato per così poco tempo con una squadra professionistica, prima di essere rispedito nelle Minors, da avere avuto giusto il tempo di “prendere un caffè” e salutare tutti. Perché il baseball è uno sport di storie, anzi, viene da dire che sono le storie a nutrirsi di questa disciplina, come se il diamante fosse il terreno più fertile per la fioritura di personaggi e narrazioni uniche e bizzarre.

 

Celebri tazze di caffè

Prendete Walter Alston, una delle “tazze” più famose, che nel lontano 1936 fu impiegato dai St. Louis Cardinals in prima base per mezzo inning, il tempo di commettere un errore in difesa e andare strikeout in battuta nel turno di attacco. La sua carriera in MLB è tutta qui. Alston avrebbe poi avuto modo di togliersi diversi sassolini dalla scarpa negli anni successivi diventando uno degli allenatori più vincenti della storia del gioco, con sette apparizioni alle World Series e quattro titoli vinti con i Brooklyn, poi divenuti Los Angeles, Dodgers. 

Altro caso iconico: Larry Yount. Chiamato a lanciare il nono inning di una partita di regular season degli Houston Astros, si fa male al gomito nel riscaldamento, tempo di sedersi in panchina e poi dritto nelle Minors diventando così il primo giocatore nella storia ad essere accreditato con il titolo di zero battitori affrontati nonostante un’apparizione sul monte di lancio. 

Ci sono poi atleti come Joseph Jackson, detto Shoeless Joe dal giorno in cui si presentò in battuta scalzo per via di dolorose vesciche che non gli permettevano di stare in piedi in altro modo, che dopo cinque tazze di caffè nel 1908 e altre cinque nel 1909 riuscì a entrare stabilmente nella lega e in seguito nella Hall Of Fame dei Cleveland Indians – poi Cleveland Guardians

 

Niente è come sembra

C’è poi chi sembra abbracciare il caos che il gioco è in grado di generare e di alzare l’asticella molto in alto, come nel caso del vero protagonista di questo racconto, Adolis Garcia detto El Bombi, un soprannome datogli in gioventù, iconico anche solo per come suona. 

Potrebbe sembrare, infatti, che il soprannome si riferisca alla capacità di sparare palline fuori dal campo come se uscissero da un cannone, ma siccome nel baseball, come direbbero in Twin Peaks, niente è come sembra, l’origine è più bizzarra e si riferisce alla forma della sua testa. Bombi in spagnolo vuol dire infatti lampadina. 

El Bombi Garcia nasce nel 1993 sotto il segno dei pesci a Ciego de Ávila, una città situata nel centro di Cuba dove le attrazioni principali sono gli zuccherifici, gli impianti di produzione e di trattamento degli agrumi. E po ovviamente c’è il baseball, vera religione nazionale di Cuba.

Muove i primi passi nella squadra della sua città natale, i Tigres di Ciego de Ávila, mostrando tutto il suo potenziale sia alla battuta – una stagione da 110 RBI nel 2014/2015 e il titolo di MVP della Cuban League – sia come esterno difensivo, ruolo in cui, grazie al suo ottimo braccio, riesce a fermare le corse sulle basi di molti avversari. Nello stesso anno prende parte ai Giochi Panamericani con la nazionale cubana che finisce terza alle spalle di Canada e Stati Uniti. 

È però nella stagione successiva che arriva il primo turning point della carriera: Adolis ottiene dal governo cubano il permesso per firmare un contratto con i Yomiuri Giants, la squadra più titolata del campionato giapponese – una lega dove si gioca un baseball di altissimo livello, in un paese che al pari di Cuba prende molto seriamente le questioni relative al diamante

L’impatto con il campionato è disastroso. Garcia collezionerà solamente sette turni di battuta, giusto il tempo per la famosa tazza di caffè, con zero valide e l’highlight di uno strike-out con le basi piene. 

Anche fuori dal campo, tra El Bombi e il Giappone non scoppia esattamente l’amore, a partire dal complesso rapporto col cibo nipponico. Un compagno di squadra raccontò che un giorno venne servita una bistecca di Wagyu e Garcia si mise a urlare: “C’è qualcosa di malato nel mangiare carne tanto cruda!”. 

Long story short, El Bombi fu poi scaricato a mezzo stampa dal general manager dei Giants il quale dichiarò di non vedere chissà quale grande potenziale nel giocatore cubano. Meglio dare turni di battuta ai giovani giapponesi. Contratto rescisso, il nostro se ne torna in Sud America. 

 

Botar la bola

I rapporti tra Stati Uniti e Cuba, si sa, non sono idilliaci e il baseball non fa eccezione. Prima della rivoluzione cubana che vide Castro salire al potere nel 1959, i giocatori nati sull’isola trovavano stabilmente posto nei roster delle squadre di Negro League e MLB, ma negli anni successivi cambiò radicalmente l’approccio.

Castro elimina il baseball dall’elenco degli sport professionistici, proibendo ai giocatori di andarse a giocare in altri paesi. Inizia così il sistema delle “defection – diserzioni le chiameremo noi – ovvero strategie per cui gli atleti, invece di restare a Cuba dove non possono ricevere “chiamate” dalle squadre americane, si stabiliscono in un paese terzo aspettando una chiamata dalla Major League. 

A onor del vero, va detto che per molti giocatori non è una scelta facile, un po’ per l’incertezza dei risultati di tale strategia, un po’ per lo stigma che si porta dietro, che non è cosa da poco soprattutto per i membri della famiglia che rimangono a Cuba. 

Adolis si trasferisce in Repubblica Dominicana aspettando una chiamata dalla MLB. Sono i St. Louis Cardinals a bussare alla sua porta nel 2017 con un invito allo Spring Training, una serie di allenamenti e partite di esibizione che precede l’inizio della stagione regolare.

El Bombi non riesce ad ottenere un posto nel roster, ma rimane nell’orbita della società giocando nelle due squadre affiliate, i Memphis Rebdirds e gli Springfield Cardinals, e mostra a tratti il suo potenziale e la sua personalità elettrica. Ma anche una sospetta tendenza ad andare strike-out al piatto. 

Il tanto sudato debutto in Major League arriva nell’agosto del 2018: sono 21 le partite giocate con i St. Louis Cardinals che però lo rispediscono nelle leghe minori un paio di mesi più tardi per poi cederlo ai Texas Rangers in cambio di pochi spiccioli. 

L’inizio con Texas non poteva che essere un’altra tazza di caffè: Garcia si presenta per sole sei volte al piatto di battuta nel 2020, ovviamente senza collezionare una valida, e, sorpresa, viene spedito nelle minors per l’ennesima volta.

El Bombi però sembra inscalfibile e con il sorriso di chi conosce la soluzione del giallo e il suo fare sicuro aspetta un’altra possibilità. Forse l’ultima. 

 

No more coffee por El Bombi

È il 13 aprile 2021 quando, a seguito dell’infortunio del non irresistibile prima base Ronald Guzmán, Garcia viene chiamato di nuovo nelle Majors, e da lì in poi niente è stato più come prima.

Con la fame di chi si gioca l’ultima chance, il giorno successivo El Bombi fa il suo primo home run tra i professionisti: un giro di mazza sfavillante in campo opposto che risulta essere decisivo ai fini del risultato finale della partita, ma che ha un significato ben più profondo e l’urlo liberatorio che segue il fuori campo ne è la dimostrazione. Garcia sembra dire a tutto il mondo del baseball che è qui per restare, che finalmente è arrivato il suo momento. E così effettivamente sarà. 

Il primo home run tra i professionisti di Adolis Garcia 

 

Nel mese di maggio, El Bombi registra 11 home run e viene nominato rookie del mese per la American League, ma la ciliegina sulla torta sarà la convocazione per l’All-Star Game, un traguardo impensabile fino a pochi mesi prima. Nella partita delle stelle, sotto gli occhi del mondo intero, registra un doppio che fotografa benissimo tutta la sua voglia di imporsi: una corsa rischiosa verso la seconda base lo espone all’eliminazione ma Adolis sente la sua missione, quella di tenersi ben aggrappato alla Major League. Niente più tazze di caffè.

Nonostante la stagione dei Texas Rangers sia decisamente fallimentare (102 le sconfitte a fronte di sole 60 vittorie), Garcia colleziona la bellezza di 31 home run confermandosi micidiale anche in difesa con 16 corridori eliminati per effetto dei suoi lanci dall’outfield – un record tra le matricole. 

La stagione successiva è quella della conferma. Qualche numero: 27 home run, 101 RBI e 25 basi rubate a dimostrazione che quanto fatto vedere nella precedente annata non è stato frutto del caso. I Rangers termineranno con un record negativo anche questa volta, ma con la consapevolezza di aver trovato una pepita da investire nel futuro della franchigia. 

La stagione 2023 è quella della consacrazione. El Bombi è senza freni e batte ogni record personale. Saranno 39 gli home run alla fine delle 162 partite di regular season, ognuno di questi festeggiato con il solito atteggiamento da “Why always me” reso celebre da Mario Balotelli negli anni di Manchester.

I numeri sono straordinari e valgono a Garcia il secondo biglietto all’All-Star Game – dove senza alcun pudore metterà a segno alcune giocate a dir poco epiche.

Lo spettacolare inizio dell’All-Star Game 2023 con una grande presa al volo del Bombi

 

Why always him?

Ciò che impressiona di Garcia è la capacità di trovare sempre il giro di mazza giusto o la giocata difensiva per cambiare l’inerzia delle partita, soprattutto nei momenti in cui è fondamentale spazzare via ogni velleità di rimonta degli avversari. Come se non avesse fatto altro dall’inizio della sua carriera. Certo, Adolis ha anche dei difetti: rimane la tendenza a girare la mazza a vuoto ma viene da dire che per fortuna ha degli aspetti su cui deve migliorare. 

A 30 anni El Bombi è al picco del suo potenziale, un giocatore diverso dagli altri, sia per il suo formidabile talento che per l’elettricità che porta sul diamante ogni volta che allaccia le scarpe. A inizio novembre El Bombi si è laureato campione MLB, al termine di una cavalcata dai contorni fiabeschi con i suoi Texas Rangers. Ne abbiamo parlato in questo articolo. Niente più tazze di caffè per Adolis.

Di Jacopo Bartolini

Vengo da quella città toscana con lo zoo molto famoso. Appassionato di baseball, faccio le ore piccole per vedere l'unico diamante che non si compra in gioielleria. Ma anche quello è per sempre.