Manchester City-Fluminense: gioco di posizione contro calcio relazionale

Articolo a cura di Francesco Bonsi e Alessandro Briglia


Nella vita tutto può essere guardato da angolazioni diverse e il calcio non fa differenza. Il gioco è in continua evoluzione: vi si aggiungono sempre nuovi strumenti di analisi e metodologie, aumenta la capacità e la possibilità di conoscerlo e, con essa, proliferano anche i modi di interpretarlo. Da ciò possono nascere gli stimoli che portano a formulare quei paradigmi in grado di stabilire i principi che guidano i giocatori in campo. Oggi i modelli principali, almeno tra quelli proattivi, sono il gioco di posizione e il calcio relazionale e fanno riferimento in particolare ai due allenatori in grado di rappresentarne al meglio gli ideali sui quali si basano, rispettivamente Pep Guardiola e Fernando Diniz. Sono loro gli alfieri di queste due filosofie diverse che cercano di risolvere con strade differenti, non necessariamente parallele, il dilemma del calcio: come far coesistere organizzazione e libertà.

Thiago Motta sollecitato in conferenza stampa sul tema della libertà ai calciatori

 

Oggi, venerdì 22 dicembre 2023, Guardiola e Diniz hanno per la prima volta la possibilità di incontrarsi. Da un lato il Manchester City, leader massimo del posizionismo, dall’altro il Fluminense, portabandiera del relazionismo. In mezzo, il teatro del King Abdullah Sport City di Gedda. In palio, il titolo di Campione del Mondo per Club.

 

Il gioco di posizione

Il juego de posición è un modello nel quale si ricerca la superiorità attraverso il controllo del pallone. Le fondamenta di questa filosofia si basano sul fatto che è il pallone che si muove verso una posizione e non il giocatore a muoversi verso di esso. Queste posizioni non sono fisse ma estremamente flessibili, dato che variano continuamente a seconda dell’assetto avversario e in base a dove si trova la palla. Chi ha portato in alto questa filosofia negli ultimi 15 anni è Pep Guardiola, oggi in carica al Manchester City, ma che ha segnato l’inizio di una tendenza col famoso “Barcellona dei record”.

In quel periodo molta gente ha confuso il gioco di posizione con il Tiki-Taka, nonostante siano due termini in totale contrapposizione, come ha sottolineato Guardiola stesso.

Il Tiki-Taka consiste nel passarsi la palla solo per il gusto di farlo, mentre l’obiettivo di quel Barça era quello di creare superiorità, in modo da avanzare facilmente nel campo. A questo proposito, esistono tre principali tipologie di superiorità.

 

Superiorità numerica

La superiorità numerica è quella più comune e più facilmente riconoscibile, dato che consiste solamente nell’avere un maggior numero di giocatori rispetto all’avversario in una determinata zona del campo, spesso in prossimità del pallone. Questo permette di avere un uomo in più rispetto a chi difende e perciò di trapassare agevolmente la pressione avversaria.

La costruzione 3+2 del Manchester City permette di avere la superiorità numerica contro il pressing del Liverpool

 

Superiorità posizionale

La superiorità posizionale si ottiene tramite un miglior collocamento dei giocatori in relazione agli spazi che concedono gli avversari e che si può ricavare anche in situazioni di inferiorità numerica. Ciò permette alla squadra in questione di far avanzare il pallone in determinati spazi senza che venga intercettato.

Rodri si mette in zona luce per ricevere da Aké, creando superiorità posizionale contro Barella e Dzeko

 

Superiorità qualitativa

La superiorità qualitativa si ottiene invece mettendo un giocatore nelle condizioni di esprimere le proprie qualità, ovvero di poter effettuare un dribbling. Questo permette alla squadra di guadagnare un vantaggio sugli avversari e di poter andare a concludere con più facilità.

 

In seguito si può parlare anche di superiorità socio-affettiva, che si ottiene tramite un miglior modo di relazionarsi tra determinati giocatori. Questi possono trovarsi anche in una situazione di inferiorità numerica, ma tramite buone connessioni tra loro, possono creare superiorità numerica.

Alvarez e Haaland, tramite una buona connessione tra loro, oltrepassano la difesa della Stella Rossa

 

Per ottenere queste diverse tipologie di superiorità esistono delle tendenze tattiche che vengono adoperate da moltissime squadre in Europa ma che nessuno utilizza come il Manchester City.

 

Ali ampie

Questo è un principio che viene ormai usato da tutte le squadre che giocano col 4-3-3 o comunque con un modulo in cui siano presenti esterni alti. La loro posizione in ampiezza serve per allungare orizzontalmente gli avversari e trovare quindi spazi tra le linee, ma anche per isolare gli esterni in situazioni di 1vs1, dove possono far valere la loro qualità individuale a servizio della squadra. Ciò si verifica soprattutto quando si forma un sovraccarico in una determinata zona del campo e si cambia gioco in direzione dell’esterno sul lato opposto.

Grealish e Bernardo Silva occupano l’ampiezza, allungando la difesa del Real Madrid

 

Falsi terzini e falsi centrali

Se i falsi terzini li conosciamo da quando Guardiola è approdato in Inghilterra, i falsi centrali sono stati introdotti dalla passata stagione. L’aggettivo “falso” viene usato in corrispondenza di un giocatore che in fase di possesso occupa una zona del campo che non corrisponde a quello che è il suo ruolo di partenza, il quale viene poi ripreso in fase difensiva. I falsi terzini sarebbero quei giocatori che in fase di non possesso compongono una normale linea a 4, ma che in fase di possesso si accentrano: l’anno scorso in questo ruolo è stato scoperto Rico Lewis.

Rico Lewis da terzino destro si sposta in mezzo al campo per affiancare Rodri in mediana

 

I falsi centrali, invece, sono dei difensori centrali che in fase di possesso si staccano dalla linea difensiva per affiancare il mediano, formando spesso un struttura 3+2. L’anno scorso, in questa posizione si è rivelato ultra-efficace John Stones, quest’anno è stato impiegato spesso anche Akanji.

Da difensore centrale Stones si alza per andare ad affiancare Rodri in mediana

 

Terzo uomo

Per finire non parliamo di un posizionamento, ma di una giocata per superare la pressione avversaria, ovvero il terzo uomo. Quello del terzo uomo è un mezzo tattico che viene utilizzato per servire un giocatore con una linea di passaggio ostruita, passando per un giocatore di collegamento. Questo concetto viene utilizzato in più zone del campo e può essere di tipo verticale, laterale e diagonale.

Il Manchester City supera il pressing madridista: in questo caso la giocata è laterale e il terzo uomo è Walker

 

Il calcio relazionale

“Giocano un calcio dallo stile tipicamente brasiliano che arriva dagli anni ’70, ’80 e i primi del ’90. Giocano con la palla, tanti passaggi corti…

Non è posizionale, loro si muovono tanto. Dobbiamo imporre il nostro ritmo e il nostro gioco di posizione il più possibile” (Pep Guardiola, 21 dicembre 2023)

Se c’è una filosofia che parte da presupposti totalmente differenti rispetto al gioco di posizione, quella è il calcio relazionale. Il termine coniato da Jamie Hamilton nel 2022 non vuole appropriarsi del concetto di “relazione” nel gioco, in quanto insito anche nel posizionismo, bensì porre l’accento sulle basi diverse da cui parte il relazionismo. Infatti, se per Guardiola e i suoi discepoli è il sistema a creare le connessioni tra i calciatori, per Fernando Diniz sono invece le connessioni tra i calciatori che creano il sistema. Proprio il tecnico brasiliano si è dichiarato opposto al catalano affermando di portare avanti un “gioco aposizionale“. Ecco perché non esiste una squadra più diversa dal Manchester City di questo Fluminense.

In un calcio sempre più codificato e codificabile, è legittimo chiedersi se non si stiano limitando le interpretazioni degli artisti in campo, un tema sul quale si è speso molto negli anni anche un allenatore dai principi relazionisti come Carlo Ancelotti. Al centro del relazionismo c’è proprio la libertà dei giocatori. A loro è lasciata la responsabilità di decidere come muoversi, come interpretare le situazioni, e in che modo collegarsi l’uno con l’altro. A primo impatto potrebbe sembrare anarchia ma, come insegna Giorgio Gaber: “La libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione“. Alla base di queste relazioni ci sono quelle che Hamilton chiama “metafore“, ovvero dei modelli con cui i calciatori vengono messi in condizione di partecipare liberamente l’uno con l’altro come meglio credono. L’analista scozzese ne individua sette:

  1. toco y me voy (dai e vai)
  2. tabela (collaborazione)
  3. escadinha (scala diagonale)
  4. corta luz (velo)
  5. tilting (sovraccarico)
  6. diagonale difensiva
  7. yo-yo (ritorno)

 

Le metafore

Come si può vedere dai nomi, l’influenza del Sud America in questo stile di gioco è lampante. Non lasciatevi spaventare da questi appellativi, perché in realtà gran parte di questi concetti li abbiamo sempre visti nel calcio. In un certo senso, essendo solamente dei principi per connettere i giocatori, questi pattern sono quasi innati e insiti nel gioco stesso. Approfittando dell’invito di Hamilton a creare le nostre metafore, andiamo a vedere da vicino i principi del relazionismo.

 

Dai e vai

Quando parliamo di toco y me voy e tabela, infatti, ci riferiamo a due classici modi complementari per due calciatori di entrare in contatto. Il primo dei due già lascia intendere l’aposizionalità del relazionismo, poiché fa subito capire la concezione di movimento presenti in tale filosofia: ovvero passo il pallone e mi muovo in avanti. In quello che possiamo chiamare dai e vai notiamo come la volontà sia quella di provocare delle ricezioni in movimento. In questo modo si andrà a cercare di occupare uno spazio – non predeterminato – in maniera dinamica.

 

Collaborazione

Si va per l’appunto in cerca di relazioni con i compagni, e per trovarle si ha bisogno che qualcuno si proponga per una tabela: la giocata con cui si collabora assieme al compagno che ha effettuato il dai e vai. La situazione più frequente è quindi quella di un uno-due, per usare termini più vicini a noi, ma non è detto che la giocata di ritorno sia effettuata per forza di prima. Infatti può essere necessario dover attendere per chiudere la collaborazione, magari proteggendo palla spalle alla porta con l’uomo addosso, per questo riferirsi a un semplice uno-due non rende bene l’idea. Si tratta di un vero e proprio modo di collaborare tra due calciatori per aiutare la progressione del pallone attraverso la loro capacità di relazionarsi.

Samuel Xavier che segue la “metafora” del dai e vai e si muove in avanti dopo aver passato il pallone. Ganso si propone per offrire una collaborazione

 

I professori Pelé e Gerson: doppio dai e vai chiesto dal 10 verdoro e doppia collaborazione chiusa dal numero 8. Un esempio in movimento direttamente dal passato, a testimonianza di come le relazioni tra calciatori siano innate.

 

Scala diagonale

Se c’è una costante strutturale nel calcio relazionale questa è certamente l’escadinha. In italiano si può tradurre come “scala”, ma forse è più adatto parlare di scala diagonale, per far intendere la situazione da riconoscere sul campo. Ci si riferisce infatti alla disposizione in diagonale con la quale i calciatori vengono messi in condizione di creare connessioni. Si può notare come sia asimmetrica la ricerca di chi, come il Fluminense, porta avanti questo stile. Non si vuole la simmetria del juego de posición, ma si preferisce la stortura, l’imperfezione, situazione dove entra in gioco la lettura dell’uomo. Creare queste linee diagonali l’uno con l’altro agevola i giocatori nel ricercare collaborazioni e dai e vai con i quali poter disordinare gli avversari attaccandoli in modo imprevedibile e molto dinamico.

Ganso, Samuel Xavier e Cano disposti a formare la scala diagonale che apre la possibilità a collaborazioni e veli

 

Velo

Una delle conseguenze della escadinha è la corta luz, ovvero il velo. Quando si vengono a formare delle scale diagonali sul campo, le possibilità che si aprono per i calciatori sono ampie. Una di queste è entrare in collaborazione con chi passa la sfera, ma una variante che nasce di conseguenza è appunto la corta luz – letteralmente “spegnere la luce”. Fingendo di voler completare una tabela, si lascia scorrere il pallone per il compagno alle spalle e ci si muove in avanti, andando quindi a chiedere al ricevente di chiudere la collaborazione con l’autore del velo. Come si può notare, le costanti del relazionismo sono il movimento e le scelte dei giocatori. Sono loro a poter decidere come connettersi a vicenda. Ognuna di queste metafore, che come vediamo sono strettamente legate, si preoccupa solo di favorire le loro relazioni senza predeterminarle.

André esegue il velo facendo da esca per gli avversari

 

Sovraccarico

La costante più evidente che si può notare nelle squadre che adottano un calcio relazionale è sicuramente il tilting. Si tratta della volontà di scegliere un lato forte nel quale sviluppare l’azione. Il sovraccarico possiede numerosi vantaggi, in situazioni di possesso e non. In fase di attacco permette di creare collaborazioni e scale diagonali continue, dovute proprio dall’avvicinare i giocatori per permettere relazioni tra loro. Avere tutta questa presenza di uomini attorno alla palla non solo garantisce la possibilità di disordinare la struttura avversaria, ma favorisce anche la riaggressione immediata. Da sempre le transizioni offensive sono il pericolo maggiore per ogni squadra, e la vicinanza tra i calciatori risulta essere il modo migliore per spegnerle sul nascere. Assaltare il portatore di palla una volta averne perso il possesso è dunque la fase chiave della transizione difensiva.

L’azione che porta al rigore dell’1-0 nella semifinale con l’Al Ahly è un manifesto del Fluminense. Sovraccarico sul lato destro con anche Keno, esterno sinistro del teorico 4-2-3-1 dei carioca, a relazionarsi con i compagni. Ciò permette di spostare gli egiziani da quella parte, lasciando libero Marcelo sul lato debole. Si creano così le condizioni per lo splendido cambio gioco di Ganso che porta l’ex Real Madrid a giocare l’uno contro uno

 

Diagonale difensiva

Nel calcio la fase di possesso e non possesso sono indissolubilmente legate, ecco perché è importante essere pronti a prevenire il peggio anche quando si sta attaccando. In tal senso, la diagonale difensiva esemplifica alla perfezione questa simbiosi. Questa metafora consiste nell’accentrarsi diagonalmente da parte del terzino del lato opposto al sovraccarico. Stringendo la sua posizione, questi può essere efficace in marcatura preventiva e, allo stesso tempo, può trasformarsi in una mossa offensiva. Infatti, se la palla persa viene subito recuperata o il lato debole viene lasciato sguarnito in costruzione per via del tilting, si apre la possibilità di attaccare sull’altro fronte, che a quel punto risulta scoperto.

Samuel Xavier, terzino destro del Flu, con il sovraccarico sul lato sinistro stringe la sua posizione in diagonale difensiva

 

Ritorno

Per quanto il terzino del lato debole lasci sempre la possibilità di un cambio gioco, è importante, nel relazionismo, fidarsi dei vantaggi che può portare il tilting. Ecco perché, osservando il Fluminense, Gorka Melchor ha utilizzato il termine yo-yo. Questa specifica consiste, per l’appunto, nel resistere alla tentazione di cambiare fronte di gioco ritornando sul lato del sovraccarico. Non sempre da un tilt si riesce a far sopravanzare il pallone e capita che la pressione avversaria costringa a tornare indietro. Il ritorno è dunque fondamentale per poter beneficiare nuovamente del sovraccarico, provando così a sfruttarne un’altra volta i vantaggi relazionali.

Sovraccarico anche stavolta sul lato destro che però non porta a sviluppi. André decide allora di tornare indietro

 

André offre una collaborazione a Martinelli e allarga di prima nuovamente a destra. In pieno stile relazionale, si esegue un ritorno dallo stesso lato del sovraccarico che non aveva portato a sbocchi.

 

Caos intersoggettivo

Dopo esserci immersi nelle metafore che guidano il calcio relazionale, una cosa ormai è chiara: la ricerca costante del caos. Poggiando su basi teoriche opposte al gioco di posizione, questo nuovo paradigma tende continuamente verso l’imprevedibilità. La volontà è dunque quella di rompere gli schemi prevedibili, non dando più un sistema fisso nel quale realizzare la propria libertà ma, bensì, uno spartito comune nel quale poter improvvisare insieme. Le radici sociologiche di tale filosofia riportano l’uomo al centro del calcio. Il sistema non è di supporto a sublimare le caratteristiche dei calciatori, sono i calciatori a essere il sistema, a crearlo in movimento e in maniera dinamica grazie alla loro interpretazione e le loro scelte. L’intento degli allenatori come Diniz non è vincere la partita a scacchi col collega usando al meglio le sue pedine ma dare gli strumenti ai giocatori per aiutare la loro creatività e le loro letture.

Sono esseri pensanti coloro ai quali vengono dati in dono diversi modi di connettersi l’uno con l’altro. Ciò che si viene a creare è una forma di caos intersoggettivo. Un disordine tenuto in contatto da un pensiero, un accordo tra più persone che riconoscono significati comuni. Possiamo paragonare il Fluminense a una band jazz o a uomini dotati degli stessi occhiali per poter leggere la partita, riuscendo così a mettere in compartecipazione la libertà di tutti per formare l’intelligenza collettiva della squadra.

La ricerca del caos. In una parola sola: Fluminense 

 

Punti di contatto tra Posizionismo e Relazionismo

Possibile che due stili che partono da presupposti così differenti possano avere dei punti di contatto? Certo che sì. Le connessioni tra i calciatori sono sempre esistite e sempre esisteranno. Relazionarsi fa parte del calcio stesso, oltre che degli esseri umani. Nel calcio è complicato, e spesso anche pericoloso e fuorviante, estremizzare i concetti. Il riuscire a definire qualcosa cercando di incasellarlo in una serie di paletti è certamente utile per comprenderlo meglio ma ciò che conta è non dimenticare la complessità del gioco, come detto giustamente da Paride Pasta. Su X, l’analista italiano ha cercato, per l’appunto, di ricordare come anche due filosofie in cui è possibile riconoscere delle evidenti diversità nascondano dei tratti in comune.

Anche nel posizionismo abbiamo ricezioni dinamiche e non solo statiche. I modi di occupare gli spazi predeterminati dal sistema sono, infatti, molteplici e vanno di pari passo con le caratteristiche dei calciatori. In questo senso, ecco che entrano in gioco le relazioni tra i giocatori, che godono anch’essi di libertà interpretativa, per quanto all’interno dei recinti del sistema. Come abbiamo visto, anche il relazionismo prevede delle strutture e delle costanti spaziali, anche se diverse e più caotiche e asimettriche. Se così non fosse, non sarebbe libertà ma l’anarchia. Possiamo inquadrarli, quindi, come vie e percorsi diversi per giungere allo stesso punto: aiutare i calciatori a esprimere al meglio loro stessi per il bene superiore della squadra.

La dimostrazione che i calciatori stessi tendono ad associarsi liberamente tramite strutture posizionali. Qui si può notare una tipica costruzione 3+1 del posizionismo, con ampiezza fissata e mezzi spazi occupati.

 

Sull’apertura di Nino per Marcelo si sviluppa l’attacco degli uomini di Diniz. Occupazione dei cinque corridoi offensivi con Keno a puntare per poi crossare sul secondo palo per Arias che colpisce il legno. 

 

Possibili contrapposizioni

Dal momento che le due squadre hanno stili di gioco completamente opposti ed i due tecnici non si sono mai incontrati nelle loro carriere, è difficile prevedere il modo in cui entrambe cercheranno di mettersi in difficoltà. Possiamo però soffermarci su una sfida della scorsa Champions League, nella quale il Manchester City di Pep Guardiola è andato a fare visita al Real Madrid di Carlo Ancelotti, ovvero il massimo esponente del relazionismo in Europa.

Ciò che aveva messo in difficoltà i Blancos erano state le corse di De Bruyne nel mezzo spazio destro. Tuttavia, visto che il belga è assente per infortunio insieme ad Haaland, Pep dovrà ideare un nuovo meccanismo offensivo che possa permettere di far esprimere al meglio Julian Alvarez e Phil Foden.

De Bruyne si sovrappone nel mezzo spazio destro e viene servito in profondità da Bernardo Silva

 

Gli inglesi, invece, hanno avuto dei problemi quando sono stati chiamati a difendere i sovraccarichi avversari sul lato sinistro, dove Modric, Benzema e Vinicius potevano scatenare la loro fantasia. I citizens hanno dovuto prestare grande attenzione anche alle sovrapposizioni di Carvajal sul lato debole, lasciato parzialmente libero per provare a contrastare la zona di densità.

Otto giocatori del Real Madrid si trovano sul lato sinistro, mentre rimane libero il solo Carvajal a destra

 

Probabilmente sarà il primo scontro di una lunga serie tra Guardiola e Diniz. Ciò che è certo, invece, è che ormai una nuova faida è nata nel calcio. Gioco di posizione da una parte, e calcio relazionale dall’altra. Due poli differenti, due risposte diverse alla stessa domanda, due fondamenti distinti alla base dei loro principi. Chi vuole può scegliere da che parte stare, quale visione del gioco e del mondo preferisce. E chi non vuole può invece divertirsi a trovare la sintesi hegeliana tra le due tesi. Alle 19 la storia bussa alla porta e vale la pena lasciarla entrare per farsi travolgere.

 

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