Dov’è finito il Super Depor?

Circa venti anni fa La Coruña era entrata di prepotenza nell’atlante del calcio europeo e la squadra della città, il Deportivo, sembrava una certezza del calcio spagnolo ed europeo.

Grandi calciatori, imprese epiche in patria ed ottimi percorsi anche in Champions League, dove il club galiziano ha spesso fronteggiato squadre del Bel Paese, lasciando anche segni indelebili del suo passaggio.

In così poco tempo, però, tutto è crollato in maniera drammatica ed oggi la situazione continua a peggiorare. Che fine ha fatto il Super Depor?

 

Lendoiro, l’uomo della provvidenza

Se c’è un uomo cui il Deportivo deve tutto, quello è Augusto Cesar Lendoiro. Divenuto proprietario del club nel 1988, con i suoi fondi ha ristrutturato un club gravato da un debito di 600 milioni di pesetas (poco più di 3,5 milioni di euro) e con strutture obsolete, inizialmente ridandogli dignità, quindi portandolo in alto nel firmamento nazionale e non solo.

Al momento del cambio di proprietà, infatti, a La Coruña non esiste una bacheca per i trofei e la squadra non partecipa alla Liga da quindici anni. Ne bastano tre per tornarci e, soprattutto, solo altri due per essere competitivi.

Nell’estate del 1992, infatti, arrivano Aldana ed i brasiliani Mauro Silva e Bebeto, un vero sprint per i galiziani che chiudono la stagione al terzo posto in Liga e per la prima volta nella loro storia si qualificano per la Coppa UEFA.

Il campionato 1993-94 è quello delle contraddizioni. È l’anno della consacrazione e, al tempo stesso, dei rimpianti storici e di un dolore che non si cancella.

Il brasiliano Bebeto esulta dopo un gol con la maglia del Deportivo

 

1994, tra rimpianti e trampolino

La favorita in Liga è il Barcellona di Cruijff, una squadra forte e anche molto convinta dei propri mezzi, come dimostra il cammino in Champions League ma anche gli eccessivi proclami prima della finalissima, persa con un roboante 4-0 incassato dal Milan di Capello ad Atene.

Il Deportivo, però, è in crescita. Sul mercato arrivano il brasiliano Donato e l’attaccante Manjarin e il livello aumenta ancora di più: non solo i galiziani tengono testa al Barça ma addirittura, in epoca di vittoria da due punti, si presentano ad una giornata dalla fine del campionato in testa alla classifica, con un punto di vantaggio sui blaugrana.

All’ultimo turno il Barça ospita il Siviglia, quinto e in piena corsa per la Coppa UEFA, mentre a La Coruña arriva il Valencia, settimo e già fuori dai giochi.

I blaugrana vincono, il Depor fatica fino al minuto 90, quando arriva un calcio di rigore. Tutto il Riazor è in fermento, dal dischetto va Miroslav Djukic: il serbo calcia debole e centrale e il suo tiro viene parato dal portiere di riserva del Valencia, Gonzalez Vazquez.

Finisce 0-0, Deportivo e Barcellona chiudono a pari merito ma la Liga va ai blaugrana per la miglior differenza reti negli scontri diretti. Djukic non calcerà mai più un rigore in vita sua e si riprenderà la gioia del titolo proprio giocando nel Valencia, nel 2002.

Il Deportivo, però, decolla: l’anno seguente arriva secondo e vince la prima Copa del Rey della sua storia, nella stagione 1995-96 vince la Supercoppa e raggiunge la semifinale di Coppa delle Coppe.

A parte un piccolo passo falso nel 1998, il livello resta alto per tutti gli anni Novanta. È tutto pronto per lo sbarco del Super Depor degli anni Duemila.

Il decisivo rigore fallito da Djukic contro il Valencia

 

Il Super Depor di inizio millennio

Il nuovo millennio si apre subito con il trofeo più importante. Nella stagione 1999-2000, infatti, oltre agli storici Mauro Silva, Donato e Fran, in rosa sono presenti giocatori di assoluto valore, come Flavio Conceiçao, Naybet, Victor, Scaloni, Jokanovic e la coppia d’attacco composta da Pauleta e, soprattutto, dal Pistolero Roy Makaay.

Che è l’uomo determinante, con 22 gol, per dare al popolo di La Coruña la gioia più grande: di nuovo al Riazor, sei anni dopo quel rigore di Djukic, il 19 maggio 2000 arriva il 2-0 sull’Espanyol, con gol di Donato e Makaay, che vale la prima Liga nella quasi centenaria storia del club.

Nella stagione seguente arrivano molti giocatori che rappresenteranno il nucleo del Deportivo degli anni a venire: Valeron, Molina, Tristan, Capdevila, Cesar Sampaio, Pandiani.

Vinta la Supercoppa e chiusa la Liga al secondo posto, in Champions League i galiziani eliminano la Juventus nel primo girone e il Milan nel secondo, cadendo ai quarti contro il Leeds.

Anche nella stagione seguente l’andamento è simile: secondo posto, vittoria della Copa del Rey, Juventus eliminata al secondo girone e stop ai quarti di finale contro lo United.

Ma il vero sogno europeo, dopo la terza Supercoppa vinta nell’estate del 2002, si concretizza nella stagione 2003-04.

Secondo nel girone, agli ottavi il Deportivo elimina ancora la Juventus mentre, ai quarti, tocca al Milan: dopo aver perso 4-1 a San Siro, i galiziani ribaltano tutto clamorosamente al Riazor, vincendo 4-0 e qualificandosi.

In semifinale c’è il Porto, sembra un avversario alla portata ma il sogno crolla al Riazor, nel match di ritorno, dopo lo 0-0 in Portogallo: un gol di Derlei manda la squadra di Mourinho in finale, spegnendo i sogni del Super Depor. In maniera irreversibile.

Festa al vantaggio firmato Donato. A fine partita il Depor sarà campione di Spagna

 

L’inizio della fine

Quella Supercoppa dell’estate del 2002 è l’ultimo trofeo nella bacheca del Deportivo, la Champions del 2004 ha rappresentato una sorta di last dance per una squadra forte ma logorata dagli anni e dal chilometraggio.

Nel resto del decennio il club si assesta a metà classifica in Liga ma già dal 2006, anno del centenario, arrivano i primi scricchiolii a livello finanziario: il Deportivo è molto indebitato e i costi di gestione stanno diventando sempre meno sostenibili.

Come già successo in Galizia, con l’inizio del decennio parte un nuovo ciclo sportivo. Nel 2011, infatti, il Deportivo retrocede, dando il La ad un saliscendi di quattro anni, in cui si alternano regolarmente retrocessioni e promozioni ma, soprattutto, si presenta un problema più ampio.

È il 2013 quando Lendoiro, artefice del miracolo, alza bandiera bianca: i pagamenti vengono sospesi e il club ceduto. Quell’anno il Deportivo sale comunque in Liga ed interrompe il saliscendi, rimanendo nella massima divisione per quattro anni, anche se in un limbo piuttosto pericoloso fatto di salvezze risicate.

L’ultima volta nella Liga risale alla stagione 2017-18 quando, guidato da Clarence Seedorf, il club retrocede in Segunda Division. Quello che sembra l’ennesimo momento buio è, in realtà, solo l’inizio del calvario.

Il difensore Fabian Schar si accascia, disperato. È il 2018, il Deportivo retrocede in Segunda Division

 

Discesa all’inferno

Nel tentativo di risalire, il club galiziano è caduto in un pozzo senza fondo. Nella stagione 2018-19, nonostante un buon girone d’andata, un orribile girone di ritorno ha compromesso le chance di promozione diretta del Deportivo. Ai playoff, il club si è arreso in finale al Mallorca, dilapidando il 2-0 del match d’andata.

Lo sforzo economico, vanamente finalizzato alla risalita in Liga e a godere dei proventi derivanti dai diritti televisivi della massima serie, risulta mortifero: nel 2019 la rosa viene smantellata e, a dicembre, il CdA presieduto da Paco Zas si dimette in blocco, lasciando totale incertezza sul futuro proprio alle porte di un mercato di riparazione che diviene irrealizzabile.

La conseguenza è sanguinosa: il Deportivo retrocede in Segunda Division B (oggi divenuta Primera Division RFEF), la terza categoria del calcio spagnolo da cui, a distanza di tre anni, non è ancora riuscito a risalire.

Alla fine del primo anno in terza serie, inoltre, i problemi finanziari si sono amplificati. Nell’estate del 2021, a fronte di perdite vicine agli otto milioni di euro, il nuovo presidente Couceiro ha dichiarato di aver aderito ad un piano di risanamento e ristrutturazione del debito, auspicando che Abanca, azionista di maggioranza, si accollasse i costi di gestione per garantire la sopravvivenza del club.

Nelle ultime due stagioni il club, oltre ad essere sopravvissuto, ha sfiorato la promozione, arrendendosi ai playoff in finale contro l’Albacete nel 2022 ed al primo turno contro il Castellòn nel 2023. Ma la crisi economica e sportiva è rimasta.

Altra delusione al Riazor: l’Albacete ha la meglio e il Deportivo manca il ritorno in Segunda Division

 

Non c’è pace per il Deportivo

A giugno 2023 anche il CdA presieduto da Couceiro ha rassegnato in blocco le dimissioni, risolvendo il contratto con l’allenatore Ruben de la Barrera appena venti giorni dopo il suo rinnovo. Il tutto, a dire dello stesso Couceiro, al fine di favorire il processo di ristrutturazione del club per la nuova stagione.

Mossa, quella dell’esonero, piaciuta pochissimo ai tifosi del Deportivo, che hanno manifestato pubblicamente contro la proprietà. In un momento in cui sarebbe stata necessaria unione, la proprietà ha creato malcontento, andando a peggiorare ancora la situazione.

Come se ciò non bastasse, a settembre 2023 un nuovo scandalo ha investito il club: sulla scia della risonanza avuta dal caso Rubiales ai mondiali di calcio femminile, Ana Gonzalez, ex viceallenatrice del Depor Abanca, la compagine femminile del Deportivo, ha pubblicamente accusato l’ex allenatore Miguel Llorente di comportamenti inappropriati in un’intervista rilasciata a Relevo.

Oltre ad atteggiamenti discutibili a livello professionale, Llorente è stato accusato di tenere comportamenti discriminatori verso la stessa Ana Gonzalez, prendendola in giro per la sua dislessia, oltre che verso una calciatrice nigeriana della squadra per questioni razziali.

Ciò non bastante, Ana Gonzalez ha evidenziato anche commenti sessisti verso le proprie giocatrici, bullismo legato alla loro forma fisica e atteggiamenti ai limiti dello stalking, invadendo la sfera personale non solo tramite social ma anche andando a sbirciare tra la biancheria intima delle calciatrici.

Il Deportivo ha preso le distanze ma il danno d’immagine è stato l’ennesimo schiaffo ad una società in crisi.

Llorente assieme ad Ana Gonzalez. L’allenatore la obbligava a portare la mascherina anche fuori dal lavoro per scongiurare il Covid

 

L’esperienza non basta

Nonostante i problemi finanziari, il nome del Deportivo rimane prestigioso e molti giocatori di grande esperienza hanno deciso di contribuire alla causa.

Agli ordini dell’attuale allenatore Imanol Idiakez, infatti, è tornato Lucas Perez, ex Deportivo ai tempi della Liga ma anche ex Arsenal, West Ham, PAOK e Dinamo Kiev.

Assieme a lui, in rosa è possibile trovare gente non più giovane ma di alto livello, come il francese Pablo Martinez, con più di cento presenze in Ligue 1, oltre a veterani della Liga, come Salva Sevilla, Ximo Navarro e, soprattutto, Mikel Balenziaga, ex Under 21 spagnolo con 278 presenze in massima divisione.

Nonostante questo, il rendimento del Depor è estremamente deludente. Ad oggi, tra infortuni, arbitraggi contestati e crolli inattesi, i galiziani veleggiano a metà classifica della Primera Division RFEF, distanti dalle posizioni utili per il ritorno in seconda divisione.

L’opinione pubblica è spaccata perché l’organico a disposizione, pur esperto, non pare dare garanzie di competitività. Sono arrivati risultati umilianti, come gli 0-0 interni contro il Majadahonda ed il Teruel o le sconfitte contro il Fuenlabrada e, soprattutto, il Real Union, che ha inflitto un sonoro 3-0 al Depor.

Ma il punto più basso della stagione è stata la sconfitta al Riazor contro la squadra B del Celta. La squadra riserve della più grande rivale del Depor, nel derby galiziano, ha inflitto l’ennesima umiliazione difficile da digerire per i tifosi, sempre più provati da una situazione divenuta insostenibile per un club che solo vent’anni fa faceva paura all’Europa intera.

Gli highlights della clamorosa sconfitta del Deportivo contro il Celta B

 


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Di Manuel Fanciulli

Laureato in giurisprudenza e padre di due bambini, scrivo di sport, di coppe e racconto storie hipster. Cerco le risposte alle grandi domande della vita nei viaggi e nei giovedì di Conference League.